La gestione dell'emergenza nei condominii

Maurizio Tarantino
31 Agosto 2022

Chi gestisce l'emergenza in un grattacielo o in un centro commerciale? Quali sono gli obblighi dell'amministratore pro tempore e dei singoli proprietari? Il portiere è l'addetto antincendio? Le risposte a queste domande derivano da scelte legislative che affermano l'autonomia del proprietario, la sua differenza dal datore di lavoro e che ribadiscono la «specialità» del mondo immobiliare nel settore della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il condominio

*Scheda aggiornata da M. Tarantino

Grattacieli, centri commerciali, villaggi, multiproprietà: ovunque vi sia più d'una unità immobiliare appartenente ad almeno due proprietari e che usufruisce di parti comuni, là c'è un condominio. Con un solo proprietario, l'immobile non ha parti comuni e non è in nessun caso qualificabile come condominio, e in questo caso l'eventuale amministratore dei beni immobiliari, che riscuote gli affitti e si occupa della manutenzione, non è equivalente all'amministratore di condominio, che ha compiti molto più ampi e le relative responsabilità.

Detto questo, anche qualora in condominio siano presenti più di otto partecipanti, l'amministratore – pur essendone prevista obbligatoriamente la nomina dal codice civile (art. 1129) – non necessariamente viene nominato in quanto i condomini ben possono decidere di non designarlo (in assemblea) e, al contempo, di non esercitare la facoltà (che spetta autonomamente a ciascun singolo) di chiedere la nomina al giudice. Ne deriva che, ai nostri fini, la presenza dell'amministratore di condominio non può esser considerata come un riferimento certo, peraltro allo stesso modo del portiere o del custode dei quali pure la presenza nell'edificio non è obbligatoria. Quindi, solo i proprietari sono i soggetti, la cui presenza è – giuridicamente e concretamente – «inevitabile», tanto che può dirsi connaturata all'esistenza stessa del condominio.

Questa premessa è necessaria: vedremo che il legislatore, quando si occupa della gestione delle emergenze, mostra di ricordarsi benissimo che esistono figure opzionali in una proprietà immobiliare: se a costoro si affidassero ruoli importantissimi, chi li rivestirebbe quando queste figure sono assenti?

Ambienti di vita e luoghi di lavoro

L'evacuazione di un immobile – per un incendio, un terremoto, alluvione o altro – viene affrontata dal legislatore in un solo caso: nei luoghi di lavoro.

Negli ambienti di vita, cioè dove non si può parlare di luogo di lavoro, non sussiste alcuna legge che obblighi qualcuno a prendersi cura di qualcun altro: i proprietari, gli inquilini di un fabbricato se scoppia un incendio devono mettersi in salvo da sé, senza aspettare che un amministratore o un custode li porti in salvo. Ovviamente nelle parti comuni e nelle singole unità immobiliari devono essere rispettate le leggi vigenti applicabili al caso (sulla prevenzione incendi, sugli impianti tecnologici, le norme tecniche sulle costruzioni, i regolamenti edilizi, ecc.) e le cautele da codice civile; in caso diverso si potrebbero ravvisare responsabilità anche penali per i proprietari e/o l'amministratore. Ma, sia chiaro, fuori dai luoghi di lavoro non si può parlare di gestione delle emergenze e di persone responsabili di far evacuare immobili: non esiste alcuna legge in merito.

Diverso, completamente, è il caso dei luoghi di lavoro, settore in cui dal 1994 compare per la prima volta la «gestione dell'emergenza». Si tratta di «sicurezza sul lavoro» e non di «prevenzione incendi»: può capitare che qualche tecnico faccia confusione sui due diversi settori, ma le norme che illustriamo riguardano esclusivamente la sicurezza sul lavoro.

La gestione delle emergenze nei testi di legge

Il d.lgs. n. 626/1994, agli artt. 4, 12 e 13, introduce la dizione «gestione dell'emergenza»; è con questo decreto che nasce l'obbligo di designazione degli addetti al primo soccorso e all'antincendio, e viene demandato nell'art. 13 a un futuro testo – che sarà poi il d.m. 10 marzo 1998 – la definizione dei criteri per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro. Questo successivo d.m. viene confermato dal d.lgs. n. 81/2008 che ne parla espressamente all'art. 46, dopo aver riaffermato l'obbligo di designazione degli addetti alla gestione dell'emergenza all'art. 18. Si ribadisce: siamo nel campo della sicurezza del lavoro, dove c'è un datore di lavoro e lavoratori da tutelare.

Il d.m. 10 marzo 1998 prevede una serie di obblighi per i datori di lavoro di una azienda: la valutazione dei rischi da incendio (all'interno del documento di valutazione dei rischi - DVR), l'adozione di misure preventive, protettive e precauzionali di esercizio (comprese in alcuni casi le esercitazioni antincendio), da riportare nel piano di emergenza (per alcune casistiche di aziende), la formazione specifica degli addetti alle emergenze designati. Lo stesso d.m. si occupa dell'amministratore di condominio solo al punto 7.4 dell'allegato VII, in cui si legge: «Quando nello stesso edificio esistono più datori di lavoro l'amministratore condominiale promuove la collaborazione tra di essi per la realizzazione delle esercitazioni antincendio». Ci torneremo.

Il d.m. 10 marzo 1998 e il condominio senza dipendenti

Conviene ripeterlo con forza: il condominio senza dipendenti può anche essere soggetto alla prevenzione incendi, ma – senza dipendenti – non è in alcun caso luogo di lavoro e l'amministratore non è datore di lavoro: ergo, la normativa sulla sicurezza sul lavoro non si applica. Infatti il più recente regolamento di prevenzione incendi, il d.P.R. n. 151/2011, prevede precisi obblighi per enti e privati responsabili di attività soggette al regolamento ma non rientranti nella disciplina del d.lgs. n. 81/2008. Il d.m. 10 marzo 1998 era nato come decreto applicativo dell'art. 13 del d.lgs. n. 626/1994 ed è stato confermato dal d.lgs. n. 81/2008, quindi è sicurezza sul lavoro. Senza dipendenti non si applica.

Il condominio con dipendenti

Quali riflessi ha il d.m. 10 marzo 1998 sui condomini con custodi, portieri, dipendenti in genere?

Per rispondere in maniera completa alla domanda bisogna partire dall'inizio, cioè dal d.lgs. n. 626/1994, che all'art. 1, comma 3, limitava l'applicazione dei propri contenuti ai «casi espressamente previsti» per i lavoratori con contratto privato di portierato; i casi espressamente previsti erano solo l'art. 21, comma 2, e l'art. 22, comma 1 (informazione e formazione). Pertanto in regime di «legge 626» il d.m. 10 marzo 1998 non è mai stato applicabile ai comuni dipendenti condominiali.

Il d.lgs. n. 81/2008 all'art. 3, comma 9, ha mantenuto quell'impostazione, limitando l'applicazione per i lavoratori soggetti al CCNL dei proprietari di fabbricati a informazione, formazione, DPI e attrezzature «a norma»: nessun riferimento diretto alla gestione delle emergenze né al d.m. 10 marzo 1998, che rimangono quindi esclusi dagli obblighi a tutela di questa particolare categoria di lavoratori. Addirittura l'art. 36, comma 3, specifica che il datore di lavoro di quei lavoratori non deve indicare il nome degli addetti alle emergenze: evidentemente perché gli addetti alle emergenze nelle proprietà immobiliari non sono richiesti.

Ovviamente, se il contratto collettivo applicato non è quello dei proprietari di fabbricati, il datore di lavoro deve applicare l'intero d.lgs. n. 81/2008 e quindi anche il d.m. 10 marzo 1998.

Chi si occupa degli occupanti?

E allora chi si deve preoccupare di far evacuare fino a luogo sicuro una unità immobiliare, più unità immobiliari, un centro commerciale, un grattacielo?

Questa domanda è rimasta senza una risposta unica fino al 2011, quando un decreto di prevenzione incendi ha cercato almeno di regolamentare i casi più eclatanti. È un fatto che ogni datore di lavoro deve gestire l'emergenza del luogo di lavoro di cui ha disponibilità (l'edificio o il piano o il singolo ufficio, studio, laboratorio), valutando anche la sicurezza e la percorribilità delle parti comuni fino all'uscita in strada o in altro luogo sicuro. In un edificio con più datori di lavoro, tutti i datori di lavoro devono collaborare tra di loro per attuare un coordinamento finalizzato ad una corretta evacuazione dei luoghi, eventualmente anche tramite prove di evacuazione. In questo caso, come detto, l'amministratore «promuove la collaborazione tra di essi per la realizzazione delle esercitazioni antincendio»: un obbligo piuttosto debole, non sanzionato, che non equivale affatto a realizzare o coordinare le esercitazioni antincendio quando anche obbligatorie; una comunicazione scritta potrebbe tranquillamente assolvere alla richiesta del legislatore.

Certamente non esiste alcun obbligo di «piano di emergenza condominiale» e questo vale anche nelle proprietà uniche, dove gli inquilini possono anche essere grosse aziende con decine di addetti: i datori di lavoro devono coordinarsi tra di loro, senza pretendere un ruolo di supervisione o coordinamento da parte della proprietà, che anzi è molto opportuno stia defilata in merito garantendo (impegno già sufficientemente ampio) buona manutenzione agli immobili, prevenzione incendi rispettata e impianti perfettamente funzionanti.

La mancanza di una legislazione specifica ha portato nel 2011 alla nascita di una categoria di immobili soggetti ai controlli di prevenzione incendi, introdotta dal d.P.R. n. 151/2011 (regolamento di prevenzione incendi): si tratta dell'attività n. 73, «Edifici e/o complessi edilizi a uso terziario e/o industriale caratterizzati da promiscuità strutturale e/o dei sistemi delle vie di esodo e/o impiantistica con presenza di persone superiore a 300 unità, ovvero di superficie complessiva superiore a 5.000 m2, indipendentemente dal numero di attività costituenti e dalla relativa diversa titolarità». In questi immobili saranno le pratiche di prevenzione incendi a occuparsi della gestione delle emergenze, magari spingendosi anche a richiedere documenti di coordinamento comuni tra i diversi datori di lavoro, ma certamente non facendo dell'amministratore di condominio un datore di lavoro per il solo fatto di avere un mandato assembleare, pur in assenza di dipendenti.

Il d.P.R. n.151/2011 ha così cercato di riempire questo vuoto legislativo che c'è sempre stato nella proprietà immobiliare, introducendo la citata attività n. 73 ed anche un nuovo obbligo nei confronti dienti e privati responsabili di attività soggette al regolamento ma non rientranti nella disciplina del d.lgs. n. 81/2008. Si tratta dell'obbligo, espressamente previsto all'art. 6 del regolamento, di assicurare una adeguata informazione sui rischi di incendio connessi con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l'insorgere di un incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio. Per la prima volta il legislatore si è occupato di chi esercita attività soggette alla prevenzione incendi senza lavoratori: scorrendo la lista delle ipotesi si nota con evidenza che, senza nominarlo, questo nuovo obbligo è stato pensato espressamente per i condomini.

Le conferme istituzionali

La non applicabilità delle leggi sulla gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro in condominio è stata più volte confermata da documenti istituzionali e di rilevanza giuridica. A partire dal novembre 2003, quando il Ministero dell'Interno risponde all'Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari (ANACI) precisando quanto segue.

Successivamente, il contratto integrativo regionale per dipendenti di fabbricati della regione Piemonte e Valle d'Aosta – firmato nel 2009 dalle principali associazioni datoriali e dai principali sindacati – indica che «saranno promossi corsi di formazione sperimentali per primi interventi e comportamenti del portiere in caso di incendio, affinché possa essere tale esperienza laboratorio significativo per una normazione della materia a livello nazionale, incluso il corrispettivo economico relativo a tale servizio».

E infine nel 2013 la Commissione per gli Interpelli costituita presso il Ministero del Lavoro risponde al Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che aveva chiesto lumi sulla tipologia di formazione da erogare ai lavoratori a domicilio. Nell'interpello n. 13/2013 la Commissione ministeriale precisa che bisogna erogare la formazione di base ma non anche quella specifica per il primo soccorso e antincendio, ai sensi dell'art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 81/2008: stessi articolo e comma applicabili per i dipendenti di proprietari di fabbricati, che godono dello stesso regime dei lavoratori a domicilio.

Le richieste dei consulenti

La sicurezza sul lavoro sta finalmente diffondendosi anche all'interno delle unità immobiliari sedi di uffici, studi, laboratori, officine, luoghi di lavoro in genere. In un edificio con diverse unità immobiliari il processo di valutazione dei rischi di un luogo di lavoro privato – per esempio, gli uffici della società X al piano secondo – porta prima o poi il valutatore, di norma un tecnico consulente esterno, a considerare la necessità di utilizzare come vie di fuga le parti comuni (disimpegni, scale, androni eccetera), percorribili non solo dai lavoratori della singola attività lavorativa ma anche da una moltitudine di altre persone: semplici abitanti, visitatori occasionali, lavoratori in appalto per i servizi comuni, lavoratori delle società Y e Z site nell'edificio, eccetera.

Giunto a questo punto, sempre più spesso il valutatore della società X individua la soluzione dei suoi problemi nell'amministratore del condominio (o nella proprietà immobiliare dell'edificio) e gli chiede perentoriamente:

  1. il piano di emergenza dell'immobile;
  2. il nome dell'addetto alle emergenze;
  3. la portata delle scale comuni;
  4. di installare lampade di emergenza nelle parti comuni;
  5. di adeguare tutte le porte verso l'esterno con maniglioni «antipanico»;
  6. di fornire in copia tutte le documentazioni sulla prevenzione incendi e sulle conformità impiantistiche dell'edificio;
  7. di programmare la prova di evacuazione dell'immobile.

Sulla base di quanto illustrato in precedenza, ecco le risposte da fornire:

  1. Il piano di emergenza dell'immobile? Il d.m. 10 marzo 1998, che regola il piano di emergenza, non è applicabile al condominio, né in presenza di lavoratori soggetti al contratto collettivo dei proprietari di fabbricati, né – ovviamente – in assenza di lavoratori. Quindi il piano di emergenza non è dovuto.
  2. Il nome dell'addetto alle emergenze? La figura non è richiesta dal legislatore in presenza di lavoratori soggetti al contratto collettivo dei proprietari di fabbricati; in assenza di lavoratori condominiali a maggior ragione la figura non è richiesta.
  3. La portata delle scale comuni? Serve una consulenza professionale, la cui onerosità e imputazione economica verrà portata all'attenzione dell'assemblea.
  4. Installare lampade di emergenza nelle parti comuni? Nei condomini sono le normative di prevenzione incendi che obbligano all'installazione – eventuale – di lampade di emergenza nelle parti comuni; altre necessità dei singoli condomini potranno essere opportunamente valutate in assemblea.
  5. Adeguare tutte le porte verso l'esterno con maniglioni «antipanico»? Nei condomini sono le normative di prevenzione incendi che obbligano all'installazione – eventuale – di maniglioni sulle porte; altre necessità dei singoli condomini potranno essere opportunamente valutate in assemblea.
  6. Fornire in copia tutte le documentazioni sulla prevenzione incendi e sulle conformità impiantistiche dell'edificio? Perché no. Quanto meno, fornirle su richiesta al singolo condomino che poi, su sua decisione, le potrà consegnare all'inquilino.
  7. Organizzare la prova di evacuazione? No; è necessario per l'amministrazione/proprietà «promuovere la collaborazione» tra i diversi datori di lavoro i quali, se soggetti all'obbligo, organizzeranno per conto proprio la prova di evacuazione a cui sono eventualmente soggetti.
Applicazioni pratiche

Negli immobili soggetti alla prevenzione incendi, le norme relative vanno rispettate alla lettera e dove i controlli di prevenzione incendi non ci sono, è necessario usare il buon senso: troppe autorimesse borderline quando non fuorilegge, troppi box privati usati dai singoli condomini come magazzino, troppe scale ingombre di piante o arredi, troppa cartellonistica contraddittoria o assente, troppa pericolosa approssimazione.

Le scale comuni sono via di fuga

Segnaletica contraddittoria

Evoluzione legislativa

Per comprendere quanto faticosa sia la normazione nel settore condominiale è interessante esaminare l'iter di emanazione del decreto del Ministero dell'Interno 3 agosto 2015, Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi», tramite stralci del testo di legge.

«Art. 2 (Campo di applicazione)

1. Le norme tecniche di cui all'articolo 1 si possono applicare alla progettazione, alla realizzazione e all'esercizio delle attività di cui all'allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, individuate con i numeri: 9; 14; da 27 a 40; da 42 a 47; da 50 a 54; 56; 57; 63; 64;70; 75, limitatamente ai depositi di mezzi rotabili e ai locali adibiti al ricovero di natanti e aeromobili; 76.

2. Le norme tecniche di cui all'articolo 1 si possono applicare alle attività di cui al comma 1 di nuova realizzazione ovvero a quelle esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (...)»

Va innanzitutto evidenziato come le attività:

  • n. 74 (centrali termiche)
  • 75(autorimesse di superficie > 300 mq)
  • 77 (edifici civili con altezza antincendio > 24m)

non sono presenti nell'elenco: pertanto per queste attività, le classiche attività condominiali, le norme tecniche non si applicano e nulla cambia rispetto al passato. Infatti alle attività non comprese al comma 1 (il cui elenco esclude le attività condominiali) non è possibile l'applicazione delle norme. Quanto sopra disinnesca qualunque tipo di timore su eventuali compiti per gli amministratori, perché nella formulazione delle varie bozze del decreto qualche timore era assolutamente lecito, proprio in materia di gestione delle emergenze. Esaminiamo qualche passaggio, pur sapendo che risvolti per gli amministratori condominiali in quanto titolari di attività di prevenzione incendi non ce ne sono e non ce ne possono essere; sono invece possibili condominii con singoli condomini che esercitano attività soggette alle norme tecniche del d.m. 3 agosto 2015: pertanto, quali compiti per l'amministratore?

Testo superato, tratto dalla bozza datata aprile 2014

Testo superato, tratto dalla bozza datata dicembre 2014

Testo di legge tratto dalla G.U. del 20 agosto 2015

Nella formulazione di legge, non troppo diversa dalla seconda versione in bozza, non vi è alcun riferimento all'amministratore di condominio, che invece era pericolosamente, quanto approssimativamente, presente nella prima bozza riportata. Di conseguenza ai sensi di legge non esiste alcun automatica attribuzione del ruolo di «coordinatore di sito» o di «pianificatore di sito» all'amministratore di un condominio con presenza di singoli condomini che gestiscono attività di prevenzione incendi soggette al d.m. 3 agosto 2015. Titolari di obblighi non possono che essere gli stessi titolari di attività di prevenzione incendi.

Il capitolo sulle gestione delle emergenze tratta anche delle attività non lavorative.

Testo di legge tratto dalla G.U. del 20 agosto 2015

Il testo riportato afferma che deve esistere una gestione della sicurezza antincendio durante l'emergenza dell'attività, anche se non lavorativa. Per attività si intende una delle casistiche espressamente elencate dal citato art. 2, comma 1, che, si ripete, non comprendono le più usuali attività di prevenzione incendi condominiali (centrali termiche, autorimesse, edifici alti). Pertanto questa richiesta, opportunamente, non appare applicabile al mondo condominiale: come si potrebbe infatti, in un condominio privo di dipendenti, o con dipendente malato o in ferie o fuori orario, garantire una gestione dell'emergenza come prevista per edifici alti, autorimesse o centrali termiche? Non si potrebbe, ed infatti il legislatore non lo chiede.

I nuovi decreti: il superamento del d.m. 10 marzo 1998

Il Legislatore, con tre distinti provvedimenti, ha provveduto con nuove norme al superamento definitivo del d.m. 10 marzo 1998, “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro”.

In primis, abbiamo il Decreto 1° settembre 2021 (Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio), che entrerà in vigore il 25 settembre 2022. L'allegato I specifica, infatti, che il datore di lavoro è tenuto a predisporre tale strumento, all'interno del quale andranno annotati "i controlli periodici e gli interventi di manutenzione su impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, secondo le cadenze temporali indicate da disposizioni, norme e specifiche tecniche pertinenti, nazionali o internazionali, nonché dal manuale d'uso e manutenzione". Risulterà quindi importante, a tal fine, per il controllo e la manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio presenti all'interno del condominio, affidarsi a ditte o imprese che abbiano al loro interno personale dotato dell'attestato di Tecnico manutentore qualificato.

Con un secondo Decreto del Ministero dell'Interno del 2 settembre 2021 (prevenzione e protezione antincendio) sono stati disciplinati i criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio. Gli aspetti rilevanti del decreto in esame riguardano la gestione sicurezza antincendio in esercizio ed emergenza, informazione e formazione lavoratori e addetti, designazione degli addetti, requisiti dei docenti.

Infine, con un terzo Decreto del Ministero dell'Interno 3 settembre 2021 (luoghi di lavoro, progettazione sicurezza antincendio) il Legislatore stabilisce i criteri generali atti ad individuare le misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi, nonché' le misure precauzionali di esercizio

La nuova normativa antincendio 2022

La normativa antincendio ha subìto diverse modifiche nel corso di questi anni. Difatti, per gli edifici di civile abitazione, quindi per il condominio, è in vigore la nuova normativa antincendio (sostitutiva della precedente) prevista dal Decreto n. 30/2019 e dal D.M. 24 novembre 2021.

Con la nuova normativa sono state stabilite misure differenziate per grado in base all'altezza degli edifici con altezza compresa tra 12 e 24 metri; da 24 fino a 54 metri; tra i 54 e gli 80 metri e per gli edifici che superano gli 80 metri. A causa dello stato di emergenza, infatti, la nuova normativa antincendio è slittata dapprima dal 6 maggio 2020 al 7 ottobre 2021 e infine al 30 giugno 2022. Dunque, il termine ultimo per eseguire gli adeguamenti previsti dalla nuova normativa antincendio in condominio è il 30 giugno 2022. Entro questa data gli amministratori di condominio devono realizzare le misure preventive previste, purché l'altezza dell'edificio superi i 12 metri.

Questo adempimento serve ad attestare le condizioni di sicurezza antincendio nonché il corretto adempimento degli obblighi di manutenzione. Ai fini dei suddetti adeguamenti, i condomini devono affidarsi alle società qualificate. Quest'ultime dovranno offrire un servizio tenendo conto del sopralluogo, della relazione e degli elaborati della gestione emergenze. Ad esempio:

- i comportamenti corretti sia in caso di emergenza che di prevenzione quotidiana mediante avvisi in bacheca (nelle parti dove sono ben visibili) o comunicazioni via email (edifici con altezza compresa tra 12 e 24 metri);

- la pianificazione della fuga in caso di emergenza, da affiggere in bacheca e comunicare ai condomini. Inoltre è obbligatoria la valutazione del rischio di incendio da parte di ditte specializzate, da aggiornare in caso di modifiche strutturali all'edificio come lavori di isolamento termico e acustico delle facciate (per gli edifici da 24 fino a 54 metri);

- oltre agli adempimenti del livello precedente, è obbligatorio installare impianti di segnalazione manuale e di allarme incendio di tipo ottico e acustico (per gli edifici tra i 54 e gli 80 metri);

- sono obbligatorie tutte le misure previste per gli altri edifici in aggiunta ad altri adempimenti gestionali in caso di emergenza. In particolare, in questo caso, secondo i tecnici in materia, sussiste la nomina Responsabile della Gsa (anche lo stesso amministratore); la nomina Coordinatore dell'emergenza (con attestato di idoneità tecnica – rischio elevato); Impianto Evac; Individuazione Centro di gestione delle emergenze (locale dedicato con planimetrie, schemi impianti, centrale EVAC, centrale controllo impianti, ecc.) (per gli edifici che superano gli 80 metri).

Oltre alla citata normativa, si precisa che in G.U. n. 83 dell'8 aprile 2022 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell'Interno del 30 marzo 2022, recante «Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per le chiusure d'ambito degli edifici civili, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139», le quali andranno a sostituirsi alle corrispondenti regole tecniche contenute nell'allegato 1 al Decreto del Ministro dell'interno del 3 agosto 2015. Le nuove regole tecniche di prevenzione incendi per le chiusure d'ambito degli edifici civili si sostituiscono alle precedenti e sono in vigore dal 7 luglio 2022. Nello specifico, il documento contiene regole di natura giuridica e tecnica che perseguono i seguenti obiettivi di sicurezza antincendio:

- limitare la probabilità di propagazione di un incendio originato all'interno o all'esterno di un edificio;

- evitare o comunque limitare la caduta di parti della chiusura d'ambito dell'edificio in caso di incendio in grado di pregiudicare l'esodo degli occupanti o l'operatività delle squadre di soccorso.

Gli edifici, sui quali applicare la nuova RTV (regola tecnica verticale), sono quelli civili: strutture sanitarie; scolastiche; alberghiere; commerciali; uffici; residenziali. La RTV definisce al suo interno: Campo di applicazione; Definizioni; Classificazione; Strategie antincendio; Reazione al fuoco; Resistenza al fuoco e compartimentazione; Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio, ecc.

Infine, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 2022, n. 125 il Decreto del Ministro dell'Interno del 19 maggio 2022 inerente alla regola tecnica verticale di prevenzione incendi per gli edifici di civile abitazione, secondo il Codice di prevenzione incendi.

La normativa è entrata in vigore il 29 giugno 2022 e riguarderà gli edifici di altezza superiore ai 24 metri. Tra i vari aspetti, il presente decreto offre lo spunto argomentativo sulla pianificazione dell'emergenza e del controllo di gestione dell'emergenza. In particolare, in generale, viene precisato che:

- nella definizione della strategia, devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri in esse definiti, fermo restando le indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO;

- in riferimento alla gestione della sicurezza antincendio è necessario individuare un responsabile dell'attività che organizza la GSA tramite: adozione e verifica periodica delle misure antincendio; mantenimento in efficienza dei sistemi, dispositivi, attrezzature e delle altre misure antincendio adottate, effettuando verifiche di controllo ed interventi di manutenzione, riportandone gli esiti in un registro dei controlli; predisposizione, verifica ed aggiornamento periodico della pianificazione d'emergenza; apposizione di segnaletica di sicurezza (es. divieti, avvertimenti, evacuazione ecc.); informazione agli occupanti sulle misure antincendio preventive da osservare e sulle procedure di emergenza da adottare in caso d'incendio, anche tramite invio telematico o pubblicazione, nelle aree comuni dell'edificio, di sintetiche schede informative, comprensibili a tutti gli occupanti, riportanti: divieti e precauzioni da osservare; numeri telefonici per l'attivazione dei servizi di emergenza; istruzioni per garantire l'allarme e l'esodo in caso d'incendio.

Le responsabilità dell'amministratore

L'amministratore del condominio è titolare di un obbligo di garanzia quanto alla conservazione delle parti comuni dell'edificio condominiale, giusta l'inequivoco disposto dell'articolo 1130, n. 4, del codice civile, onde, laddove non si attivi, può ravvisarsi la sua responsabilità ex articolo 40, comma 2, c.p., che stabilisce che «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo»; con la precisazione che l'obbligo di attivarsi a carico dell'amministratore non deriva da alcuna specifica autorizzazione dei condomini, giacché l'articolo 1130, n. 4, del codice civile gli pone come dovere proprio del suo ufficio quello di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, prescindendo, anzi, dal fatto che si tratti di atti cautelativi e urgenti e prescindendo, altresì, dal fatto che la situazione di pericolo derivi da beni di terzi e non di pertinenza del condominio (Cass. pen., sez. IV, 13 ottobre 2009, n. 39959. Nella specie, trattavasi di un pericolo di incendio riconducibile al difetto di installazione di una canna fumaria non appartenente al condominio, bensì a terzi). Difatti, secondo il ragionamento dei giudici, la responsabilità penale dell'amministratore di condominio ha natura omissiva, traendo origine dalla violazione dell'obbligo di compiere tutti gli atti idonei a tutelare i diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. L'accertamento in concreto della colpevolezza postula sia l'individuazione precisa del comportamento in concreto esigibile in relazione alla sua posizione di garanzia che la sussistenza del nesso causale tra omissione ed evento lesivo. Oltre a ciò, si osserva che Il Decreto Ministeriale del 25 gennaio 2019, che modifica e integra il Decreto 16 maggio 1987, n. 246, concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione, identifica tra l'altro l'amministratore di condominio come il «responsabile dell'attività» volta a pianificare azioni e comportamenti corretti dei condòmini da mettere in pratica in presenza di un incendio. Ciò significa che, in caso di incendio in condominio, oltre alla responsabilità contrattuale dell'amministratore, originata dal rapporto di mandato di cui all'articolo 1710 c.c., e alla responsabilità extracontrattuale da atto illecito, fondata sull'articolo 2043 c.c., si potrebbe ragionare anche di responsabilità penale dello stesso amministratore, per azioni e omissioni.

In sintesi, tutto ruota intorno al fatto che l'amministratore di condominio, in qualità di mandatario dei condòmini, deve eseguire il mandato conferitogli dall'assemblea condominiale, con la diligenza del buon padre di famiglia, così come previsto dall'art. 1710 c.c. e cioè con quella diligenza che è legittimo attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza ed accortezza (Cass. civ., sez. II, 9 agosto 1990, n. 8099). Quindi la diligenza media rappresenta il parametro attraverso il quale va verificato l'operato dell'amministratore, per valutare se la sua condotta sia o meno dovuta in termini di rispetto delle obbligazioni alle quali è tenuto (Cass. civ., sez. VI, 20 ottobre 2017, n. 24920). Pertanto, l'amministratore, in quanto garante del fabbricato condominiale, può incorrere in profili di responsabilità penali e civili, che spesso si collegano nell'ambito della stessa vicenda.

Riferimenti

Vitali, Tarantino La prevenzione incendi nel condominio in condominioelocazione.it, 1° giugno 2022;

Mario Di Nicola, I nuovi procedimenti di prevenzione incendi dopo il D.M. 20/12/2012, Maggioli, 2017;

Simone Cappelletti, Tecnica e pratica della prevenzione incendi, Legislazione Tecnica, Roma, 2017;

Nicola Mordà, Antonio C. Pallone, Paola Boati, La sicurezza e la gestione tecnica del condominio, Maggioli, 2015;

Cristoforo Moretti, Millescale 1999-2014 – Archivio storico sulla sicurezza dei lavoratori nel condominio, ANACI Milano, 2014;

Cristoforo Moretti, Sicurezza sul lavoro nel condominio, Boopen, 2011;

Giulio Benedetti, Condominio e sicurezza, Maggioli 2006.

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