Clausole statutarie che impongono un "tetto minimo" di possesso delle azioni o delle quote

Francesca Maria Bava
Francesca Maria Bava
30 Agosto 2022

Clausole statutarie di “tetto minimo” di azioni o quote, ex artt. 2355-bis e 2469 c.c.: è questo il tema della Massima n. 202 del Consiglio Notarile di Milano.

La Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 202, esamina la possibilità di inserire nello statuto di s.p.a. e di s.r.l. clausole che prevedono un "tetto minimo" di possesso delle azioni o delle partecipazioni sociali.

Tali clausole sono opposte, ma per certi aspetti affini, a quelle di "tetto massimo", ritenute ammissibili dal Consiglio Notarile di Firenze, Pistoia e Prato (massima n. 13) e dal Consiglio Nazionale del Notariato (quesiti n. 47/2010 e n. 86/2015), ancorché qualificate dal primo come limite alla circolazione che dà diritto al recesso ex art. 2437, comma 2, lett. b) c.c. e dal secondo come limite ai diritti di partecipazione legittimante il recesso ex art. 2437, comma 1, lett. g) c.c.

Il nostro ordinamento disciplina già alcune ipotesi di possesso minimo di azioni come requisito per l'ammissione a socio, come ad esempio all'art. 30, comma 5 bis, TUB, relativamente alle banche popolari, e all'art. 34, comma 4 bis, TUB in relazione alle banche di credito cooperativo.

Parimenti l'art. 17 D.Lgs. n. 175/2016, in tema di società a partecipazione mista pubblico-privata, prevede che la quota di partecipazione del soggetto privato non possa essere inferiore al trenta per cento.

Inoltre, alcune norme relative alle s.p.a. impongono il possesso di un numero minimo di azioni per l'esercizio di alcuni diritti sociali, quali l'art. 2367, comma 1, c.c. (convocazione su richiesta dei soci), l'art. 2377, comma 3, c.c. (impugnazione di delibere annullabili), l'art. 2408, comma 2, c.c. (denunzia di fatti censurabili al collegio sindacale) e l'art. 2409, comma 1, c.c. (denunzia al tribunale per gravi irregolarità).

L'autonomia negoziale e statutaria si riscontra anche nella possibilità di prevedere l'indivisibilità parziale o assoluta delle quote di s.r.l. così come nella fissazione di un valore nominale elevato delle azioni, con cui di fatto si raggiungono gli stessi risultati di un "tetto minimo" al possesso delle partecipazioni.

Secondo la massima in oggetto del Consiglio Notarile di Milano sono senz'altro legittime le clausole di "tetto minimo" che si configurano come limite alla circolazione delle azioni, comportando l'inefficacia del trasferimento nei confronti della società laddove l'acquirente non consegua il possesso minimo o il venditore lo perda.

Diversamente, le clausole di "tetto minimo" configurate come requisito necessario per ottenere la legittimazione all'esercizio dei diritti sociali sono ammissibili se esse hanno ad oggetto solo una parte dei diritti sociali, ossia quelli disponibili dall'autonomia statutaria (ad esempio il diritto di voto, il diritto di intervento in assemblea, il diritto di chiedere la convocazione dell'assemblea ecc.), non potendo invece concernere i diritti patrimoniali essenziali e più in generale lo status socii, stante la mancanza di una valida giustificazione causale e l'incompatibilità con la disciplina societaria.

Tali clausole, nei limiti di quanto esposto, sono introducibili in statuto a maggioranza, ma occorre il consenso dei soci che in tale momento si trovano al di sotto del "tetto minimo" (analogamente a quanto previsto dalla massima n. 99 del medesimo Consiglio in tema di riscatto).

Infine, mentre nelle s.r.l. non sorge alcun diritto di recesso (non rientrando le clausole in oggetto nei casi di cui all'art. 2473 c.c.), nelle s.p.a. tale diritto sussiste ex art. 2437, comma 1, lett. g) c.c. se il "tetto minimo" è collegato alla legittimazione all'esercizio di alcuni diritti sociali ovvero ex art. 2437, comma 2, lett. b) c.c. se invece esso è qualificato come regola di circolazione delle partecipazioni.