L’estromissione di un operatore da un consorzio stabile va motivata in maniera rigorosa

01 Agosto 2022

A fronte dell'esplicarsi di un potere eminentemente discrezionale, quale quello di disporre l'esclusione degli operatori economici in presenza della mancata ottemperanza agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse integranti un “grave violazione”, ciò che non può difettare è la chiara esplicazione del percorso argomentativo che giustifica una scelta drastica, quale quella dell'estromissione dell'operatore dal novero delle imprese incaricate di eseguire le prestazioni affidate ad un consorzio stabile del quale il medesimo fa parte.
L'oggetto di causa

Nell'ambito di una gara per l'affidamento di lavori e forniture per l'esecuzione di un programma d'interventi di manutenzione all'Armamento ferroviario,

un'impresa che opera nel settore degli appalti pubblici ferroviari, facente parte di un Consorzio stabile,

predisponeva a beneficio del suddetto Consorzio la documentazione necessaria, ivi compreso il DGUE, compilato nella parte relativa al pagamento di imposto o contributi previdenziali.

In tale documento, dichiarava l'assenza di carichi pendenti definitivamente accertati nei suoi confronti e la presenza di una serie di carichi tributari non definitivamente accertati.

Sennonché la Stazione Appaltante comunicava di aver rilevato la sussistenza, a carico della predetta Consorziata, di motivi di esclusione ai sensi di quanto previsto art. 80, comma 4, del D.Lgs. 50 del 2016

risultando sussistenti gravi tasse e seppure ancora non definitivamente accertate, relative agli obblighi di pagamento delle imposte.

Di conseguenza, la Stazione Appaltante escludeva l'operatore e richiedeva al Consorzio concorrente di provvedere al necessario riassetto organizzativo e di partecipare alla procedura esclusivamente per conto delle restanti due consorziate associate con esclusione, dunque, della Consorziata sopra citata, in dichiarata applicazione dell'art. 80, comma 4, del D.Lgs. 50 del 2016, risultando sussistenti gravi violazioni, seppure ancora non definitivamente accertate, relativamente agli obblighi di pagamento delle imposte e delle tasse, tali anche da incidere sulla permanenza del rapporto fiduciario. Avverso tale provvedimento, la Consorziata proponeva ricorso al TAR.

La ratio del riferimento normativo

L'art. 80, comma 4, del D.Lgs. 50 del 2016, nel testo vigente all'epoca della procedura indetta, è stata introdotta al fine di adeguare la normativa interna a quanto disposto dalla quella comunitaria, la cui violazione aveva condotto all'avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per non conformità dell'art. 80, comma 4, del D.Lgs. 50 del 2016, alle disposizioni dell'art. 38, par. 5, comma 2, della direttiva n. 2014/23/UE.

La finalità della disposizione è quella di consentire alle stazioni appaltanti di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, ma altresì quella, sempre trasversalmente implicita nelle disposizioni di origine eurounitaria, di garantire condizioni di effettiva concorrenza tra gli operatori. Al riguardo, il considerando n. 101 della Direttiva 2014/14/UE recita come sia «opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l'integrità di un operatore economico e dunque rendere quest'ultimo inidoneo ad ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l'esecuzione dell'appalto. Tenendo presente che l'amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l'operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali»;

La carenza motivazionale del provvedimento impugnato

Secondo il Collegio giudicante, il provvedimento in questione risultava palesemente carente dell'indispensabile corredo motivazionale, perché il provvedimento stesso:

(1) si basava sulla mera asserzione della presenza di gravi violazioni non definitivamente accertate senza che fosse stato adeguatamente dato conto delle caratteristiche di tali violazioni (tipologia, rilievo dell'importo anche in rapporto alla commessa di cui trattasi, esistenza o meno di procedure compositive, presenza di un contenzioso pendente e stadio del medesimo) e della concreta incidenza delle stesse sul rapporto fiduciario;

(2) con riguardo al profilo dell'affidabilità dell'operatore in parola, si limitava ad una mera trasposizione del dettato normativo contenuto nel Disciplinare di gara prospettando il fatto che «le contestazioni di natura fiscale attengono a fatti idonei ad essere autonomamente valutabili e che rendono necessario verificare la permanenza del rapporto fiduciario e la sussistenza dei presupposti per la sospensione dell'efficacia della qualificazione ai sensi dell'art. 13.7 del Disciplinare (…)» senza però, anche in questo caso, prendere una chiara posizione in proposito ed esplicitare i profili incidenti sul paventato venir meno del vincolo di affidabilità.

Del resto, a fronte dell'esplicarsi di un potere eminentemente discrezionale, quale quello in parola, ciò che non può difettare è proprio la chiara esplicazione del percorso argomentativo che giustifica una scelta drastica, quale quella dell'estromissione di un operatore dal novero delle imprese incaricate di eseguire le prestazioni affidate ad un consorzio stabile del quale il medesimo fa parte, sia in considerazione della circostanza che le pendenze tributarie della Ricorrente erano state oggetto di specifico vaglio nel corso del procedimento istruttorio.

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