Indennità di volo integrativa: inclusione ai fini del calcolo della retribuzione nel periodo minimo feriale di quattro settimane
05 Settembre 2022
Massima
È nullo l'art. 10 del CCNL Trasporto Aereo - Sezione per il Personale Navigante Tecnico limitatamente alla parte in cui, per il periodo minimo di ferie di quattro settimane, esclude dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale, la componente retributiva costituita dall'indennità di volo integrativa.”. Il caso
Un primo ufficiale di una nota compagnia aerea si lamentava in giudizio che la retribuzione dei giorni di ferie e dei giorni di addestramento fosse inferiore e peggiorativa rispetto alla media della retribuzione ordinaria in ragione del fatto che, per la sua liquidazione, non si era tenuto conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo oraria, indennità di volo ristrutturazione e di indennità di volo integrativa.
La domanda giudiziale rendeva necessaria una decisione di accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dell'accordo collettivo di riferimento.
Il Tribunale, pronunciando ex art. 420 bis c.p.c., affermava che le clausole collettive del CCNL Trasporto Aereo escludenti l'indennità di volo integrativa dalla base di computo della retribuzione corrisposta per tutto il periodo di ferie dovevano ritenersi sostituite di diritto dalle norme imperative che impongono una retribuzione spettante i lavoratori in tutti i giorni in cui godono di ferie di egual misura rispetto a quella ordinaria, ricompresa quindi anche l'indennità di volo integrativa.
Il ragionamento del primo giudice poteva essere così sintetizzato: a) l'indennità di volo era divisa in due componenti: l'indennità di volo integrativa, che aveva lo scopo di compensare l'effettivo numero di ore di volo effettuate dai Piloti e dai Comandanti e l'indennità di volo minima garantita, attribuita invece in misura fissa sulla base della anzianità di servizio; b) entrambe le componenti avevano natura retributiva e l'indennità di volo integrativa incideva in modo significativo sul complesso della retribuzione mensile; c) il D. Lgs. n. 185 del 2005, all'art. 4, imponeva di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea e giustappunto la Corte di Giustizia con sentenza del 15.9.2011 resa nella causa C-155/10 aveva affermato il principio per cui la pienezza del diritto al godimento delle ferie passava attraverso la remunerazioni delle ferie in maniera tale da garantire al lavoratore condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa; d) tale conclusione non andava limitata unicamente al periodo di ferie minimo riconosciuto dalla legge ma andava esteso a tutti i giorni di ferie in virtù dell'art. 36 Cost.
La compagnia aerea, di fronte a tale pronuncia, non aveva che da proporre ricorso per cassazione terminato con la sentenza in commento. La questione
Ci si chiede se possano essere previste, in particolar modo per il personale di volo, determinate clausole contrattuali volte ad escludere dalla base di calcolo della retribuzione dei giorni di ferie l'indennità di volo integrativa, rendendo di fatto la retribuzione delle ferie non paragonabile a quella dei periodi di lavoro ordinari. Le soluzioni giuridiche
I lavoratori dipendenti hanno un diritto irrinunciabile ad un periodo annuale di ferie retribuite e ciò per reintegrare le energie psico-fisiche e dedicarsi alla vita familiare, sociale e, in genere, extralavorativa (cfr. art. 36, comma 3 Cost; art. 2109 c.c.).
Il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una sua disciplina sia nel diritto interno (art. 36 Cost., comma 3 “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”; art. 2109, comma 2, c.c. “Ha anche diritto, dopo un anno d'ininterrotto servizio, ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, [dalle norme corporative,] dagli usi o secondo equità.”) che in quello dell'Unione europea (art. 7 della direttiva 2003/88/CE “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.”).
La legge fissa il limite di durata minima delle ferie in quattro settimane per un anno di servizio (art. 10 D. Lgs. 66/2003), equivalenti, nel caso di fruizione consecutiva, a 28 giorni di calendario (Circ. Min. Lav. 3 marzo 2005 n. 8), derogabile in senso migliorativo dai contratti collettivi.
Durante il periodo di fruizione delle ferie permane in capo al datore di lavoro l'ordinaria obbligazione retributiva. Anche se è bene subito precisare che la mancata inclusione di tutte le voci della retribuzione corrisposte durante il periodo di attività nella retribuzione feriale non si pone in contrasto con il principio dell'art. 36 Cost., il quale non risponde al criterio della "onnicomprensività" ma demanda alla fonte contrattuale la garanzia di un trattamento "sufficiente", verificabile di volta in volta dal giudice (Cass. n. 1823 del 2004; Cass. n. 16510/2002).
Orbene, quando la retribuzione percepita dal lavoratore è composta di diversi elementi, per determinare l'importo cui ha diritto il lavoratore durante le ferie annuali, è necessario svolgere un'analisi specifica delle singole voci retributive. Come detto, ancorché nel nostro ordinamento la retribuzione durante il periodo feriale sia garantita da norma costituzionale (art. 36 Cost.) oltre che da norma codicistica (art. 2109 c.c.), tali fonti legali non contengono alcuna previsione sulla determinazione e sui criteri di computo della retribuzione stessa.
Proprio poiché non vige un principio generale di onnicomprensività della retribuzione, ai fini del calcolo di quanto dovuto nel periodo feriale, è utile e necessario fare riferimento ai contratti collettivi di volta in volta applicabili e, nel rispetto di questi, al patto individuale.
Generalmente sono compresi nella retribuzione feriale gli elementi tipici della paga, quali i minimi tabellari i superminimi individuali e collettivi, gli scatti di anzianità e i compensi con carattere ricorrente, mentre sono esclusi quelli di natura occasionale.
Sul precipuo argomento delle ferie per il personale di volo di una compagnia di trasporto aereo, il più volte citato contratto collettivo di riferimento, all'art. 10 stabilisce che: “Il Personale Navigante-Tecnico ha diritto a ferie annuali nella misura di trenta giorni di calendario. Il predetto numero si incrementa di un giorno ogni cinque anni di servizio, sino ad un massimo di 5 giorni aggiuntivi. Le ferie assorbono nel periodo di godimento le festività e i riposi mensili nella ragione di 1 (un) giorno di riposo ogni 3 (tre) giorni di ferie. Durante il periodo di ferie la Società corrisponde al Personale Navigante Tecnico la retribuzione composta da stipendio e indennità di volo minima garantita. Nel rispetto della normativa vigente le ferie saranno assegnate dall'Azienda tenendo conto delle disponibilità e compatibilità aziendali e degli accordi in sede aziendale".
In sostanza, il contratto collettivo prevede che, oltre allo stipendio ordinario, venga riconosciuta l'indennità di volo minima garantita, attribuita in misura fissa sulla base della anzianità di servizio ma non l'indennità di volo integrativa, avente lo scopo di compensare l'effettivo numero di ore di volo effettuate.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, esprime un giudizio di nullità proprio del detto art. 10 del CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il personale Navigante-tecnico nella parte in cui, limitatamente al periodo minimo di ferie di quattro settimane, esclude dalla base del computo della retribuzione la componente retributiva costituita dall'indennità di volo integrativa, perché tale disposizione sarebbe in contrasto con la norma imperativa di cui al D.Lgs. n. 185 del 2005, art. 4, che, interpretata alla luce del diritto europeo, impone di riconoscere al lavoratore una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa.
A tale conclusione, la Corte di Cassazione giunge partendo dal noto e indiscusso presupposto che le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE abbiano efficacia vincolante, diretta e prevalente sull'ordinamento nazionale e, pertanto, proprio in virtù di ciò, sarebbe del tutto errato discostarsi dalla recentissima sentenza della CGUE del 13.1.2022, resa nella causa C-514/20 (DS c/ Koch) che ha affermato principi generali sul diritto alle ferie annuali retribuite riproduttivi delle statuizioni della sentenza della stessa CGUE del 15 settembre 2011, causa C-155/10, relativa proprio ai piloti di volo (Williams e altri c. British Airways plc).
Il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88, in particolare dal già citato art. 7, paragrafo 1.
Da qui la Corte di Giustizia ha affermato che il diritto alle ferie annuali ha una duplice finalità, ossia consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall'altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione (cfr. CGUE del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca SpA, C-762/18 e C37/19, EU:C:2020:504, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).
Ne consegue che gli incentivi a rinunciare al congedo di riposo o a sollecitare i lavoratori a rinunciarvi sono incompatibili con gli obiettivi del diritto alle ferie annuali retribuite, legati segnatamente alla necessità di garantire al lavoratore il beneficio di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute.
Per tale motivo, l'ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto. Infatti, quando la retribuzione versata a titolo di ferie annuali è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe una diminuzione della sua retribuzione (CGUE del 13 dicembre 2018, Hein, C-385/17, EU:C:2018:1018, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).
Questo discorso vale per il periodo minimo di ferie garantito di quattro settimane. Per i giorni eccedenti tale periodo, non regolato dal diritto dell'Unione, si precisa che spetta agli Stati membri determinare il riconoscimento della retribuzione (sentenza CGUE 3.5.2012, Neidel C337/10, punto 36; sentenza CGUE 20.7.2016, Hans Maschek, C-341/15, punto 39). Osservazioni
Dalla disamina della giurisprudenza e legislazione comunitaria si può concludere nel senso di riconoscere l'indiscussa esistenza di una nozione europea di "retribuzione" dovuta al lavoratore durante il periodo di ferie annuali, fissata dall'art. 7 della direttiva 88/2003, come interpretato dalla Corte di Giustizia, e che comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. 17 maggio 2019, n. 13425).
Il diritto alle ferie annuali retribuite è quindi un principio essenziale del diritto dell'Unione europea e, in quanto tale, dotato di natura imperativa, comprensivo del diritto alle ferie annuali retribuite e del diritto, intrinsecamente collegato al primo, ad una indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Detto questo, la specifica struttura della retribuzione di un lavoratore ricade poi nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto dei singoli Stati membri sempre, comunque, secondo le linee guida date e rappresentate dal diritto del lavoratore di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all'esercizio del suo lavoro. “Da cui il principio di diritto per cui un pilota di linea, durante le sue ferie annuali, ha diritto non solo al mantenimento del suo stipendio di base, bensì anche, da un lato, a tutti gli elementi intrinsecamente connessi all'espletamento delle mansioni che gli incombono in forza del suo contratto di lavoro e che sono compensati tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della sua retribuzione complessiva e, dall'altro, a tutti gli elementi collegati allo status personale e professionale del pilota di linea.” (cfr. Trib. Bari sez. lav., 09/12/2021).
In tale contesto, come ben rilevato dalla Corte di Cassazione in esame, il peso determinato dal nostro art. 10 del CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il personale Navigante-tecnico avrebbe potuto rappresentare un incentivo a non fruire delle ferie, quindi, in contrasto con i principi Euro-unitari volti ad evitare qualsiasi prassi o omissione che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali del lavoratore.
Le parti sociali, nel redigere la suddetta norma collettiva, avrebbero ben potuto tenere in conto i principi e gli orientamenti che si erano già da tempo espressi e consolidati in materia, ed evitare così quella che poi sarebbe stata la declaratoria di nullità della Suprema Corte. |