Gli effetti del fallimento sul contratto di assicurazione del fallito

Girolamo Lazoppina
09 Agosto 2022

Il quesito in oggetto si interroga sui rapporti intercorrenti tra la dichiarazione di fallimento e il contratto di assicurazione contro i danni stipulato antecedentemente.

In caso di fallimento il contratto di assicurazione continua nei confronti del curatore il quale subentra nella medesima posizione dell'assicurato fallito?

Un imprenditore stipula un contratto di assicurazione contro i danni avente ad oggetto suoi beni strettamente personali. Successivamente viene dichiarato il fallimento dell'imprenditore ed il curatore decide di non subentrare nel contratto di assicurazione del fallito sulla base della circostanza che i beni assicurati, essendo beni strettamente personali del fallito, non sono stati acquisiti all'attivo fallimentare. L'imprenditore lamenta il mancato subentro nel contratto di assicurazione da parte del curatore. Si pone il problema di stabilire se il contratto di assicurazione stipulato prima della dichiarazione di fallimento continui anche dopo tale pronuncia e se il curatore fallimentare possa subentrarvi.

Nel caso che ci occupa l'assicurato, poi fallito, aveva stipulato un contratto di assicurazione contro i danni.

Orbene, l'art. 82 l. fall. stabilisce che il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario e salva l'applicazione dell'art. 1898 c.c. se ne deriva un aggravamento del rischio.

Se il contratto continua il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Dunque, normalmente il contratto di assicurazione continua nei confronti del curatore il quale subentra nella medesima posizione dell'assicurato fallito; sono salve le ipotesi del patto contrario e dell'aggravamento del rischio.

In caso di subentro spetta al curatore pagare le rate del premio e ciò anche se l'imprenditore ha cessato la sua attività prima della dichiarazione di fallimento (Trib. Modena, 21 maggio 1985).

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. I, 1° febbraio 2018, n. 2502) i crediti maturati ante fallimento sono o meno prededucibili, a seconda che, al termine dell'esercizio provvisorio, il curatore abbia scelto di subentrare o sciogliersi dal contratto, mentre solo quelli maturati in pendenza di esercizio provvisorio sono sempre prededucibili, al pari di quelli, successivi al termine dell'esercizio provvisorio, in caso di subentro nel contratto da parte del curatore. L'eccezionalità delle disposizioni dettate dalla legge fallimentare per i contratti di durata ex artt. 74 e 82, in ragione dell'indivisibilità delle prestazioni, con il diritto alla prededuzione dei crediti anche preesistenti va contemperata con la ratio della disciplina dell'esercizio provvisorio, che limita la stessa prededucibilità quando la prosecuzione del rapporto è l'effetto diretto del provvedimento giudiziale e non della scelta del curatore (Cass. 25 settembre 2017, n. 22274; Cass. 19 marzo 2012, n. 4303).

Nel caso che ci occupa il curatore non è subentrato nel contratto in quanto i beni assicurati erano strettamente personali del fallito e, conseguentemente, non sono stati acquisiti all'attivo fallimentare.

Come ritenuto da attenta giurisprudenza di merito, il subentro non ha senso quando il contratto riguarda, appunto, beni non acquisiti all'attivo fallimentare, come ad esempio beni personali del fallito (Trib. Bologna, 6 dicembre 1969). Pertanto, potrebbero considerarsi prive di fondamento le doglianze dell'imprenditore e corretta la decisione del curatore fallimentare di non subentrare nel contratto di assicurazione del fallito.

(Fonte: Il fallimentarista)

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