La conferma o la modifica delle misure protettive ex art. 7 D.L. n. 118/2021

Sergio Sisia
04 Agosto 2022

L'ordinanza del Tribunale di S. M. Capua Vetere offre lo spunto per esaminare alcune previsioni del D.L. 118/2021, conv., con mod., dalla L. 147/2021 e, in particolare, le norme relative all'accesso alla nuova composizione negoziata (art. 5), alla concessione delle misure protettive (art. 6) e al procedimento relativo alla loro conferma o modifica (art. 7).
Massima

Il rinvio alla disciplina sul procedimento cautelare uniforme contenuto nel d.l. 118/2021 non può che portare a ritenere il ricorso, per la conferma delle misure protettive, assoggettato al vaglio circa la sussistenza dei requisiti tipici cautelari, quali il fumus boni iuris ed il periculum in mora, la cui dimostrazione non può prescindere, come ogni atto giudiziale, dal rispetto dell'onere di allegazione, gravante su chi agisce in giudizio ed avente ad oggetto l'esposizione puntuale dei fatti posti a fondamento della pretesa, in tal caso cautelare.

Il caso

Una società agricola (si ricorda in proposito che, con l'art. 17 del richiamato D.L., il legislatore, nell'intento di soccorrere le micro, piccole e medie imprese, ha inserito, nel novero dei soggetti che possono accedere alla composizione negoziata, anche le imprese commerciali e agricole sotto soglia fallimentare; in punto cfr. F.M. Cocco, Accesso alle misure protettive dell'imprenditore commerciale non fallibile, in questo portale, 2022), fatta istanza per l'accesso alla composizione negoziata con la nomina di un esperto indipendente attraverso la piattaforma telematica presso la competente camera di commercio, ai sensi degli artt. 3 e 5 D.L. 24 agosto 2021, n. 118, propone ricorso ex art. 7 del predetto D.L. al fine di ottenere la conferma delle misure protettive e l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative con i creditori, depositando peraltro a corredo il solo mandato alle liti e la visura della società. Il Tribunale, con un primo decreto “[…] rilevata la carenza documentale, ha onerato il ricorrente di depositare, entro due giorni dalla comunicazione, l'istanza di cui all'art. 6 co. 1 corredata di tutta la documentazione inserita nella piattaforma telematica di cui all'art. 5 comma 2, indicando specificamente le ragioni a giustificazione del mancato deposito” e, rimasto disatteso dal ricorrente tale onere, con successivo decreto, “[…] ha fissato udienza di comparizione, onerando il ricorrente di notificare il ricorso ed il decreto di fissazione udienza ai primi dieci creditori e comunque a tutti quelli agenti in via esecutiva e cautelare, ed all'esperto di depositare il proprio parere” (così si legge nell'ordinanza in commento). Sentite le parti all'udienza e letto il parere dell'esperto nominato, il Tribunale ha, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso ritenendo tali omissioni insanabili ed affermando, tra l'altro, il principio di cui alla massima.

Le questioni giuridiche

L'ordinanza in commento offre lo spunto per esaminare alcune previsioni del D.L. n. 118/2021, conv., con modificazioni, dalla L. n. 147/2021 e, in particolare, le norme relative all'accesso alla nuova composizione negoziata (art. 5), alla concessione, nel suo ambito, delle misure protettive (art. 6) e al procedimento relativo alla loro conferma o modifica (art. 7). Pur in assenza di orientamenti giurisprudenziali consolidati (lamentati da Trib. Asti, 3 marzo 2022 e nell'ord. di Trib. Pescara 5 maggio 2022) e nell'incertezza applicativa della nuova normativa (ad esempio, Trib. Trani, 21 marzo 2022, in DC, nel dichiarare tardivo il deposito del ricorso, ha ritenuto che “[…] il legislatore è incorso in un'imprecisione e che la pubblicazione nei trenta giorni è una formalità la cui omissione determina una semplice irregolarità, mentre la cancellazione della pubblicazione dell'istanza di protezione nel caso di ricorso giurisdizionale tardivo dovrà essere eseguita una volta trascorso il suddetto termine di trenta giorni, onde consentire una sorta di spatium deliberandi all'imprenditore prima della fine del regime protettivo”) si cercherà di valutare la decisione del giudice campano sulla base di quelli che sono alcuni degli attuali approdi a cui è giunta la giurisprudenza.

La fase stragiudiziale e la nomina dell'esperto

Quest'ultima, infatti, ha osservato, da subito e correttamente, che “Dalla lettura […] del testo normativo anche sotto la lente della relazione illustrativa al D.L. n. 118 del 2021 si evince una distinzione tra la fase "privatistica" e "stragiudiziale" del percorso di composizione negoziale (c.d. composizione negoziata per la risoluzione della crisi di impresa) che inizia con l'istanza per la nomina dell'esperto e l'avvio delle trattative, rispetto alla iniziativa meramente facoltativa ex art. 7 L. n. 147/2021 citata che fa sorgere un procedimento presso il Tribunale territorialmente competente ed è soggetto alla disciplina del procedimento cautelare uniforme.

Si consideri che in tema di qualificazione dell'iter sorto con la istanza di nomina dell'esperto nella relazione si precisa:"percorso della composizione è esclusivamente di tipo volontario ed è dunque attivabile solo dalle imprese che decidono di farvi ricorso. (...) La negoziazione è, e resta, per tutta la durata del percorso, una prerogativa dell'imprenditore, che porta avanti le trattative personalmente, con l'eventuale ausilio dei propri consulenti” (cfr. ord. Trib. Milano, 24 febbraio 2022 e, ancora di recente, ord. Trib. Pescara 5 maggio 2022, cit., la quale, in assenza di espressa previsione normativa, ha stabilito che l'esperto non è legittimato, in costanza di composizione negoziata della crisi, a richiedere la misura cautelare consistente nella costituzione di un vincolo sulle somme liquide di cui dispone il debitore). In sostanza, “[…] l'istanza con la quale si chiede la nomina dell'esperto e la contestuale applicazione delle misure protettive è “scissa” in una modalità amministrativa, alla quale deve fare seguito, pressocché contestualmente, una fase giurisdizionale: entrambe sono necessarie ed ineludibili” (cfr. F. De Santis, Istanza di conferma delle misure protettive e coeva pendenza delle procedure giudiziali pattizie: primi rompicapi interpretativi (osservazioni a margine di Trib. Brescia 2 dicembre 2021), in DC, 2021 e L. Baccaglini e F. De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in DC, 2021).

Già con l'istanza di nomina dell'esperto (che dà ingresso alla procedura di composizione negoziata della crisi), ovvero con successiva istanza presentata con le medesime modalità, tutte da depositarsi presso la camera di commercio competente (avuto riguardo alla sede principale dell'impresa ex art. 9 l. fall. e non, ad esempio, al Tribunale presso cui pende il procedimento esecutivo oggetto delle misure protettive di cui si chiede la conferma, cfr. Trib. Salerno 4 febbraio 2022 e, sempre in merito alla competenza territoriale, nel caso però di gruppo di imprese, cfr. Trib. Milano 8 marzo 2022, che ha applicato tale criterio rispetto alla società che, in base alla pubblicità prevista dall'art. 2497-bis c.c., esercita attività di direzione e coordinamento, oppure, in mancanza, con riguardo all'impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria) l'imprenditore deve chiedere l'applicazione delle misure protettive.

La valutazione dell'istanza da parte dei funzionari della camera di commercio è puramente formale e diretta a verificare il rispetto dei requisiti di cui all'art. 5 del citato D.L. e l'avvenuto deposito, da parte dell'imprenditore, nella piattaforma telematica, unitamente all'istanza, della dichiarazione relativa all'esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti, nonché alla pendenza di ricorsi per la dichiarazione di fallimento o per l'accertamento dello stato di insolvenza, nonché di una dichiarazione con cui si attesta di non avere depositato ricorsi di concordato preventivo, anche con riserva, ovvero di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

La camera di commercio, verificata in questi termini la regolarità formale dell'istanza, provvede senza indugio alla nomina dell'esperto e, una volta accettata, alla pubblicazione nel registro delle imprese, assegnando una data ed un numero di protocollo. Da quel momento le misure protettive acquistano automatica efficacia.

Al riguardo cfr. ord. Trib. Milano 27 febbraio 2022, in DC, secondo cui “[…] le misure protettive del patrimonio hanno ex lege effetto automatico generalizzato verso tutti i creditori, esclusi i lavoratori, a partire dal giorno di pubblicazione dell'istanza di nomina dell'esperto nel registro delle imprese, come disposto dall'art. 6, comma 1, D.l. 118/2021, e […] esse possono essere limitate dal giudice, su richiesta dell'imprenditore e sentito l'esperto, a determinati creditori o categorie di creditori, secondo la previsione dell'art. 7 comma 4: si tratta di una facoltà, non di un obbligo dell'imprenditore, che dunque ben può chiederne la conferma erga omnes” e, nello stesso senso, per l'efficacia erga omnes delle misure protettive in sede di istanza ex art. 6 cit., cfr. anche ord. Trib. Milano 8 marzo 2022, cit., ord. Trib. Padova 25 febbraio 2022, in DC, ord. Trib. Firenze 29 dicembre 2021, in DC. Sembrano invece sposare, sia pure nell'ambito della successiva fase introdotta dal ricorso ex art. 7 cit. un atteggiamento più restrittivo, nel senso che “[…] i creditori ai quali sono inibite le attività descritte dall'art. 6, comma 1, d.l. n. 118/2021 non siano tutti quelli esistenti, ma soltanto quelli indicati dal debitore istante e concretamente limitati dalle misure richieste, il cui contenuto dovrà poi essere esattamente individuato ed eventualmente limitato dal giudice conl'ordinanza di conferma o di modifica sottoposta al suo esame” (così ord. Trib. Roma, 2-3 febbraio 2022, in DC), ord. Trib. Milano 17 gennaio 2022, che fa riferimento ad una conferma “selettiva”, ord. Trib. Bergamo 23 febbraio 2022; ord. Trib. Milano 24 febbraio 2022, cit. per cui “[…] il concetto di "parte" utilizzato dal legislatore non può che essere del resto desunto dall'art. 101 c.p.c. e l'individuazione del bene della vita in ragione del quale il procedimento ex art. 7 è stato introdotto, ossia garantire la prosecuzione e buona riuscita delle trattative paralizzando le iniziative dei creditori "antagonisti", non può andare esente dall'onere di instaurare il contraddittorio nei confronti di questi ultimi” e, da ultimo, nello stesso senso anche la cit. ord. Trib. Pescara 5 maggio 2022, la quale, tra l'altro, riguardo ai restanti creditori rispetto al ceto bancario, “[…] ribadendo che allo stato sussiste un cospicuo patrimonio immobiliare libero da iscrizioni tutt'ora esistente in capo alla debitrice, unitamente alla concreta possibilità per i promissari acquirenti dei preliminari sottoscritti, i condomini coinvolti (atteso che l'attivo in prevalenza risulta costituito da beni immobili) ed i numerosi fornitori pure interessati dalle misure – i quali potrebbero pure risolvere i contratti pendenti così di fatto impedendo la fornitura di beni o servizi utili per la continuità – di ottenere rapidamente titoli giudiziari prodromici ad iscrizioni ipotecarie ed iniziare così pignoramenti o azioni cautelari nei confronti [della debitrice], compromettendo irrimediabilmente il buon esito delle iniziative intraprese per la continuità sia delle trattative, nei contenuti essenziali già prospettate, non può che disporsi la conferma delle misure protettive di cui agli artt. 6-7 l. fall. anche nei confronti di tali residui, seppure numerosi creditori sociali, destinatari della notifica prescritta, fermo l'effetto protettivo già verificatosi anche nei loro confronti quanto al tempo oramai intercorso tra il deposito del ricorso ed il deposito del presente provvedimento”.

In ogni caso, è necessario che, contestualmente, sia pubblicata anche l'accettazione dell'esperto, in quanto di per sé attestante la pendenza di una procedura di composizione negoziata della crisi.

Il potere-dovere di integrazione da parte del Tribunale

Sempre il Trib. di Milano, nella richiamata ord. del 24 febbraio 2022 (ma cfr. anche la cit. ord. Trib. Pescara 5 maggio 2022) ha poi precisato che “Quanto invece, alla "fase" che qui ci occupa [i.e.: giurisdizionale], la relazione offre utili spunti interpretativi ove osserva che"L'articolo 7 […] disponendo, al comma 1, che quando l'imprenditore formula la richiesta di cui all'articolo 6, comma 1, […] deve chiedere la conferma delle misure protettive e, ove occorra, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. In caso di omesso o ritardato deposito del ricorso, la norma prevede la sanzione dell'inefficacia delle misure"”. Si è detto che “[…] l'intervento di stabilizzazione riservato al giudice, non a caso destinato ad essere veicolato entro un modulo procedimentale improntato a celerità e deformalizzazione, presuppone logicamente che un qualche effetto protettivo si sia già concretamente sprigionato, non ricorrendo alcunché, diversamente, né da confermare né da modificare.

Ma, affinché questo accada, è necessario che l'istanza di applicazione delle misure, unitamente all'accettazione dell'esperto, sia pubblicata nel registro delle imprese” (cfr. ord. Trib. Brescia 2 dicembre 2021, in DC). Correttamente quindi, alla luce della natura privatistica e volontaristica della composizione negoziata, si è rilevato (cfr. Trib. Milano 28 dicembre 2021, in DC, conforme Trib. Milano 28 gennaio 2022 cit. in C. Mariani, M. Rizzuto e M.A. Di Gioia, Composizione negoziata della crisi: misure protettive in questo portale, 2022 e decr. Trib. Avellino 27 gennaio 2022) che, se anche “[…] sotto il profilo documentale il debitore avrebbe un onere di allegazione ben preciso, insoddisfatto il quale si dovrebbe ritenere che la incompletezza della pratica impedisca la pubblicazione e quindi, in definitiva, il prodursi degli effetti - trattandosi di elementi documentali che devono servire per la decisione preliminare di ammissibilità della pronuncia delle misure protettive e per la determinazione del contraddittorio da instaurare, che devono essere conosciuti dal giudice ed ovviamente anche dall'esperto (oltre che dall'ausiliario ex art. 68 c.p.c eventualmente nominato) - appare esercitabile il potere-dovere di integrazione da parte del Tribunale in composizione monocratica, atteso l'evidente favor legislativo per la composizione negoziata, argomentando per analogia con l'art. 162 comma 1 l.fall. e con il disposto dell'art. 9, comma 3 ter, l. n. 3 del 2012”. Del resto è lo stesso Tribunale di Milano a rilevare che “[…] prima della fissazione di udienza il D.L. n. 118/2021 non appare prevedere cause testuali di inammissibilità de plano diverse ed ulteriori rispetto: A) al caso dell'inefficacia per omesso o ritardato deposito del ricorso innanzi al Tribunale per la conferma delle misure protettive nello stesso giorno della pubblicazione dell'istanza sulla piattaforma; B) all'omessa richiesta di pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato nel termine di trenta giorni”. Indubbiamente sembrano in contrasto con questi rilievi quelli, sempre contenuti in una delle prime ordinanze intervenute in merito, laddove si sostiene invece che “[…] il tessuto normativo del D.L. n. 118/2021 consente di individuare alcuno spazio per un intervento sostitutivo del giudice” e “[…] il ricorso proposto […] si rileverebbe comunque inammissibile anche a cagione dell'incompletezza delle allegazioni documentali che lo corredano, in relazione all'elencazione di cui all'art. 7, comma 2, D.L. n. 118/2021.

E' stato infatti condivisibilmente osservato in dottrina che l'automatico prodursi degli effetti protettivi di cui all'art. 6 D.L. n. 118/2021 non può non accentuare l'onere di allegazione e collaborazione dell'imprenditore il quale, depositando sollecitamente tutta la documentazione di cui all'art. 7, deve porre il giudice nella condizione di poter delibare sin da subito la serietà del percorso di trattative iniziato oltreché l'idoneità delle misure e dei provvedimenti richiesti a garantirne il regolare corso senza eccessivi sacrifici per i creditori: dacché, l'incompleta produzione dei documenti richiesti dovrebbe produrre l'immediato arresto in rito del procedimento di conferma o modifica” (cfr. ord. Trib. Brescia 2 dicembre 2021, cit.).

Peraltro, al di là del riconoscimento o meno del dovere-potere integrativo del giudice riguardo alla produzione documentale (tesi questa che pare senz'altro preferibile alla luce di quelle che sono le finalità e priorità perseguite dal legislatore di consentire, per quanto possibile, il risanamento dell'impresa senza che sia necessaria l'apertura di una procedura prettamente liquidatoria, quale il fallimento ovvero la liquidazione giudiziale – in punto cfr., tra le tante, Trib. Viterbo 14 febbraio 2022, in DC dove si sottolinea anche che “E' inoltre abbandonata la logica delle misure protettive con durata correlata alla mera pendenza di una procedura alternativa al fallimento (artt. 161 e 182 bis l. fall.) in favore di misure cautelari e protettive parametrate alla specifica situazione di crisi o insolvenza e la cui durata è fissata in ragione delle esigenze sottese alla procedura di risanamento.

L'art. 8 del codice della crisi e dell'insolvenza, non ancora entrato in vigore, prevede in ogni caso una durata massima allo scopo di incentivare l'imprenditore ad attivarsi tempestivamente per la risoluzione della crisi”) non può certo dirsi che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere si sia sottratto a tale potere-dovere avendo, come si è visto sopra, con un primo decreto “[…] rilevata la carenza documentale, […] onerato il ricorrente di depositare, entro due giorni dalla comunicazione, l'istanza di cui all'art. 6 comma 1 corredata di tutta la documentazione inserita nella piattaforma telematica di cui all'art. 5 comma 2, indicando specificamente le ragioni a giustificazione del mancato deposito” (così si legge nell'ordinanza in commento).

La fase giudiziale e le valutazioni del Tribunale circa la conferma delle misure protettive

Quindi, a ragione, può dirsi che il legislatore abbia “[…] delinea[to], all'interno di una procedura di soluzione pattizia della crisi che ordinariamente si svolge tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati tramite l'esperto nominato dalla camera di commercio territorialmente competente, un incidente giurisdizionale, meramente eventuale, nel caso in cui siano altresì richieste misure protettive e/o provvedimenti cautelari (ord. Trib. Rieti 2 aprile 2022, in DC). Questo vaglio giudiziale ha un diverso perimetro, come indicato dall'ord. 22 aprile 2022 del Trib. di Prato, in DC, per cui, mentre in sede di conferma delle misure protettive e cautelari richieste, il giudice deve vagliare esclusivamente la sussistenza della disponibilità dei soggetti interessati a intraprendere una trattativa (e non è necessario vagliare l'effettiva probabilità che un tale accordo sia raggiunto, atteso che, ai sensi dell'art. 7, comma 6, le misure protettive sono in ogni tempo modificabili o revocabili laddove si manifestassero sproporzionate o non utili, tanto che si è detto che le misure protettive, già concesse, possono essere confermate anche nella “[…] insussistenza di iniziative esecutive o cautelari da parte dei creditori” avendo “[…] l'esclusiva funzione di consentire l'avvio e la prosecuzione di trattative con i creditori in una prospettiva non sbilanciata”, come precisato dall'ord. 26 gennaio 2022 del Trib. di Milano); in sede di rinnovo delle misure protettive e cautelari, diversamente, al giudice è demandato il compito di accertare l'imminenza di un accordo fra le parti e l'effettiva necessità di una proroga del termine per perfezionare una intesa già quasi pienamente raggiunta. In particolare, “Per valutare l'eventuale conferma delle misure protettive richieste occorre delibare, secondo una analisi prognostica, le possibilità che attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa possa essere risanata l'impresa” (cfr. Trib. Viterbo, 14 febbraio 2022, cit.). In questo, “[…] appare ragionevole ritenere che il giudizio demandato al Tribunale in sede di conferma, revoca o modifica delle misure protettive […] presupponga il contemperamento delle ragioni dell'imprenditore in crisi, che mira al risanamento della propria azienda, e quelle dei creditori avente interesse al soddisfacimento, nel modo più rapido e proficuo possibile, delle proprie pretese; in tale contesto le misure protettive […] sono lo strumento previsto dal legislatore per facilitare l'avvio e la prosecuzione delle trattative tra l'imprenditore e i creditori finalizzate al raggiungimento di un accordo che possa consentire, quantomeno come obiettivo principale, la continuità aziendale e il risanamento dell'impresa; l'eventuale conferma delle misure appare pertanto presupporre un giudizio positivo, allo stato degli atti, sulla ragionevolezza dell'obiettivo di risanamento perseguito e al contempo che il sacrificio richiesto ai creditori non sia sproporzionato e incongruo rispetto a tale finalità” (cfr. Trib. Asti 3 marzo 2022, cit.). Allo scopo di garantire il buon fine delle trattative, “[…] si affianca […] l'obiettivo di mettere il patrimonio dell'imprenditore al riparo da iniziative che possono pregiudicare il risanamento dell'impresa, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto legge […] Di guisa che il Giudice è chiamato a verificare, da un lato, la concreta possibilità che le misure siano funzionali ad evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare il buon esito delle trattative e, dall'altro lato, la situazione di conclamata crisi o addirittura di insolvenza in cui versa l'imprenditore, che potrebbe sconsigliare, a tutela dei creditori, la conferma delle misure” (cfr. ord. Trib. Rieti 2 aprile 2022, cit.). Si è parlato in proposito di “[…] bilanciamento tra l'esigenza di non sottrarre l'impresa insolvente alle procedure di composizione della crisi con la necessità di evitare che siffatte procedure abbiano una funzione dilatoria invece che finalizzata ad un tempestivo risanamento dell'impresa” (cfr. Trib. Viterbo, 14 febbraio 2022, cit.). Si è detto anche che “[…] la assenza del piano finanziario, del piano industriale e del business plan prospettico si spiega in ragione del reale obiettivo delle trattative: arrivare a liquidare cespiti attivi, destinando la azienda a una società appositamente costituita, e apertamente correlata con la [ricorrente]” (cfr. ord. Trib. Ferrara, 21 marzo 2022, in DC).

In sintesi, si è opportunamente precisato che “Le misure possono, […], essere confermate quando (i) il tribunale si convince che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris) e quando (ii) il tribunale reputa che le misure, nella gradazione necessaria, siano funzionali a raggiungere quel risultato, sicché la loro assenza potrebbe pregiudicare il risanamento aziendale (periculum in mora)” (cfr. Trib. Milano 17 gennaio 2022 e ord. Trib. Prato, 22 aprile 2022, citt.), aggiungendo peraltro che il sindacato del Tribunale, in punto di conferma o revoca delle misure protettive, già riconosciute ope legis per effetto della presentazione e pubblicazione dell'istanza ex art. 6 D.L. n. 118 del 2021,“[…] deve essere parametrato alle finalità della disciplina ed alla fase iniziale delle trattative nella quale l'incidente giurisdizionale si esplica” (cfr. ord. Trib. Rieti 2 aprile 2022, cit.). Invero, ancora di recente, in sede di reclamo avverso l'ord. del Trib. Bergamo 15 febbraio 2022 (con cui era stata rigettata l'istanza di una società in liquidazione da dieci anni, di conferma della misura protettiva della sospensione di una procedura esecutiva immobiliare, considerato che “[…] la fattibilità viene apprezzata dall'esperto su un crinale meramente astratto, come ipotesi percorribile, ma non sembra poggiare, proprio per la lamentata carenza del compendio informativo, su una disamina completa degli aspetti reali della fattispecie concreta”), lo stesso Tribunale, in camera di consiglio, con ord. del 30 marzo 2022, in DC, ha ribadito che non può essere inibita al giudice la valutazione relativa alla prognosi di serietà e fattibilità del piano di risanamento a tal fine proposto dall'imprenditore e “La conclusione, discendente da considerazioni di ordine sistematico comuni ad ogni procedimento cautelare (nel quale l'autorità giudiziaria è investita del potere dovere di valutare il fumus di fondatezza della pretesa che si chiede di tutelare in via interinale), non può che operare anche nell'ambito dei procedimenti in oggetto, nei quali il giudice è tenuto a verificare in via incidentale, al fine appunto della decisione allo stesso rimessa sulla persistenza o meno delle suddette misure, la sussistenza di una favorevole prognosi di risanamento dell'impresa. Se infatti le garanzie concesse al soggetto che ricorra al procedimento di negoziazione assistita, e per quanto qui interessi la possibilità dell'imprenditore di avvalersi di meccanismi di protezione del suo patrimonio, sono strumentali a consentire il proficuo svolgimento delle trattative il cui scopo finale è quello del risanamento dell'impresa, appare evidente la necessità di verifica, da parte dell'autorità giudiziaria cui è stata rimessa la conferma o revoca delle misure suddette, circa l'esistenza di ragionevoli possibilità di superamento dello stato di squilibrio patrimoniale o economico -finanziario dell'impresa e la prosecuzione della sua attività”.

Conclusioni

L'ordinanza in commento, seppure in modo sintetico, riecheggia gli approdi a cui è giunta la giurisprudenza sull'applicazione della nuova normativa della composizione negoziata della crisi di impresa.

Tuttavia, nel caso di specie, il tratto originale della decisione risiede nel fatto che il giudice ha considerato le omesse allegazioni della ricorrente, sia come (i) una violazione dell'art. 115 c.p.c., applicabile anche in ambito cautelare, per aver “precluso ai resistenti di prendere compiutamente posizione sul ricorso”, sia come (ii) una preclusione, per lo stesso, “di accertare la regolare integrazione del contradditorio […] prima ancora di verificare la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora” (così si legge nell'ordinanza in commento). Ora, non pare vi siano dubbi sul fatto che le omesse allegazioni possano pregiudicare “la regolare integrazione del contradditorio” se è vero che “[…] le parti e il contenuto della fase giurisdizionale del procedimento di composizione negoziata della crisi devono essere specificamente individuati dal ricorrente, in quanto elementi essenziali di una vera e propria domanda giudiziale [e] al fine di pronunciare sulla domanda, il giudice deve verificare la funzionalità delle singole misure al buon esito delle trattative, la loro incidenza su beni strumentali dell'impresa necessari per la prosecuzione dell'attività nella prospettiva del suo risanamento, nonché la loro proporzionalità al sacrificio che ne deriva per il creditore (art. 7, comma 6, D.L. n. 118/2021)” (cfr. ord. del Trib. di Roma, 2-3 febbraio 2022, cit. e, nello stesso senso, Trib. Milano 28 dicembre 2021, e 24 febbraio 2022 cit., secondo cui “[…] è necessario che il ricorrente fornisca al Tribunale elementi univoci che consentano di appurare la sussistenza quantomeno, di “preannunciate” iniziative pregiudizievoli”, oltre a ord. Trib. Rieti 2 aprile 2022, cit.).

Altrettanto pare non possa dirsi invece per il profilo sub (i), laddove sembrerebbe che dalla violazione di una regola di giudizio, afferente come tale al giudice (secondo l'antico brocardo “Iudex debet iudicare secundum alligata et probata”) si volesse far discendere la violazione del principio del contraddittorio, posto a garanzia, invece, delle parti. A ben vedere, tuttavia, soprattutto nell'ambito della composizione negoziata della crisi che, si ricorda, si fonda “[…] su immanenti valori di trasparenza e discovery” (cfr. Trib. Ivrea 10 febbraio 2022, in Ilcaso.it) tale rilievo coglie nel segno, essendo maggiormente evidente in questo caso come il mancato rispetto di una regola di giudizio (i.e.: le mancate allegazioni da porre alla base della domanda con cui si chiede al giudice la conferma delle misure protettive) finirebbe per ledere il contradditorio tra le parti, precludendo, appunto “[…] ai resistenti di prendere compiutamente posizione sul ricorso” (così si legge nell'ordinanza in commento) o, meglio, sulle allegazioni che il ricorrente avrebbe dovuto fornire.

Guida all'approfondimento

In questo portale: F.M. Cocco, Accesso alle misure protettive dell'imprenditore commerciale non fallibile, 2022; C. Mariani, M. Rizzuto e M.A. Di Gioia, Composizione negoziata della crisi: misure protettive, 2022.

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