Violazione dei termini per il deposito di comparsa conclusionale e memoria di replica

10 Agosto 2022

Qualora il giudice emetta sentenza in mancanza del rispetto dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e di quelle di replica, la sentenza risulta viziata?

Per rispondere adeguatamente è necessario spendere qualche parola sulla funzione della comparsa conclusionale e della memoria di replica.

La previsione normativa di cui all'art. 190 c.p.c. attiene al rispetto del noto principio del contraddittorio che deve sempre essere rispettato in ambito processuale, principio cardine che sorregge ogni tipo di procedimento, sia di cognizione, che di esecuzione, che cautelare.

È altrettanto noto che il mancato rispetto del principio del contraddittorio vizia l'intero procedimento giurisdizionale e ne determina la nullità e, di conseguenza, anche l'atto finale che si esprime nel provvedimento giudiziale decisorio.

La naturale conseguenza dell'emissione della sentenza senza il rispetto di tale principio è la nullità del provvedimento stesso; il vizio potrà, quindi, essere motivo di gravame.

La giurisprudenza, in verità, si è divisa su due diverse posizioni.

Per una parte, maggioritaria, il mancato rispetto dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche ovvero la mancata assegnazione dei termini per il deposito delle stesse porterebbe alla nullità della sentenza perché in tal modo risulterebbe impedito ai difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa.

Secondo altro orientamento, minoritario, per aversi nullità della sentenza non basterebbe il mancato rispetto dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche o la mancata concessione dei termini per il loro deposito, ma sarebbe necessaria anche la prova concreta di uno specifico pregiudizio conseguente, da individuare in una concreta lesione delle possibilità di ottenere nel merito una decisione diversa. In altri termini la violazione del dritto di difesa dovrebbe essere valutata in concreto e non in astratto.

Per dirimere il contrasto giurisprudenziale, rimessa la questione alle sezioni unite, la Cassazione afferma che la violazione del principio del contraddittorio è, di per sé, sufficiente a viziare il procedimento e, di conseguenza, il provvedimento decisorio conclusivo.

Non si tratta di norma astratta ma di un ben preciso dettato processuale di per sé necessario a garantire il diritto di difesa e del contraddittorio, ragion per cui non serve allegare la violazione in concreto essendo sufficiente il mancato rispetto del principio processuale sotteso.

In questo senso la Cassazione a sezioni unite ha affermato che: «La parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; invero, la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo» (Cass. Civ. Sez. Un., 25 novembre 2021, n. 36596).

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