Ammissione al passivo per i crediti dell'avvocato e natura del credito per rivalsa IVA
12 Agosto 2022
Un avvocato aveva stipulato un contratto d'opera con una società con facoltà di recesso ad nutum. A distanza di un anno ed a seguito della dichiarazione di fallimento della società, l'avvocato rinunciava all'incarico e chiedeva l'ammissione al passivo, in privilegio, per la somma spettante a titolo di acconto, oltre che per le altre spettanze venute a scadenza prima del recesso e le spese generali. Il giudice del fallimento ammetteva al passivo solo parte della cifra (ricalcolata in base alla prestazione effettivamente resa) richiesta riconoscendo il privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c.. L'avvocato proponeva opposizione ex art. 98 l. fall., senza successo. La questione è dunque giunta dinanzi alla Suprema Corte. Con la prima doglianza, il ricorrente sostiene che le somme da versare a titolo di acconto fossero interamente spettanti, a prescindere dall'intervenuto scioglimento anticipato dl contratto ed in aggiunta ai compensi maturati al momento del recesso, in virtù dell'art. 1373, comma 4, c.c.. Tale interpretazione della norma risulta però inammissibile. L'articolo citato, facendo salvo il “patto contrario” si riferisce alla parte in cui prevede che il recesso ha effetto solo dalla data del pagamento del corrispettivo eventualmente pattuito per l'anticipato scioglimento del contratto. Il ricorrente vorrebbe invece attribuire alla clausola la natura di clausola penale, senza però formulare alcuna critica alla ratio decidendi sottesa al rigetto. Il secondo motivo di ricorso, anch'esso inammissibile, lamenta la violazione dell'art. 2758, comma 2, c.c. per la mancata ammissione al passivo in privilegio del credito per rivalsa IVA. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, «il credito di rivalsa IVA può giovarsi del privilegio speciale di cui all'art. 2958, comma 2, c.c. nel caso in cui sussistano beni - che il creditore ha l'onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo, nel senso previsto dall'art. 93, comma 3, n. 4, l. fall. - su cui esercitare la causa di prelazione». Di conseguenza, ai fini del riconoscimento del privilegio speciale è necessaria la sussistenza del bene oggetto della prelazione nel momento della verifica del credito o almeno della sua individuabilità, in modo da poter accertare la successiva acquisizione all'attivo fallimentare. Laddove, invece, il credito nasca senza un possibile oggetto sul quale far valere il privilegio, esso deve essere considerato alla stregua di chirografo, mancando il possibile valore sul quale collocare la causa di prelazione. Avendo il giudice di merito correttamente applicato tali principi, il ricorso non può che essere rigettato.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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