Agenzia delle Entrate: niente imposta di registro per tutte le cause sotto i 1.033 euro

La Redazione
10 Agosto 2022

L'Agenzia delle Entrate rivede la propria posizione relativamente alla disposizione di favore contenuta nell'art. 46 l. n. 374/1991 che esenta, ai fini dell'imposta di registro, tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma individuata di euro 1.033, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito.

Con circolare 29 luglio 2022 n. 30/E, l'Agenzia delle Entrate ha rivisto e superato la propria posizione relativa all'applicazione del regime fiscale che esenta, ai fini dell'imposta di registro, tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma individuata di euro 1.033,00 a prescindere dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito.

Normativa. L'art. 46 L. n. 374/1991 prevede che «le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»: questo regime fiscale “esentativo” rappresenta una deroga alla disciplina generale concernente la tassazione degli atti dell'autorità giudiziaria che individua la misura dell'imposta in relazione alle diverse tipologie di atti.

Come precisato dall'Agenzia delle Entrate con risoluzione 10 novembre 2014 n. 97/E, tale regime esentativo per valore si applica non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio di primo grado dinanzi al Giudice di Pace, ma anche a quelli emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio in sede di impugnazione delle sentenze emesse dal Giudice di Pace.

L'orientamento della Corte di Cassazione. Con ordinanza n. 31278/2018, emessa avverso una sentenza del Giudice di Pace nell'ambito di una controversia di valore inferiore a 1.033 euro, la Suprema Corte ha precisato che la ratio informatrice dell'art. 46 l. n. 374/1991 «è quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore, ovvero di alleviare l'utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto: l'imposta di registro infatti è proporzionale al valore, mentre ai fini impositivi risulta indifferente l'organo giudiziario che ha emanato il provvedimento».

A riguardo, i Giudici hanno evidenziato che rispetto a tale finalità «risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga al disposto del d.P.R. n. 131/1986, art. 37, che escluda dal pagamento della tassa di registro tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito».

Analogamente, con ordinanza n. 21050/2020 la Cassazione ha sottolineato che l'art. 46 «risulta inserito nel corpo normativo recante l'istituzione del Giudice di Pace non costituisce elemento decisivo per ancorare l'operatività della norma suddetta solo agli atti emessi dal Giudice di Pace, posto che l'unica condizione oggettiva richiesta è che si tratti di cause (...) il cui valore non ecceda la somma di euro 1.033,00» e che rispetto alla finalità perseguita dalla norma risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata «indipendentemente dal grado di giudizio, dall'ufficio giudiziario adito e dal tipo di processo (di cognizione, esecutivo o cautelare) instaurato».

La posizione dell'Agenzia delle Entrate. In virtù dell'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l'Agenzia delle Entrate ritiene di applicare la disposizione di favore contenuta nell'art. 46 l. n. 374/1991 a tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma individuata di euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito, con il superamento delle precedenti indicazioni di prassi in materia.

Tale disposizione si applica anche agli atti giudiziari, così come individuati dalla Nota II posta in calce all'art. 8 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986, per i quali trova applicazione l'imposta di registro in misura fissa, in quanto dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad imposta sul valore aggiunto.

In particolare, la Nota II prevede che «gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1-bis non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 del Testo unico»: in tali casi, pertanto, non è dovuta neanche l'imposta in misura fissa.

L'Agenzia delle Entrate, infine, precisa che la previsione esentativa non risulta applicabile alle disposizioni negoziali contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati, enunciati nell'atto dell'autorità giudiziaria interessato dall'agevolazione nel d.P.R. n. 131/1986.

Dunque, in merito alle controversie pendenti concernenti la materia in esame, e nel caso in cui l'attività di liquidazione dell'Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, l'Agenzia delle Entrate invita i propri uffici territoriali:

  1. ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni;
  2. a prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione, qualora non sia stata acquisita la rinuncia del contribuente alla rifusione delle spese di lite.

Fonte: diritto e giustizia

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