Competenza e modalità della nomina del “datore di lavoro” nelle società di capitali

Diego Corrado
08 Agosto 2022

Come si coordinano le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro con quelle sullo svolgimento delle delibere del consiglio di amministrazione? Si forniscono chiarimenti in merito alla competenza e alle modalità di nomina del “datore di lavoro”, ex d.lgs. n. 81/2004, nelle società di capitali.

A seguito di nomina del nuovo c.d.a. di una s.r.l., nell'ambito del quale si individuerà un nuovo datore di lavoro, occorre inserire anche nel verbale dell'assemblea, convocata dal c.d.a. uscente per provvedere all'istituzione del nuovo consiglio, che sarà individuato un nuovo datore di lavoro oppure possono essere ivi indicati i consiglieri e poi lasciare che il datore di lavoro sia nominato successivamente, in un C.d.A. successivo, che attribuisce le deleghe gestorie?

Le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e più specificamente l'art. 2, d.lgs. 81/2008, prescrivono di individuare quale “datore di lavoro”, e dunque soggetto sul quale ricadono – tra le altre cose – obblighi e responsabilità dettati da detta disciplina, il titolare del rapporto di lavoro, o, nel caso di soggetti collettivi, “il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.

Se nessun problema si pone nel caso delle imprese individuali (il ruolo di cui sopra non può che essere rivestito dall'imprenditore), altrettanto pacifico è che nelle società di capitali il datore di lavoro vada individuato in prima battuta nell'organo amministrativo.

Nulla quaestio quindi nel caso la società sia retta da un amministratore unico (nel senso che sarà questi il soggetto indicato dall'art. 2 sopra citato).

Nel caso invece la società sia retta da un consiglio di amministrazione, gli obblighi inerenti all'igiene e alla sicurezza del lavoro posti dalla legge a carico del datore di lavoro graveranno indistintamente su tutti i componenti del consiglio stesso, a meno che, avvalendosi della facoltà concessa dall'art. 2381, co. 2, c.c., l'organo collegiale non scelga di delegare tale compito a uno o più dei suoi componenti. Alla norma comune in materia di delega di attribuzioni del consiglio, si aggiunge poi, nel caso che ci occupa, quella speciale, recata dall'art. 16 del d.lgs. 81/2008.

Ne consegue che gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega che risulti da atto scritto recante data certa, ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, riguardi un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 cit.).
Peraltro, la delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono, comunque, essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega (così Cass. n. 988 del 11/07/2002 – dep. 14/01/2003).

Dopo aver così ricostruito l'intera fattispecie, si può finalmente rispondere al quesito, nel senso che le prescrizioni della disciplina speciale (che pure prescrivono forme e contenuto della attribuzione delle deleghe al componente o ai componenti del c.d.a. in concreto investiti dei compiti spettanti al “datore di lavoro”) non impattano in questo caso sulla soluzione. Pertanto, qualora sia già lo statuto a prevedere – secondo quanto accade del resto nella generalità dei casi – che il consiglio possa delegare talune sue funzioni a uno o più dei suoi componenti, non sarà necessaria alcuna delibera dell'assemblea. Delibera che invece sarà necessaria (e dovrà conseguentemente essere debitamente verbalizzata) nel caso lo statuto non preveda in via preventiva la facoltà di delega “generale” in capo al c.d.a.

In entrambi i casi (e cioè sia che la delega venga attribuita in forza di una facoltà concessa in via generale dallo statuto, sia che essa sia attribuita in forza di specifica delibera assembleare), al contrario, la concreta individuazione del “datore di lavoro”, con le forme e i requisiti (anche sostanziali) previsti dall'art. 16 del d.lgs. 81/2008, dovrà essere effettuata con apposita delibera del c.d.a.

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