Regolamento di giurisdizione: è valida ed efficace la clausola di proroga della giurisdizione contenuta nel regolamento del fondo
29 Agosto 2022
Una società italiana di gestione del risparmio conviene in giudizio innanzi l'Autorità Giudiziaria Ordinaria una società estera quotista e la sua unica socia estera per ottenere quanto corrisposto all'Amministrazione finanziaria a seguito della definizione di pretese tributarie per omesso versamento di ritenute d'acconto su proventi percepiti dal 2008 al 2010.
Nel corso del giudizio civile, la società controllante estera propone regolamento preventivo di giurisdizione, ritenendo carente di giurisdizione il giudice italiano. Nell'ordinanza n. 22835/2022 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermano la giurisdizione del giudice italiano. Nel caso di specie, le contestazioni fiscali riguardano l'interposizione di una società di comodo, finalizzata a garantire alla beneficiaria finale dei proventi la fruizione dell'esenzione dall'applicazione della ritenuta di cui all'art. 7 d.l. n. 351/2001. Sulla base di tali elementi la società controllante estera sostiene che il diritto di rivalsa del sostituto d'imposta azionato in giudizio scaturisce dalla disciplina tributaria e che, per tale ragione, esula dal regolamento del fondo, ove si prevede che «per la soluzione di qualsiasi controversia comunque derivante dall'interpretazione, dall'applicazione e dall'esecuzione di quanto previsto, connesso o discendente dal Regolamento, è esclusivamente competente il Foro di Roma». L'intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione verte sull'ambito applicativo della clausola di proroga della giurisdizione stabilita dal regolamento del fondo.
Il Collegio osserva che la società italiana di gestione del risparmio ha definito le pretese tributarie nella qualità di sostituto d'imposta coobbligato in solido ex art. 35 d.P.R. n. 602/1973 in relazione all'omesso versamento di ritenute e che agisce in via di rivalsa ex art. 64, comma 1, d.P.R. n. 600/1973.
Le Sezioni Unite ritengono tuttavia irrilevante che detti obblighi siano imposti dalla disciplina tributaria, in quanto l'obbligazione adempiuta dalla società italiana di gestione del risparmio trova la propria fonte nella partecipazione al fondo così come disciplinata dal relativo regolamento e dalla clausola di proroga della giurisdizione ivi contenuta (cfr. Cass. civ., sez. unite, n. 7620/2019, secondo cui «appartiene alla giurisdizione del giudice italiano, ai sensi dell'art. 5 della Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale - la quale ha esteso ai paesi membri dell'EFTA la disciplina uniforme in materia contenuta nella Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 per gli Stati membri della CEE e ribadita dalla Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 - la controversia tra una società di diritto svizzero e una società italiana, quale rappresentante fiscale per l'Italia in forza dell'art. 17, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, avente ad oggetto il rimborso delle sanzioni pagate da quest'ultima per l'IVA non assolta, in quanto, ancorché l'obbligazione tributaria adempiuta dal rappresentante sorga dalla legge, quella azionata in giudizio trova la sua fonte nel mandato conferito dalla società estera con il rilascio della procura, cioè in una libera determinazione delle parti, con conseguente applicazione del criterio della “materia contrattuale” - come interpretato dalla Corte di Giustizia UE - di cui alla disposizione speciale dell'art. 5 cit. e non di quello generale del foro del convenuto ex art. 2 della medesima Convenzione”).
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione richiamano il regolamento n. 1215/2012 in materia di competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e, in particolare, l'art. 25, che, con riferimento alla proroga di competenza, dispone quanto segue: “1. Qualora le parti, indipendentemente dal loro domicilio, abbiano convenuto la competenza di un'autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza spetta a questa autorità giurisdizionale o alle autorità giurisdizionali di questo Stato membro, salvo che l'accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. L'accordo attributivo di competenza deve essere: a) concluso per iscritto o provato per iscritto; b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro; o c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale ambito, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato. [...]”.
Il Collegio ritiene che il giudizio de quo scaturisca «da un determinato rapporto giuridico», vale a dire quello derivante dalla partecipazione al fondo, così come delineato dal relativo regolamento e che la clausola di proroga della giurisdizione soddisfi i requisiti formali previsti dall'art. 25 del regolamento dell'Unione Europea. A tale ultimo proposito, le Sezioni Unite richiamano due precedenti arresti della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Nella sentenza del 20 aprile 2016, causa C-366/13, il Giudice del Lussemburgo ha osservato che «nel procedimento principale, la clausola che attribuisce la competenza ai giudici inglesi è inserita nel prospetto, documento redatto dall'emittente del titolo. Dall'ordinanza di rinvio non si evince in maniera dirimente se tale clausola sia stata ripresa, ovvero se sia stato operato un rinvio espresso a essa, nei documenti contrattuali firmati al momento dell'emissione dei titoli sul mercato primario» (§ 28) e che «occorre dunque rispondere a questa prima parte della seconda questione dichiarando che, in caso di inserimento di una clausola attributiva di competenza in un prospetto di emissione di titoli obbligazionari, il requisito della forma scritta stabilito dall'articolo 23, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 risulta soddisfatto soltanto se il contratto firmato dalle parti al momento dell'emissione dei titoli sul mercato primario menziona l'accettazione di tale clausola ovvero contiene un rinvio espresso al suddetto prospetto, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare» (§ 29).
Nella sentenza del 7 luglio 2016, causa C-222/15, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha dichiarato quanto segue: «l'art. 23, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev'essere interpretato nel senso che una clausola attributiva di giurisdizione, come quella oggetto del procedimento principale, che, da un lato, sia stata stipulata nell'ambito delle condizioni generali di contratto del committente, menzionate negli atti contenenti i contratti inter partes e trasmesse all'atto della loro conclusione, e che, dall'altro, designi quali giudici competenti quelli di una città di uno Stato membro, soddisfa i requisiti della disposizione suddetta, relativi al consenso tra le parti ed alla precisione del contenuto di tale clausola».
Applicando tali principi al caso di specie, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermano che la clausola di proroga della giurisdizione è valida efficace e applicabile al giudizio de quo, giacché è pacifico che, nella proposta irrevocabile di acquisto sottoscritta, la società estera quotista ha dichiarato «di aver ottenuto copia ed aver preso visione del Regolamento, che con la presente dichiara di aver compreso e di accettare integralmente [...]».
Fonte: diritto e giustizia |