Protezione internazionale: valutazione della credibilità «estrinseca» del richiedente
02 Settembre 2022
La corte di cassazione, nella sentenza in esame, si è pronunciata sul ricorso per cassazione promosso da un richiedente asilo avverso la decisione della Commissione territoriale che aveva respinto la sua domanda di protezione internazionale, per l'inattendibilità del racconto di quanto avvenuto.
Il ricorrente denunciava, per quanto rileva, un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione dei fatti persecutori, rispetto ai quali non era stato ritenuto «intrinsecamente credibile» da parte del giudice di merito. In particolare, era dovere della Corte d'appello, attraverso l'utilizzo dei poteri istruttori officiosi, acquisire informazioni sul Paese d'origine del richiedente, ed accertare se le autorità Pakistane fossero effettivamente in grado di offrire protezione al richiedente.
In proposito, la Corte precisa che «nei casi in cui il ricorrente lamenti un difetto di cooperazione istruttoria con riferimento all'allegazione di fatti persecutori o a un rischio di danno grave «individualizzato» di cui all'art. 14, lett. a) e b), del d.lgs. 251/2007, a proposito del quale il richiedente asilo non è stato ritenuto intrinsecamente credibile dal Giudice del merito, il motivo di ricorso è inammissibile se non investe e non supera la predetta valutazione di non «credibilità intrinseca».
Diversamente occorre ragionare per la c.d. «credibilità estrinseca», che può essere correttamente valutata solo rapportando il racconto del richiedente, intrinsecamente solido e non contraddittorio o incongruente, con la realtà sociale, culturale o religiosa dell'ambiente di riferimento, operazione possibile solo acquisendo preventivamente idonee informazioni.
Un esempio: se il ricorrente sostiene di esser fuggito dalle minacce persecutorie di una setta segreta o di un cult, se il racconto non è creduto dal giudice perché il richiedente si è contraddetto sulla datazione dei fatti, o ha raccontato diverse versioni, o se il suo narrato non si regge logicamente, è del tutto inutile acquisire informazioni sull'operato della setta in questione: frustra probatur quod probatum non relevat. Diversamente, se il giudice dubita delle finalità o delle modalità operative della setta, o delle tecniche o degli ambienti di reclutamento, allora l'acquisizione delle COI appare necessaria e indispensabile.
In conclusione, i giudici danno continuità ai principi già condivisibilmente espressi (Cass. n. 24575/2020; Cass. n. 6738/2021), secondo cui, in materia di protezione internazionale, una volta esclusa la credibilità intrinseca della narrazione offerta dal richiedente asilo alla luce di riscontrate contraddizioni, lacune e incongruenze, non deve procedersi al controllo della credibilità estrinseca - che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito - poiché tale controllo assolverebbe alla funzione meramente teorica di accreditare la mera possibilità astratta di eventi non provati riferiti in modo assolutamente non convincente dal richiedente. |