«Blocco» delle procedure esecutive: nuova decisione della Corte costituzionale

Redazione scientifica
05 Settembre 2022

La Corte costituzionale si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici dell'esecuzione del Tribunale di Cosenza e di Napoli, aventi ad oggetto l'art. 117, comma 4 d.l. 34/2020, conv. in l. 77/2020, come modificato dall'art. 3, comma 8 del d.l. 183/2020, convertito in l. 21/2021.

I giudizi a quibus riguardavano procedure espropriative in danno di enti sanitari, sospese per effetto del “blocco” delle procedure esecutive disposto dalla norma censurata fino al 31 dicembre 2020 e prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall'art. 3, comma 8, d.l. 183/2020.

Per il tramite di una motivazione di integrale richiamo ad altra ordinanza di rimessione (n. 82/2021), il Tribunale di Cosenza e di Napoli ipotizzavano che l'improcedibilità avrebbe leso il diritto alla tutela giurisdizionale dei creditori procedenti e, nel contempo, alterato la parità delle parti nel processo esecutivo.

Il Tribunale di Cosenza denunciava altresì la sopravvenienza dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g), del d.l. 146/2021, conv. nella l. 215/2021, che aveva stabilito un nuovo “blocco” delle esecuzioni nei confronti degli enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, con durata fino al 31 dicembre 2025.

Preliminarmente i giudici costituzionali richiamano la sentenza n. 236/2021 con cui la Corte, definendo la rimessione di cui all'ord. n. 82/2021 richiamata dai giudici a quibus, aveva dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., la proroga al 31 dicembre 2021, e ritenuto non fondate le questioni sollevate, in riferimento ai medesimi parametri, rispetto alla disposizione originaria, osservando che la misura del “blocco” delle procedure esecutive «[c]ostituzionalmente tollerabile ab origine era divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco».

Secondo i giudici, dunque, la declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 236/2021, implica che le questioni sollevate, se pur riferite alla proroga di cui all'art. 3, comma 8, del d.l. 183/2020, come convertito, vadano dichiarate manifestamente inammissibili, essendo sopravvenuta la carenza del relativo oggetto. A proposito delle censure sollevate nei riguardi della disposizione originaria, antecedente alla proroga, gli odierni rimettenti non portano argomenti nuovi rispetto a quelli giudicati non fondati dalla sentenza n. 236/2021, sicché, per la Corte, tali censure devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Infine, viene giudicata non meritevole di accoglimento la richiesta avanzata dalle parti affinché – previa eventuale auto-rimessione di questa Corte – sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g), del d.l. 146/2021, come convertito. Si tratta, infatti, di un “blocco” delle esecuzioni soggettivamente circoscritto rispetto a quello oggetto delle censure in scrutinio, giacché riferito soltanto agli enti sanitari della Regione Calabria. Soprattutto, ne è differente la ratio, la quale infatti non concerne le esigenze generali di programmazione dei saldi durante l'emergenza pandemica, ma esigenze specifiche connesse all'attuazione del piano di rientro dei disavanzi sanitari della Regione Calabria.

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