Va ammesso al passivo il credito per ritardata restituzione dell'immobile locato

Francesco Spina
15 Agosto 2022

La questione giuridica sottesa all'ordinanza della Suprema Corte verte nello stabilire se in caso di protrazione della detenzione del bene da parte della curatela senza alcun di titolo giuridico sussista responsabilità extracontrattuale, quand'anche il verificarsi di siffatta situazione non sia imputabile a dolo o a colpa del curatore.
Massima

La protrazione della detenzione del bene da parte della curatela in carenza di titolo giuridico in relazione ad un contratto di affitto, in quanto non compatibile col pieno godimento del bene medesimo da parte del proprietario è fonte di responsabilità extracontrattuale, quand'anche il verificarsi di siffatta situazione non fosse imputabile a dolo o a colpa del curatore ma dovesse considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa; conseguentemente, il credito risarcitorio del concedente va posto a carico del fallimento e rientra nel novero di quelli di cui all'art. 111, n. 1, l. fall.

Il caso

Il caso in commento riguardava il fallimento di una società per azioni, il quale proponeva ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Napoli.

Il Giudice fallimentare campano, pronunciandosi sull'opposizione allo stato passivo del fallimento di una società a responsabilità limitata in liquidazione, respingeva la sua domanda di ammissione del credito di euro 45.974,51, in prededuzione, vantato a titolo di canoni di affitto di azienda maturati dopo il fallimento di quest'ultima.

Il tribunale riteneva nullo il contratto di affitto per impossibilità dell'oggetto, stante l'inosservanza della normativa in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che aveva condotto alla dichiarazione di inagibilità dell'immobile in cui era esercitata l'attività aziendale e alle sospensioni dell'attività produttiva ivi esercitata.

Continuava il Giudice di merito affermando che il Fallimento conduttore non era responsabile della mancata restituzione dell'azienda affittata a seguito della risoluzione del contratto, atteso che il compendio era stato subaffittato a terzi e che, in tali casi, il sublocatore non aveva diritto alla restituzione del bene da parte del subconduttore, spettando tale diritto unicamente all'originario concedente, il quale, tuttavia, non lo aveva esercitato nei confronti del subconduttore medesimo.

Concludeva il Tribunale di Napoli aggiungendo che, poiché il contratto di affitto e di subaffitto erano stati risolti prima del fallimento della società affittuaria, non vi era stato il subentro del curatore di quest'ultimo nel rapporto contrattuale controverso, né quest'ultimo aveva occupato di fatto il bene, per cui nessun obbligo contrattuale o indennitario poteva sorgere nei suoi confronti.

Il fallimento affidava il ricorso di legittimità a tre differenti motivi.

In particolare con l'ultimo motivo di ricorso il fallimento si doleva della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1256, 1456, 1578, 1591 e 2056 c.c., e l. fall., artt. 92 ss. e art. 111, nonché per omesso esame di fatti decisivi e controversi, in quanto il Tribunale aveva escluso l'ammissione del credito vantato, consistente nei canoni dovuti dalla dichiarazione di fallimento sino alla riconsegna del complesso aziendale affittato, al passivo del fallimento della s.r.l., in prededuzione, in ragione del fatto che il curatore di quest'ultima non era subentrato nel contratto di affitto, risoltosi in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento.

Tale motivo era dichiarato fondato ed in accoglimento dello stesso la Suprema Corte cassava con rinvio il decreto impugnato.

Il fatto che la cessazione degli effetti del contratto di affitto si sia verificata in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento dell'affittuaria non fa venir meno la sussistenza del credito della concedente per i danni da ritardata restituzione del complesso aziendale affittato nella forma dei canoni convenuti e maturati (v. Cass. 18289/2022).

Conseguentemente, il credito risarcitorio del concedente va posto a carico del fallimento e rientra nel novero di quelli di cui all'art. 111, n. 1, l.fall., la cui applicazione deve intendersi non già circoscritta agli effetti dell'attività negoziale della curatela, bensì estesa alle situazioni obbligatorie che di tale connotazione negoziale sono carenti, quali i fatti illeciti riferibili alla curatela stessa e, più in generale, ogni altro atto o fatto idoneo a dar vita ad una obbligazione in conformità all'ordinamento giuridico, purché si pongano in connessione di dipendenza causale dalla procedura concorsuale.

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa al caso in esame verte nello stabilire se in caso di protrazione della detenzione del bene da parte della curatela senza alcun di titolo giuridico e quindi, in quanto non compatibile col pieno godimento del bene medesimo da parte del proprietario, sussista responsabilità extracontrattuale, quand'anche il verificarsi di siffatta situazione non sia imputabile a dolo o a colpa del curatore.

Le conclusioni della Suprema Corte

A detta della Suprema Corte, il fatto che la cessazione degli effetti del contratto di affitto si sia verificata in epoca antecedente alla dichiarazione di fallimento dell'affittuaria non fa venir meno la sussistenza del credito della concedente per i danni da ritardata restituzione del complesso aziendale affittato nella forma dei canoni convenuti e maturati.

La protrazione della detenzione del bene da parte della curatela risulta - coma risultava per il detentore prima del fallimento -, a far data dalla risoluzione consensuale del contratto carente di titolo giuridico e quindi, in quanto non compatibile col pieno godimento del bene medesimo da parte del proprietario, fonte di responsabilità extracontrattuale, quand'anche il verificarsi di siffatta situazione non fosse imputabile a dolo o a colpa del curatore ma dovesse considerarsi dipendente da necessità contingenti o da prevalenti interessi della massa (cfr. Cass. 11 novembre 1998, n. 11379; Cass. 23 aprile 1998, n. 4190).

Conseguentemente, il credito risarcitorio del concedente va posto a carico del fallimento e rientra nel novero di quelli di cui alla l. fall., art. 111, n. 1, la cui applicazione deve intendersi non già circoscritta agli effetti dell'attività negoziale della curatela, bensì estesa alle situazioni obbligatorie che di tale connotazione negoziale sono carenti, quali i fatti illeciti riferibili alla curatela stessa e, più in generale, ogni altro atto o fatto idoneo a dar vita ad una obbligazione in conformità all'ordinamento giuridico, purché si pongano in connessione di dipendenza causale dalla procedura concorsuale.

Stante tutto quanto sopra precisato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso del Fallimento e cassava con rinvio il decreto del Tribunale di Napoli.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.