Composizione negoziata: la soluzione liquidatoria non consente la conferma delle misure protettive

17 Agosto 2022

Il Tribunale di Bergamo ha rimarcato come gli esiti liquidatori delle iniziative prospettate in sede d'istruttoria fossero antitetici rispetto al presupposto su cui si fonda il procedimento di conferma delle misure protettive, ex art. 7, D.L. n. 118/2021.
Massima

Ove in sede d'istruttoria l'imprenditore non sia in grado di dimostrare che la prospettata vendita dell'intero patrimonio sia verosimilmente idonea a ripristinare una situazione di prospettico equilibrio aziendale, le misure protettive non possono essere confermate ex art. 7 D.L. n. 118/2021.

Il caso

Una società depositava presso la Camera di commercio di Bergamo, unitamente alla domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi, richiesta di misure protettive ex art. 6, comma 1, D.L. n. 118/2021, richiedendo poi al Tribunale di Bergamo la conferma delle misure medesime.

Più in particolare, l'istante chiedeva:

i) che fosse inibita la prosecuzione di una procedura esecutiva immobiliare pendente a proprio danno presso il Tribunale di Brescia

ii) che fosse sospesa la provvisoria esecutività di un decreto ingiuntivo emesso nei propri confronti ed oggetto d'opposizione avanti lo stesso foro bergamasco.

A fondamento della richiesta, l'impresa, attiva nel settore immobiliare, deduceva di trovarsi in difficoltà economiche; in un primo momento, prospettava di superare la crisi mediante la riscossione dei crediti commerciali e la locazione di un capannone in corso di riscatto dal leasing.

Successivamente, manifestava l'intendimento di destinare al soddisfacimento dei creditori anche il ricavato della vendita di parte degli immobili, ciò che le avrebbe consentito di perfezionare un (ipotizzabile) accordo a saldo a stralcio con gli istituti di credito, nonché un piano di rateazione dei debiti fiscali.

La società presentava infine un'ultima ipotesi di risanamento fondata sulla vendita dell'intero patrimonio immobiliare, al fine di soddisfare i creditori ipotecari, e sull'impiego della liquidità aziendale, presente e futura, al fine di far fronte ai debiti fiscali.

Il Tribunale di Bergamo, valutata l'inadeguatezza delle soluzioni prospettate in funzione del superamento della crisi, peraltro disattendendo il parere favorevole dell'esperto, negava la conferma delle misure protettive, mandando alla Cancelleria per le comunicazioni di legge.

Le questioni

Il Tribunale di Bergamo, con il provvedimento in commento, ha passato in rassegna le soluzioni prospettate, a più riprese, dalla società al fine di ottenere la conferma delle misure protettive.

In primo luogo, l'ipotesi di pervenire al risanamento aziendale mediante l'utilizzo dei flussi provenienti dall'incasso dei crediti commerciali (canoni di locazione) è stata ritenuta impraticabile dal foro bergamasco.

Infatti, tali risorse, inquadrabili fra l'attivo circolante, non possono essere destinate al servizio del debito consolidato, considerata, nel caso in esame, la rilevante entità sia dei crediti ipotecari, sia dei crediti tributari.

Del resto, gli immobili aziendali concessi in locazione erano gravati da pignoramento ed oggetto di espropriazione nell'ambito dell'azione esecutiva individuale pendente avanti al Tribunale di Brescia.

In mancanza di concrete prospettive di risanamento, la conferma delle misure protettive avrebbe potuto consentire la sospensione degli effetti dell'azione esecutiva, non già - in mancanza di concrete strategie aziendali - il venir meno del vincolo conseguente al pignoramento per effetto del quale i frutti civili degli immobili sono, in realtà, attribuibili ex lege ai creditori ipotecari.

Quanto, poi, alla prospettata dismissione del patrimonio immobiliare, tale soluzione, per quanto ritenuta percorribile dall'esperto, non era accompagnata da alcuna concreta misura/iniziativa funzionale alla prosecuzione dell'attività d'impresa.

La società, sul punto, non aveva in alcun modo provato che tramite la vendita dell'intero patrimonio sarebbe stato possibile acquisire un surplus idoneo “a consentire la ripresa dell'attività caratteristica, conclusione anzi dichiarativamente da escludere se è vero che lo stesso ricorrente (e l'esperto) prospettano un valore di realizzo […] inferiore di oltre la metà rispetto al debito ipotecario”.

Quello che più rileva nella prospettiva della conferma delle misure protettive, secondo il foro bergamasco, è l'assoluta carenza di credibili indicazioni circa iniziative imprenditoriali idonee alla prosecuzione dell'attività: le soluzioni prospettate dalla società istante avevano valenza unicamente liquidatoria.

In questo quadro, il Tribunale di Bergamo ha rimarcato come gli esiti liquidatori delle iniziative prospettate in sede d'istruttoria fossero antitetici rispetto al presupposto su cui si fonda il procedimento di conferma delle misure protettive, ex art. 7, D.L. n. 118/2021.

Quest'ultimo, infatti, ha ad oggetto la valutazione della sussistenza delle condizioni idonee a ritenere che l'imprenditore possa ragionevolmente superare lo stato di squilibrio patrimoniale e/o economico-finanziario,

Ove sia lo stesso debitore a prospettare, quale unico mezzo per il soddisfacimento dei debiti aziendali, l'opzione liquidatoria, le misure protettive non possono essere confermate, mancando ogni “ragionevole possibilità di perseguire l'obiettivo del risanamento e la prosecuzione dell'attività, al cui perseguimento dette misure possono ritenersi meritevoli”.

Osservazioni ed approfondimento

Ai sensi dell'art. 7, comma 1, D.L. n. 118/2021, l'imprenditore che formuli la richiesta di misure protettive chiede al Tribunale competente la conferma ovvero la modifica delle misure medesime nonché, ove occorra, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative.

L'imprenditore, unitamente al ricorso per la conferma delle misure protettive, deve depositare, fra gli altri documenti:

- un piano finanziario redatto secondo un arco temporale non inferiore a sei mesi

- il dettaglio delle iniziative di carattere “industriale” che intenda adottare

- una dichiarazione autocertificata attestante che l'impresa può essere risanata.

I documenti di cui sopra sono volti a consentire all'Autorità giudiziaria di verificare la fondatezza della possibilità per l'imprenditore di superare, nel concreto, la condizione di squilibrio patrimoniale e/o economico-finanziario che l'abbia indotto a dare avvio al percorso di composizione negoziata della crisi.

Nell'ambito dell'istruttoria per la conferma delle misure protettive ex art. 7, comma 3 ss., D.L. n. 118/2021, l'imprenditore deve dar conto della verosimiglianza delle previsioni di buon esito del risanamento, oltreché della stretta funzionalità delle misure rispetto al percorso ristrutturatorio intrapreso (nella prospettiva del “sacrificio” richiesto ai terzi).

Quanto sopra, trova conferma nel comma 6del richiamato art. 7: il giudice che abbia confermato le misure protettive può, in qualunque momento, sentite le parti, revocare le misure, anche abbreviandone la durata, ove le stesse non siano più idonee a soddisfare l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative ovvero quando appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori.

In questo quadro, il provvedimento del foro bergamasco appare condivisibile nella misura in cui la prospettata vendita dell'intero patrimonio sia stata valutata inidonea a ripristinare una situazione di prospettico equilibrio aziendale, considerato che, nel caso concreto, quanto ritraibile dalla cessione dei compendi pignorati - senza alcuna risorsa aggiuntiva da parte dell'imprenditore e/o di terzi. ed in mancanza di diverse, praticabili iniziative “industriali” - non avrebbe consentito ai creditori ipotecari (parte predominante del debito) di acquisire più di quanto gli stessi avrebbero ottenuto proseguendo l'azione individuale.

Ai fini della conferma delle misure protettive non rileva tanto che l'imprenditore abbia prospettato soluzioni tendenzialmente liquidatorie, quanto, piuttosto, che le stesse, ex se, senza dunque alcun piano d'impresa e/o nuove iniziative credibili,non avrebbero prevedibilmente potuto raggiungere la finalità del risanamento della crisi aziendale.

Del resto, lo stesso “test pratico” di cui al documento allegato al decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, prevede, ove il debito da ristrutturare ecceda largamente i flussi da destinare alla sua copertura (indice superiore a 3), unica possibile “via d'uscita” dalla crisi è la cessione aziendale (continuità “indiretta”).

Ma solo ove le risorse realizzabili dalla continuità indiretta siano idonee a supportare l'indebitamento, previo presupposto accordo con i creditori, potrebbe avere buon esito il percorso di risanamento.

La cessione del patrimonio può dunque essere risolutiva solo qualora il debitore sia in grado di perfezionare accordi che consentano la riduzione dell'esposizione in funzione delle risorse ritraibili dall'ipotizzata vendita.

Tornando, per concludere, al provvedimento del foro lombardo, ove la prospettata vendita dell'intero patrimonio aziendale sia valutata inidonea a ripristinare una situazione di prospettico equilibrio aziendale, le misure protettive non possono ottenere conferma ex art. 7, D.L. n. 118/2021.

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 7, comma 1, D.L. n. 118/2021, l'imprenditore che formuli la richiesta di misure protettive chiede al Tribunale competente la conferma ovvero la modifica delle misure medesime nonché, ove occorra, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative.

L'imprenditore, unitamente al ricorso per la conferma delle misure protettive, deve depositare, fra gli altri documenti:

- un piano finanziario redatto secondo un arco temporale non inferiore a sei mesi

- il dettaglio delle iniziative di carattere “industriale” che intenda adottare

- una dichiarazione autocertificata attestante che l'impresa può essere risanata.

I documenti di cui sopra sono volti a consentire all'Autorità giudiziaria di verificare la fondatezza della possibilità per l'imprenditore di superare, nel concreto, la condizione di squilibrio patrimoniale e/o economico-finanziario che l'abbia indotto a dare avvio al percorso di composizione negoziata della crisi.

Nell'ambito dell'istruttoria per la conferma delle misure protettive ex art. 7, comma 3 ss., D.L. n. 118/2021, l'imprenditore deve dar conto della verosimiglianza delle previsioni di buon esito del risanamento, oltreché della stretta funzionalità delle misure rispetto al percorso ristrutturatorio intrapreso (nella prospettiva del “sacrificio” richiesto ai terzi).

Quanto sopra, trova conferma nel comma 6del richiamato art. 7: il giudice che abbia confermato le misure protettive può, in qualunque momento, sentite le parti, revocare le misure, anche abbreviandone la durata, ove le stesse non siano più idonee a soddisfare l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative ovvero quando appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori.

In questo quadro, il provvedimento del foro bergamasco appare condivisibile nella misura in cui la prospettata vendita dell'intero patrimonio sia stata valutata inidonea a ripristinare una situazione di prospettico equilibrio aziendale, considerato che, nel caso concreto, quanto ritraibile dalla cessione dei compendi pignorati - senza alcuna risorsa aggiuntiva da parte dell'imprenditore e/o di terzi. ed in mancanza di diverse, praticabili iniziative “industriali” - non avrebbe consentito ai creditori ipotecari (parte predominante del debito) di acquisire più di quanto gli stessi avrebbero ottenuto proseguendo l'azione individuale.

Ai fini della conferma delle misure protettive non rileva tanto che l'imprenditore abbia prospettato soluzioni tendenzialmente liquidatorie, quanto, piuttosto, che le stesse, ex se, senza dunque alcun piano d'impresa e/o nuove iniziative credibili,non avrebbero prevedibilmente potuto raggiungere la finalità del risanamento della crisi aziendale.

Del resto, lo stesso “test pratico” di cui al documento allegato al decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, prevede, ove il debito da ristrutturare ecceda largamente i flussi da destinare alla sua copertura (indice superiore a 3), unica possibile “via d'uscita” dalla crisi è la cessione aziendale (continuità “indiretta”).

Ma solo ove le risorse realizzabili dalla continuità indiretta siano idonee a supportare l'indebitamento, previo presupposto accordo con i creditori, potrebbe avere buon esito il percorso di risanamento.

La cessione del patrimonio può dunque essere risolutiva solo qualora il debitore sia in grado di perfezionare accordi che consentano la riduzione dell'esposizione in funzione delle risorse ritraibili dall'ipotizzata vendita.

Tornando, per concludere, al provvedimento del foro lombardo, ove la prospettata vendita dell'intero patrimonio aziendale sia valutata inidonea a ripristinare una situazione di prospettico equilibrio aziendale, le misure protettive non possono ottenere conferma ex art. 7, D.L. n. 118/2021.

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