Gli adeguati assetti organizzativi nelle imprese non ancora in crisi

Girolamo Lazoppina
05 Agosto 2022

Una delle novità più rilevanti del Codice della crisi d'impresa era costituita dalle procedure d'allerta e di composizione assistita della crisi. Tra gli strumenti d'allerta il nuovo Codice prevedeva, all'art. 12, gli obblighi di segnalazione posti a carico dei soggetti di cui agli artt. 14 e 15 e gli obblighi organizzativi posti a carico dell'imprenditore dal codice civile (art. 2086). Anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 83/2022, tutti gli strumenti d'allerta sono comunque finalizzati alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell'impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.
L'art. 2086 del codice civile

Gli obblighi organizzativi posti a carico dell'imprenditore dal codice civile sono disciplinati dall'art. 2086 così come modificato dal nuovo CCII ed in vigore già dal 16 marzo del 2019. La precedente rubrica “Direzione e gerarchia nella impresa” è stata modificata con la nuova “Gestione dell'impresaed al secondo comma è stato statuito che“l'imprenditore che operi in forma societaria o collettiva ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Come rilevato fin dalle primissime pronunce della Suprema Corte, il novellato art. 2086 c.c. pone fra i compiti dell'organo gestorio quello di predisporre un assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società idoneo a rilevare la situazione di crisi e la tempestiva adozione di un adeguato strumento per il suo superamento (Cass. civ., Sez. I, 15 maggio 2019, n. 12994). Oggi, a distanza di più di tre anni dalla modifica della norma del codice civile, appare acclarato che incorre in responsabilità per mala gestio l'amministratore di società di capitali che omette di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, rimanendo inerte di fronte ai segnali indicatori di una situazione di crisi o pre-crisi (Tribunale civile Roma, Sez. Speciale in materia di impresa, Decr., 24 settembre 2020).

Secondo la medesima giurisprudenza non incorre invece in responsabilità l'amministratore che abbia predisposto un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che, alla stregua di una valutazione che tenga conto delle conoscenze e degli elementi allora a disposizione dell'amministratore, si mostri idoneo a verificare tempestivamente la perdita della continuità aziendale o che, pur avendo tempestivamente rilevato, grazie all'assetto organizzativo predisposto, il venir meno della continuità aziendale, ponga in essere interventi che successivamente si rivelino inutili ad evitare la degenerazione della crisi, ed eventualmente il fallimento della società, qualora tali interventi non risultino, sulla base di una valutazione ex ante, manifestamente irrazionali ed ingiustificati.

Il nuovo Codice della crisi considera basilare il monitoraggio della continuità aziendale (going concern) posto che le situazioni di crisi sono tanto più facilmente risolvibili quanto più è tempestiva la loro emersione: prevenire è infatti meglio che curare. Il concetto di continuità aziendale è perfettamente delineato nel Documento Banca d'Italia/Consob/Isvap n. 2 del 6 febbraio 2009 secondo cui: “Il concetto di continuità aziendale implica che la società continuerà nella sua esistenza operativa per un futuro prevedibile. La redazione del bilancio nella prospettiva della continuità aziendale è incompatibile con l'intenzione o la necessità di liquidare l'entità o interromperne l'attività.”

Gli adeguati assetti organizzativi nelle imprese sane

L'evoluzione giurisprudenziale sulle procedure e sugli strumenti d'allerta è sempre più in linea con la ratio legis che sta alla base del nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza oltre che con una efficace applicazione degli strumenti stessi. Una recente pronuncia del Tribunale di Cagliari (Trib. Cagliari, Sezione Specializzata per le Imprese, decr., 19 gennaio 2022) ha infatti evidenziato come la mancata adozione degli adeguati assetti organizzativi di una impresa in situazione di equilibrio economico finanziario sia addirittura più grave della mancata adozione in un'impresa in crisi. Secondo il Tribunale di Cagliari, infatti, gli adeguati assetti sono funzionali proprio ad evitare che l'impresa scivoli inconsapevolmente verso una situazione di crisi o di perdita della continuità, consentendo all'organo amministrativo di percepire tempestivamente i segnali che preannunciano la crisi, consentendogli in tal modo di assumere le iniziative opportune.

Del resto - continuano i giudici di merito - una volta manifestatasi la crisi, sfuma la gravità della adozione di adeguati assetti e viene in massimo rilievo, invece, la mancata adozione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per fronteggiarla. In altri termini - chiosa il Tribunale di Cagliari - la violazione della obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili, amministrative.

In conclusione

Il sistema di monitoraggio della crisi rappresenta una delle principali novità del Codice della crisi. E ciò perché dà corpo alla ratio sottesa al nuovo codice: considerare il fallimento come una sorta di extrema ratio e fare il possibile per salvare l'impresa in crisi.

Ma il legislatore del 2019 è andato ancora oltre: ha avuto come obiettivo principale il salvataggio dell'impresa in generale - non dell'imprenditore in quanto tale - e si è posto l'ambizioso e conseguente obiettivo di prevenire la crisi dell'impresa, facendo in modo che le “procedure di salvataggio” entrassero in vigore in presenza dei primi sintomi o indizi della crisi. Non in presenza necessariamente di reali cause di crisi, ma anche in presenza di potenziali cause di crisi.

Il provvedimento del Tribunale di Cagliari si pone perfettamente in linea con la ratio sottesa al nuovo Codice: se infatti prevenire è meglio che curare, se il legislatore ha previsto strumenti d'allerta attivabili prima che la crisi sia nata ed anzi proprio in funzione della sua prevenzione, va da sé che la mancata adozione degli adeguati assetti organizzativi previsti dall'art. 2086 c.c. sia più grave per le imprese ancora sane che per quelle già in crisi: le prime, infatti, hanno ancora tutte le risorse e le possibilità di attivarsi non appena suonano i campanelli d'allarme delle misure d'allerta. Sono cioè ancora in tempo per evitare la nascita di un vulnus che potrebbe compromettere la continuità aziendale e portare allo stato di insolvenza. Esiste, infatti, un trade off tra continuità aziendale e stato di insolvenza: quanto più solida è la continuità aziendale tanto più lontana è la possibilità che l'impresa si avvicini alla fase di non ritorno dello stato di insolvenza. Se l'obiettivo è dunque scongiurare il fallimento (ovvero la liquidazione giudiziale), gli adeguati assetti organizzativi devono essere realizzati fin da subito, addirittura prima della nascita dell'impresa: adeguati, cioè, alla sua natura ed alle sue dimensioni.

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