Centro unico di imputazione: per i licenziamenti collettivi la valutazione va fatta su tutti i lavoratori del Gruppo

Simone Zaccaria
10 Agosto 2022

Se tra le società che compongono il gruppo sussiste un unico centro di imputazione degli interessi l'applicazione dei criteri di scelta, in caso di procedura di riduzione del personale, va effettuata in relazione ad esso.
Massima

In una procedura di riduzione del personale, l'applicazione dei criteri di scelta va effettuata con riferimento alle società che compongono il gruppo, laddove tra le medesime sussista un unico centro di imputazione di interessi, a prescindere dal fatto che il singolo lavoratore abbia effettivamente svolto le proprie prestazioni in modo promiscuo per le società collegate.

Il caso

Il caso in questione muove dalla richiesta di un lavoratore di veder dichiarato illegittimo il suo licenziamento a seguito di una procedura di licenziamento collettivo da parte della sua Datrice di lavoro, facente parte di un gruppo e collegata con altre società.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto il ricorso del Lavoratore, sostenendo che, se tra le imprese esiste una sostanziale unicità quanto alle rispettive strutture aziendali, con un unico centro decisionale. Le attività di selezione in caso di riduzione del personale, si sarebbero dovute pertanto effettuare su tutta la popolazione aziendale che fa parte del gruppo.

In Appello, la Corte territoriale ha confermato illegittimo il licenziamento per violazione della procedura prevista per i licenziamenti collettivi, condannando le società al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Le Società ricorrevano in Cassazione lamentando una falsa applicazione della L. n. 291/2004 art. 1-bis, come modificato dal D.L. n. 134/2008, art. 2 convertito in L. n. 166/2008, nonché una falsa applicazione della L. 223/1991 sui licenziamenti collettivi per aver ritenuto sussistenze il centro unico di imputazione tra le società nella valutazione della platea dei lavoratori.

La questione

La questione affrontata dalla Corte riguarda la corretta applicazione della Legge 223/1991, nel caso di società collegate che debbano affrontare una riduzione del personale; nel caso pratico, l'analisi è andata ad incidere sulla valutazione del centro unico di imputazione aziendale, sui caratteri specifici di questo, e i risvolti tecnico pratici che ha nella valutazione dell'insieme aziendale e dei lavoratori nell'espletamento della procedura prevista dalla legge per i licenziamenti collettivi.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha respinto il ricorso delle Società datrici riprendendo il concetto giurisprudenziale del centro unico di imputazione, già più volte esaminato dai supremi giudici.

La Cassazione con orientamento costante configura il centro unico di imputazione dei rapporti di lavoro allorquando ricorrano tali presupposti: “a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b)integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c)coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori". (Cass. n. 267/2019).

Mossi da questo necessario presupposto, i giudici di legittimità hanno ritenuto che gli elementi di collegamento tra le Società resistenti, avessero travalicato, per caratteristiche e finalità, le connotazioni di una mera sinergia fra consociate, per sconfinare in una compenetrazione di mezzi e di attività, sintomatica della sostanziale unicità soggettiva.

La S.C. ha ritenuto sussistenti gli elementi identificativi del centro unico di imputazione datoriale, rivenendo, nel caso di specie, una sostanziale unicità della struttura organizzativa delle imprese (in considerazione anche dell'oggetto sociale univoco), intesa come unico centro decisionale. (Cass. n. 7704/2018; Cass. n. 5496/2006; Cass. n. 25270/2011).

Tali presupposti hanno permesso di poter concepire l'unitarietà delle società ricorrenti, anche in presenza di gruppi genuini.

Osservazioni

Merita di essere condiviso il granitico orientamento statuito dalla Corte.

La stessa, per mezzo dell'ordinanza commentata, ha voluto ripercorrere i temi già sanciti sull'identificazione della nozione di centro unico di imputazione, da non confondere con la codatorialità, ed anche come questo deve essere applicato nell'alveo dei licenziamenti collettivi secondo la legge 223/1991.

Il centro unico di imputazione del rapporto di lavoro è una fattispecie di matrice giurisprudenziale che si configura allorquando più imprese, formalmente distinte, esercitano di fatto l'attività con una compenetrazione ed una promiscuità tali da far ravvisare sostanzialmente un'unica impresa.

Requisito dirimente ai fini della configurazione di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro è costituito dall'utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle distinte imprese.

In altre parole, il centro unico di imputazione si configura allorquando le singole imprese beneficiano indistintamente delle prestazioni lavorative rese dai lavoratori, e questi ultimi svolgano dette prestazioni in modo tale da non potersi distinguere quale parte della prestazione sia resa a favore dell'una e quale a favore dell'altra impresa.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sussistente il centro unico di imputazione, vista l'integrazione tra le attività esercitate ed al correlativo interesse comune, dedotto dall'identità dell'oggetto sociale (Tribunale di Milano, sent. del 20 marzo 2013) delle distinte imprese, sebbene talvolta la giurisprudenza abbia ritenuto sufficiente anche solo una parziale coincidenza tra gli oggetti sociali delle società, allorquando queste ultime operino pur sempre nell'ambito del medesimo settore economico.

Quindi, a prescindere dal dato formale, l'esistenza del gruppo va desunta in concreto, sul dato fattuale dell'operatività del lavoratore con le imprese.

Nello specifico caso, le Società resistenti perseguivano il medesimo oggetto sociale (società di aviazione) e, seppur di fatto solo una utilizzava il lavoratore assunto formalmente, a livello sostanziale questo veniva utilizzato da entrambe in modo promiscuo.

I Giudici di legittimità hanno in effetti dato seguito all'orientamento ormai preciso della Corte, confermando il merito e rigettando il ricorso.

L'accertamento fattuale che è stato mosso dai giudici di merito implica la riferibilità della prestazione di lavoro ad un soggetto sostanzialmente unitario; questo riscontro consente di superare il dato formale dell'assunzione presso una delle Società, andando ad analizzare il dato sostanziale di una struttura imprenditoriale unitaria ove il singolo lavoratore prestava – senza differenze – la sua attività lavorativa.

Conseguenza ineludibile di questa impostazione è il risvolto che questa ha nella procedura di licenziamento collettivo, fondamento dell'impugnazione del lavoratore.

Se è vero che la Legge del 1991 richiede un esame congiunto di tutta la forza lavoro per decidere la riduzione del personale, qualora venga ravvisato un centro unico di imputazione, questo deve essere considerato nella tua totalità.

È obbligo del soggetto datoriale, anche se suddiviso in due entità formalmente distinte, dare forma alla procedura collettiva con il coinvolgimento di tutti i lavoratori in organico di entrambe le società, non essendo in alcun modo possibile e provato (in corso di giudizio) i presupposti che facessero venire meno il principio di centro unico di imputazione.

La Cassazione sposa, quindi, questa lettura e aggiunge che la compenetrazione delle strutture aziendale di due società distinte, ma riferibili ad un genuino gruppo di imprese, riverbera i propri effetti sulla procedura di licenziamento aziendale collettivo, imponendo una valutazione complessiva della forza lavoro.

A fronte di questo accertamento resta del tutto privo di utilità utilizzo promiscuo dei lavoratori da parte delle società collegate; per la Corte, ciò che viene prima dell'utilizzo per più datori di lavoro, è il carattere della centralità ed unicità della struttura organizzativa, restando in secondo ordine se il lavoratore ha prestato la sua attività per uno o più datori, in quanto, in caso, la procedura Legge 223/1991 andrà a coinvolgere tutti i lavoratori.

Da un esame della pronuncia esaminata, e di quelle richiamate sul tema oggetto del presente lavoro, non sfugge come accanto alla nozione di centro unico di imputazione dei rapporti di lavoro si rinvengano riferimenti, a parere di chi scrive in maniera indiscriminata, anche alla nozione di “codatorialità”. (Tribunale di Tivoli, sent. n. 31 del 14 gennaio 2020)

Sia nella prima che nella seconda ipotesi, tutti i soggetti che avranno beneficiato delle prestazioni rese dal lavoratore saranno solidalmente responsabili nei suoi confronti per tutte le obbligazioni derivanti dal rapporto.

Per meglio comprendere la fattispecie della codatorialità, sembra utile richiamare una non risalente ma efficace sentenza con cui la Corte di Cassazione (Cass. n. 3844 del 10 giugno 1986) confermava la decisione del Tribunale di Salerno, il quale aveva ritenuto ammissibile e valido un unico rapporto di lavoro con duplicità di datori di lavoro, titolari di due imprese attigue ma distinte sia sul piano formale che sostanziale, i quali beneficiavano in maniera indifferenziata delle prestazioni del medesimo lavoratore.

Anche di recente la Cassazione ha distinto l'ipotesi del gruppo di imprese che si sostanzi in un centro unico di imputazione dalla diversa ipotesi della codatorialità.

Nel caso esaminato, i giudici hanno infatti ritenuto che, pur non ricorrendo nella specie un gruppo di imprese, avendo la lavoratrice svolto, in modo indifferenziato, la propria attività a vantaggio di plurime ma distinte imprese datrici di lavoro, dovesse ravvisarsi la fattispecie della codatorialità, e dunque una responsabilità solidale tra le datrici: “Qualora uno stesso dipendente presti servizio contemporaneamente a favore di diversi datori di lavoro, titolari di distinte imprese, e l'attività sia svolta in modo indifferenziato, così che in essa non possa distinguersi quale parte sia stata svolta nell'interesse di un datore e quale nell'interesse degli altri è configurabile l'unicità del rapporto di lavoro e tutti i fruitori dell'attività del lavoratore devono essere considerati solidalmente responsabili nei suoi confronti per le obbligazioni relative, ai sensi dell'art. 1294 cod. civ.

Riferimenti giurisprudenziali

Per alcuni riferimenti giurisprudenziali, si vedano:

Cass., 9 gennaio 2019, n. 267; Cass., 28 marzo 2018, n. 7704; Tribunale di Tivoli, 14 gennaio 2020, n. 31; Cass., 10 giugno 1986, n. 3844; Cass., 1° luglio 2021, n. 29212; Cass., 18 maggio 2021, n. 35877; Cass., 8 novembre 2021, n. 32474; Cass.. 7 luglio 2021, n. 34562; Cass., 28 marzo 2018, n. 7704; Cass., 20 gennaio 2017, n. 1507; Cass., 31 luglio 2017, n. 19023; Cass., 20 dicembre 2016, n. 26346; Cass., 15 marzo 2016, n. 18190; Cass., 12 febbraio 2013, n. 3482; Cass., 13 dicembre 2005, n. 203; Cass., 6 aprile 2004, n. 6707.

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