Conseguenze dell'inottemperanza del terzo all'ordine di esibizione

26 Agosto 2022

L'istituto previsto dagli artt. 210 a 213 c.p.c. ha la funzione di realizzare lo svolgimento della fase istruttoria nel modo più completo possibile prevedendo l'acquisizione nel processo di prove altrimenti non reperibili, almeno spontaneamente.
L'ordine di esibizione: profili dell'istituto

L'istituto dell'ordine di esibizione è regolato dagli artt. 210 a 213 c.p.c., nonché dall'art. 118 c.p.c. cui rinvia l'art. 210 c.p.c.

Si tratta di un mezzo di prova particolare in quanto tende ad acquisire al procedimento un documento e, quindi, una prova precostituita, ma tale prova non viene introdotta su base volontaria dell'una o dell'altra parte, sebbene a seguito di ordine del giudice emesso a seguito di richiesta della parte che vi ha interesse la quale non dispone o non può in alcun modo procurarsi il documento e può essere rivolto sia alla controparte che ad un soggetto terzo estraneo al processo, sul presupposto che il destinatario dell'ordine sia in possesso del documento richiesto e/o ne possa disporre.

Tecnicamente si apre un cosiddetto subprocedimento teso all'acquisizione del documento richiesto.

L'istanza deve essere formulata all'interno della fase istruttoria e soffre, pertanto, delle stesse preclusioni cui sono sottoposti gli altri mezzi di prova che, nel rito civile ordinario, si identifica con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. e, inoltre, comportando un ordine da parte del giudice, sarà sottoposta anche alla sua valutazione sulla ammissibilità e rilevanza di quanto richiesto dalla parte che dovrà essere specifico e non generico. Così non sarebbe ammissibile la richiesta di esibizione di tutti i documenti in possesso della controparte (o di un terzo) in relazione ad un dato fatto; ciò, infatti, non permetterebbe il vaglio del giudice sulla ammissibilità e rilevanza di quanto richiesto.

L'ordine di esibizione si può riferire anche a documenti e scritture contabili; anche in questo caso la richiesta dovrà essere specifica e la documentazione utile ai fini decisori.

Così la giurisprudenza secondo la quale: «L'istanza di esibizione degli estratti conto bancari di soggetti mutuanti, proposta al fine di provare, da parte del mutuatario, l'intervenuta estinzione del mutuo, è inammissibile per genericità ove la stessa sia formulata con riferimento ad un certo periodo di tempo senza indicazione di date ed importi versati, giacché l'esigenza di specificità, ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.c., riveste ancor più rilievo allorché si tratti di ordine di esibizione nei confronti delle banche. Infatti, posto che condizione di ammissibilità dell'istanza di esibizione è, ai sensi del combinato disposto degli art. 118 e 210 c.p.c., l'inidoneità a procurare grave danno, la anzidetta richiesta esplorativa determinerebbe, invece, un pregiudizio del diritto alla riservatezza per la divulgazione di notizie estranee alla causa, che gli interessati avrebbero legittimo interesse a mantenere segrete in quanto relative alla propria vita privata.” (Cass. Civ. sez. VI, 23 agosto 2011, n.17602); oppure: “Ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.c. l'istanza di esibizione di un documento deve contenere la specifica indicazione del documento medesimo, al fine di consentire al giudice di valutare la pertinenza del documento e la sua idoneità a provare determinati fatti; difetta di tale requisito di specificità la generica istanza di esibizione di tutti i documenti contabili relativi ad un esercizio finanziario, formulata dalla parte convenuta in una causa di revocazione fallimentare ex art. 67, comma 1, l. fall. al fine di dimostrare l'inesistenza dello stato di insolvenza.” (Cass. Civ. sez. I, 8 settembre 1999, n.9514)».

Presupposti applicativi

Trattandosi di istituto speciale ed eccezionale in ordine alla produzione di prove nell'ambito del processo, deve sottostare a presupposti precisi e vincolanti (come si evince chiaramente dal richiamo all'art. 118 del c.p.c. operato dall'art. 210 c.p.c.).

1) La richiesta di parte

Come accennato nel paragrafo precedente, l'ordine di esibizione non può essere emanato d'ufficio dal giudice, ma richiede un'apposita istanza della parte interessata. La richiesta di parte costituisce requisito indispensabile per l'emanazione dell'ordine di esibizione anche nel rito del lavoro; infatti l'art. 421 c.p.c., al secondo comma, prevede che il giudice possa ammettere in ogni momento mezzi di prova ma non dice affatto che tale ammissione venga disposta d'ufficio, come si esprime anche la giurisprudenza: «La discrezionalità del potere officioso del giudice di ordinare alla parte o ad un terzo, ai sensi degli art. 210 e 421 c.p.c., l'esibizione di un documento sufficientemente individuato, non potendo sopperire all'inerzia delle parti nel dedurre i mezzi istruttori, rimane subordinata alle molteplici condizioni di ammissibilità di cui agli art. 118 e 210 e 94 disp. att. c.p.c. e deve essere supportata da un'idonea motivazione, anche in considerazione del più generale dovere di cui all'art. 111, comma 6, cost., saldandosi tale discrezionalità con il giudizio di necessità dell'acquisizione del documento ai fini della prova di un fatto» (Cass. Civ. sez. II, 20/06/2011, n.13533).

Come per ogni mezzo di prova, abbiamo visto, anche questo soffre delle preclusioni di legge e, pertanto, la richiesta della parte non potrà essere avanzata per la prima volta in appello, essendo sottoposta agli stessi limiti di ammissibilità previsti dall'art. 345, comma 3 c.p.c.; pertanto la richiesta non sarà ammissibile per quei documenti la cui esibizione non sia stata richiesta già nel giudizio di primo grado.

Inoltre, la giurisprudenza prevalente, afferma che «non può essere ordinata l'esibizione in giudizio di un documento di una parte o di un terzo, allorquando l'interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa» (Cass. Civ. 6 ottobre 2005, n. 19475).

2) Il termine della richiesta

La richiesta deve essere formulata entro i termini di preclusione previsti per la produzione delle prove e delle richieste istruttorie in genere che coincide, nel processo di cognizione ordinario, con le seconde memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. o, al più tardi, con le terze memorie del medesimo articolo ove si deduca la prova contraria.

3) La specificità della richiesta

La richiesta della produzione documentale e, di conseguenza, l'ordine di produzione giudiziale, deve riferirsi a documenti specifici dei quali si ritiene l'esistenza: così ad esempio, come sopra anticipato, non potrà riguardare “tutta la documentazione contabile” oppure “tutte le fatture”, ecc. …; infatti, in tal caso, lungi dall'essere una richiesta di un mezzo di prova avrebbe carattere meramente esplorativo.

Ciò è quanto prevede anche l'art. 94, disp. att. c.p.c., amente del quale «la istanza di esibizione di un documento o di una cosa in possesso di una parte o di un terzo deve contenere la specifica indicazione del documento o della cosa e, quando è necessario, l'offerta della prova che la parte o il terzo li possiede».

La specificità presuppone, poi, la effettiva esistenza del documento ed il suo possesso in capo allo specifico destinatario della richiesta, nonché la indicazione del suo contenuto, tutti elementi indispensabili affinché il giudice possa valutarne l'ammissibilità e quindi ordinarne l'esibizione: «L'esibizione di documenti (nella specie, delle dichiarazioni dei redditi del lavoratore successive alla data del licenziamento) non può essere chiesta, ai sensi dell'art. 210 c.p.c., a fini meramente esplorativi, allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e sul suo contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio e ciò in quanto potrebbe determinarsi una protrazione della fase istruttoria priva di qualsiasi utilità, anche per la stessa parte istante, a danno del principio di ragionevole durata del processo» (Cass. Civ. sez. lav., 20 dicembre 2007, n. 26943).

4) Inerenza o indispensabilità

Il mezzo istruttorio richiesto deve essere relativo a documenti o cose indispensabili e necessarie ai fini probatori per quel determinato procedimento e su tale aspetto si dovrà riferire la valutazione del giudice sulla loro ammissibilità ordinandone, o meno, la loro esibizione.

5) Il provvedimento del giudice

Si tratta di ordinanza istruttoria, motivata, emessa ai sensi dell'art. 183, comma 7, c.p.c. come per l'ammissione di tutti gli altri mezzi di prova prodotti o richiesti dalle parti e come tale, sempre modificabile o revocabile ai sensi dell'art. 177 c.p.c.

Nell'ordinanza saranno indicati il tempo, il luogo ed il modo dell'esibizione del documento richiesto: di prassi nel corso di un'apposita udienza (dandosene atto nel relativo verbale) oppure mediante deposito in cancelleria ed inserimento nel fascicolo d'ufficio.

Se il soggetto nei cui confronti è un soggetto terzo l'ordinanza istruttoria di ammissione dovrà essergli notificato a cura della parte richiedente interessata alla produzione documentale.

Inottemperanza della parte (cenni) e inottemperanza del terzo

Abbiamo già accennato, nei paragrafi precedenti, che l'ordine di esibizione non è coercibile da parte del giudice; è, a questo punto, di fondamentale importanza chiedersi quali siano le conseguenze della inottemperanza.

a) Inottemperanza della parte

Prima di affrontare le conseguenze con riferimento al terzo, spendiamo, per completezza, qualche parola sull'inottemperanza della parte in giudizio.

Una prima conseguenza è quella derivante dall'applicazione del disposto dell'art. 116, comma 2, c.p.c., che consente al giudice di valutare il comportamento processuale delle parti, desumendone argomenti di prova; in tal caso la renitenza della parte a produrre il documento ben potrà essere oggetto di valutazione da parte del giudice sul comportamento processuale della parte stessa, certamente non a suo favore.

Così si esprime la giurisprudenza per la quale «l'ordine di esibizione di documenti non è suscettibile di esecuzione coattiva, né per iniziativa del giudice, non esistendo nel c.p.c. disposizioni analoghe a quelle del codice di procedura penale circa il potere di ricercare documenti e cose pertinenti al reato, né ad iniziativa della parte interessata, non costituendo quell'ordinanza titolo esecutivo e non potendo essere quindi attuata con gli strumenti di cui all'art. 605 seg. c.p.c.; il rifiuto dell'esibizione può, pertanto, costituire esclusivamente un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c.» (Cass. Civ. 10 dicembre 2003, n. 18833).

Discende, poi, dall'obbligo di mantenere un contegno teso a lealtà e probità (art. 88 c.p.c.) il dovere della parte di custodire il documento di cui controparte abbia richiesto l'esibizione, almeno fino a che il giudice non si sia pronunciato in merito alla richiesta, di talché la sua distruzione volontaria non potrà essere considerato giusto motivo di diniego della sua produzione: «nel caso in cui, nel corso di un giudizio civile, venga formulata istanza di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c., la parte nei cui confronti tale istanza è formulata è tenuta – in ossequio al dovere di lealtà e probità processuale ex art. 88 c.p.c. e alla stregua del principio di acquisizione della prova – a conservare la relativa documentazione fino a quando il giudice non abbia definitivamente e negativamente provveduto sulla stessa, sicché, ove la documentazione venga distrutta dopo la presentazione dell'istanza e durante il tempo di attesa per la formazione della decisione definitiva sulla stessa, la mancata conservazione è suscettibile di essere valutata come argomento di prova ex art. 116 c.p.c.» (Cass. Civ. sez. lav., 22 dicembre 2014, n. 27231).

Nel caso in cui, poi, la parte intimata non adempia nel termine indicato dal giudice ma produca ugualmente il documento richiesto, seppur in ritardo, la giurisprudenza, ragionando in modo sostanzialistico, ritiene che la produzione, anche tardiva, non impedirà al documento di entrare a far parte del processo: «L'inosservanza del termine ordinatorio per ottemperare all'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. non comporta l'inutilizzabilità a fini probatori della relativa produzione documentale, non potendosi ravvisare alcuna lesione del diritto di difesa della controparte, la quale, al contrario, è favorita dalla possibilità, mediante l'intervento del giudice, di acquisire al processo un documento o un'altra cosa in possesso di un terzo o dell'altra parte, dovendosi ritenere una diversa soluzione irragionevole in quanto consentirebbe alla parte di rendere inutilizzabile per l'accertamento dei fatti proprio quella documentazione, la cui acquisizione al processo sia stata richiesta dalla sua controparte e ritenuta necessaria dal giudice» (Cass. Civ. sez. III, 26 maggio 2014, n. 11671).

Nello stesso senso Tribunale Napoli sez. X, 21/05/2020, n. 3546, per il quale «L'inosservanza del termine ordinatorio per ottemperare all'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. non comporta l'inutilizzabilità a fini probatori della relativa produzione documentale. Non può, infatti, ravvisarsi alcuna lesione del diritto di difesa della controparte, la quale, al contrario, è favorita dalla possibilità, mediante l'intervento del giudice, di acquisire al processo un documento o un'altra cosa in possesso di un terzo o dell'altra parte».

b) Inottemperanza del terzo

Per quanto riguarda il terzo, l'incoercibilità dell'ordine di esibizione del documento non potrà certamente avere effetti processuali a favore o a carico di una delle parti processuali in applicazione dell'art. 116, comma 2, c.p.c.

Neppure potrà utilizzarsi il rimedio di cui all'art. 605 c.p.c. e ss., cioè il procedimento per consegna o rilascio, riferibile a beni mobili o immobili. Infatti, la non coercibilità dell'ordine del giudice ne impedisce, appunto, l'eseguibilità coattiva.

Nemmeno potrà utilizzarsi il disposto dell'ultimo comma dell'art. 118 c.p.c. che prevede l'irrogazione di una pena pecuniaria per il caso di rifiuto ingiustificato del terzo a sottoporsi all'ispezione giudiziale. Infatti il richiamo all'art. 118 c.p.c., operata dall'art. 210 c.p.c. si riferisce ai limiti entro i quali si può emettere l'ordine di esibizione ma non estende la disciplina dell'art. 118 c.p.c. all'ordine di esibizione.

Parrebbe, a questo punto, non esserci alcuna conseguenza sia per il terzo che non ottemperi all'ordine di esibizione del giudice, sia per le parti processuali che nulla hanno a che vedere, almeno processualmente, con il terzo inadempiente.

Un provvedimento di merito, Trib. Reggio Emilia, ord., 27 marzo 2014, ha cercato di sopperire a tale situazione operando una sorta di conversione dell'ordine di esibizione inevaso in ispezione contabile, ove la richiesta di documentazione sia di tal genere: «In caso di inottemperanza del terzo all'ordine di esibizione delle scritture contabili emesso ex art. 2711, comma 2, c.c., il giudice non può trarre argomenti di prova dalla condotta omissiva, ma può esercitare il potere di ispezione previsto dall'art. 118 c.p.c., anche avvalendosi di un consulente per l'accesso alla documentazione e il suo esame».

Il giudice di merito, arriva ad affermare anche, partendo dal presupposto che l'ordinamento non possa tollerare l'inerzia del terzo, ove non siano concretamente disponibili altri mezzi istruttori, che si debba ritenere possibile, in via subordinata, il ricorso a poteri giurisdizionali più intensi, quale quello offerto dall'art. 118 c.p.c.: «rilevato che, difatti, l'art. 118 c.p.c. consente al Giudice di ordinare anche ai terzi “di consentire ... sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti di causa": rientrano certamente nel novero delle “cose” anche i documenti e, specificamente, pure le scritture contabili» (Cass. n. 3260/1997: «Tra le "cose", di cui può chiedersi l'ispezione, rientrano in sé stessi anche i documenti».

Se così è si potrebbe, allora, ritenere che nel quadro generale di interpretazione sistematica delle norme processuali, l'ordine di esibizione ben potrebbe sfociare anche in un provvedimento coercitivo previsto dall'art. 118 c.p.c.

Se non vi sono strumenti previsti a carico del terzo in caso di sua inottemperanza, vi sono, al contrario, norme che lo tutelano.

Si tratta dell'art. 211 c.p.c. per il quale:

«[I]. Quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare l'esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi.

[II]. Il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli.»

Il terzo, pertanto, se non chiamato in giudizio, potrà sempre intervenire volontariamente assumendo, così, la posizione di parte processuale, al fine di contestare l'esistenza delle condizioni legittimanti l'ordine: «Il terzo al quale sia stata ordinata l'esibizione di prove necessarie alla definizione della controversia, qualora intervenga in giudizio ai sensi dell'art. 211 comma 2 c.p.c., per contestare l'esistenza delle condizioni legittimanti detto ordine, assume la posizione di parte in un rapporto processuale inscindibile per ragioni istruttorie; pertanto, ove quel terzo provveda a notificare al procuratore costituito di uno dei contendenti, se pure per finalità esecutive, la sentenza che decide sul merito e sulla legittimità dell'ordine di esibizione, per il destinatario della notificazione decorre il termine breve per proporre appello contro la sentenza medesima anche nei confronti delle altre parti, ai sensi degli art. 285 e 326 c.p.c.» (Cass. Civ. sez. I, 4 ottobre 1977, n.4231).

La richiesta alla P.A. (cenni)

Anche se la norma di riferimento, art. 213 c.p.c., si trova nel medesimo paragrafo dell'art. 210 c.p.c., la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, è istituto diverso.

Infatti, innanzitutto, la richiesta di informazioni può essere disposta dal giudice anche d'ufficio, senza che vi sia un'istanza di parte; inoltre può essere disposta dal giudice in ogni momento anche al di là delle preclusioni istruttorie e non presuppone la indispensabilità del documento richiesto.

Ciò si desume chiaramente da quanto dispone, all'inizio, l'art. 213 c.p.c.: «fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211».

Sul punto Cass. Civ. 24 gennaio 2014, n. 1484, afferma che «l'istanza di esibizione, ex art. 210 c.p.c., si distingue dalla richiesta di informazioni alla P.A., di cui all'art. 213 c.p.c., sia per i presupposti, atteso che solo per la prima è richiesta l'indispensabilità dell'acquisizione del documento e l'iniziativa di parte, sia per la natura, pubblica o privata, del destinatario della richiesta, sia, infine, per l'oggetto in quanto, mentre la richiesta di ordine di esibizione è diretta ad acquisire uno o più specifici documenti, posseduti dall'altra parte o da un terzo, e il cui possesso l'istante dimostri di non essere riuscito diversamente ad acquisire, la richiesta ex art. 213 c.p.c. ha per oggetto informazioni scritte relative ad atti e documenti propri della P.A. e, dunque, istituzionalmente in possesso di quest'ultima».

In conclusione

L'istituto in esame ha la funzione di permettere l'entrata nel processo di un mezzo di prova che, altrimenti, la parte interessata non potrebbe produrre in quanto non in suo possesso o da questa non reperibile.

L'ordine di esibizione, emesso dal giudice, in sede istruttoria, necessità, comunque, di un'istanza della parte interessata non potendo egli ordinare l'esibizione d'ufficio.

La richiesta, poi, deve essere ben circostanziata e tale da permettere al giudice di valutare l'inerenza del documento richiesto ai fini decisori; di conseguenza la domanda non può essere generica ma si deve riferire specificamente ad un determinato documento.

La non coercibilità dell'ordine di esibizione, poi, pone non pochi problemi di ordine processuale. Infatti, se rivolto alla controparte, potrà avere come “sanzione” il libero apprezzamento del giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c.; diversamente ove l'ordine sia rivolto al terzo, la mancata ottemperanza non potrà aver alcuna influenza sulla decisione del giudice, non essendo il terzo parte del processo.

Riferimenti

AA.VV., Codice di procedura civile commentato (a cura P. Cendon), Giuffrè, 2012;

R. Giordano, L'istruzione probatoria nel processo civile, Giuffrè, 2013;

G. Grasselli, L'istruzione probatorio nel processo civile, 2015;

Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006.

Cass. Civ. 27 luglio 2015, n. 15699; Cass. Civ. 24 gennaio 2014, n. 1484; Cass. Civ sez. lav., 12 dicembre 2014, n. 26234; Cass. Civ. sez. lav., 12 dicembre 2014, n. 26234; Cass. Civ. 22 ottobre 2013, n. 1462; Cass. Civ. 25 ottobre 2013, n. 24188; Cass. Civ. 11 giugno 2013, n. 14656; Cass. Civ. sez. lav., 22 gennaio 2013, n. 1462; Cass. Civ. 19 novembre 1994, n. 9839; Cass. Civ. 12 giugno 2012, n. 9522; Cass. Civ. 20 giugno 2011, n. 13533; Cass. Civ. sez. lav., 7 luglio 2011, n. 14968; Cass. Civ. 23 dicembre 2011, n. 28639; Cass. Civ. 29 ottobre 2010, n. 22196; Cass. Civ. sez. lav., 17 marzo 2010, n. 6439; Cass. Civ. sez. lav., 19 maggio 2009, n. 11603; Cass. Civ. 8 settembre 2003, n. 13072; Cass. Civ. sez. lav., 2 settembre 2003, n. 12782; App. Torino, 4 gennaio 2005; Trib. Pescara, 4 ottobre 2007; Trib. Modena, 25 febbraio 2016.

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