Assistenza al familiare disabile e trasferimento: il datore pubblico valuta l'interesse della collettività

Teresa Zappia
10 Agosto 2022

Può il datore pubblico rifiutare la richiesta di trasferimento del lavoratore che assiste un familiare ex L. n. 104/92 anche se presso la sede di destinazione è individuato un posto “vacante”?

Può il datore pubblico rifiutare la richiesta di trasferimento del lavoratore che assiste un familiare ex L. n. 104/92 anche se presso la sede di destinazione è individuato un posto “vacante”?

L'art. 33, co. 5, L. n. 104/92 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l'agevolazione del familiare-lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l'attività lavorativa, al fine di rendere quest'ultima il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza del soggetto invalido. Il diritto del dipendente di scegliere la sede più vicina al domicilio della persona assistista, tuttavia, non ha carattere assoluto ed illimitato.

Esso è, infatti, assoggettato al potere organizzativo del datore che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà rendere il posto “disponibile” tramite un provvedimento di copertura del posto “vacante”, così interpretandosi l'inciso «ove possibile» dell'art. 33, co. 5, L. n. 104/1992.

Tale soluzione ermeneutica riflette il necessariobilanciamento degli interessi in conflitto, ossia quello del lavoratore al trasferimento e quello economico-organizzativo del datore.

Nei rapporti di lavoro con un datore pubblico, in caso di trasferimento a domanda, l'esigenza familiare è di regola recessiva rispetto a quella di servizio, dovendosi tenere in considerazione anche il potenziale danno per la collettività che possa derivare dalla mancata garanzia della copertura e della continuità del servizio stesso.

La “vacanza” esprime, dunque, una mera potenzialità, che assurge ad attualità soltanto con la decisione organizzativa della P.A. che deve esprimere l'interesse concreto e attuale di procedere alla copertura del posto, diversamente comprimendosi le esigenze organizzative dell'Amministrazione.

Ne consegue che la sussistenza di un “posto vacante” è una condizione necessaria ma non sufficiente, potendo l'ente pubblico determinarsi verso soluzioni differenti, in particolar modo ove la sede di origine si trovi in una situazione di carenza di personale.

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