Mancato rispetto dell'obbligo vaccinale anti-Covid per il personale sanitario. Revoca della sospensione e assegnazione di mansioni compatibili

Marianna Russo
05 Settembre 2022

Si commenta la sentenza riguardante l'impugnazione del provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione emanato nei confronti di un'operatrice sanitaria che non si è sottoposta al vaccino anti-Covid, in violazione di quanto previsto dall'art. 4 d.l. n. 44/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 76/2021.
Massima

Una lettura costituzionalmente orientata induce a ritenere che non in tutti i casi la prestazione degli operatori di interesse sanitario è vietata, ma solo laddove quest'ultima inciderebbe sulla salute pubblica e su adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza.

Il caso

La vicenda in commento concerne l'impugnazione del provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione emanato nei confronti di un'operatrice sanitaria che non si è sottoposta al vaccino anti-Covid, in violazione di quanto previsto dall'art. 4 d.l. n. 44/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 76/2021.

Anche se i fatti di causa presentano forti analogie con casi simili (v. ad es., Trib. Roma 8 dicembre 2021, in M. Russo, Personale sanitario non vaccinato e mansioni alternative, in IlGiuslavorista), l'esito del procedimento è completamente diverso, in quanto il Tribunale di Velletri, alla luce delle argomentazioni di seguito analizzate, revoca il provvedimento di sospensione impugnato e ordina alla parte convenuta di affidare alla ricorrente lo svolgimento di compiti compatibili, con obbligo della corresponsione della retribuzione fino all'individuazione di tali mansioni e condanna al pagamento delle spese di lite.

Le questioni

Le questioni sottoposte al vaglio del Tribunale di Velletri sono sostanzialmente quelle che hanno interessato numerosi giudici nel corso dell'ultimo anno, a causa dell'elevato contenzioso in materia di obbligo vaccinale anti-Covid per gli operatori sanitari, in considerazione dell'imposizione introdotta con l'art. 4 d.l. n. 44/2021.

In particolare, la pronuncia si incentra non soltanto sul bilanciamento – costituzionalmente rilevante – tra la salute pubblica e i diritti della persona, ma anche sul contemperamento tra i diritti della persona che lavora (“dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio e anche obiezione di coscienza) e l'interesse del datore di lavoro pubblico (trattandosi, nel caso di specie, di ASL), “di assicurare, esercitando una certa discrezionalità, la buona amministrazione”.

Le soluzioni giuridiche

Secondo il Tribunale di Velletri, una lettura costituzionalmente orientata dell'obbligo introdotto dall'art. 4 d.l. n. 44/2021 “induce a ritenere che non in tutti i casi la prestazione degli operatori di interesse sanitario non vaccinati è vietata, ma solo laddove quest'ultima inciderebbe sulla salute pubblica e su adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”.

Di conseguenza, “se la prestazione […] non si traduce in un effettivo rischio specifico e superiore rispetto a quello che corre qualunque lavoratore di altri settori pubblici o privati, l'obbligo e la sospensione non si giustificano nell'ottica di un necessario bilanciamento costituzionale degli interessi”.

Anzi, secondo il giudice, “si tradurrebbe in una indebita discriminazione tra operatori di interesse sanitario e operatori di altri settori”, anche perché, pur nell'ambito sanitario, sarebbe possibile svolgere compiti meramente amministrativi, “senza specifica esposizione nei confronti di soggetti potenzialmente fragili”.

Anzi, le mansioni amministrative potrebbero essere effettuate in modalità agile, come raccomandato dal legislatore per assicurare il distanziamento e il minor rischio di contagio.

Nel caso di specie, il Tribunale di Velletri ravvisa la concreta possibilità per l'ASL datrice di lavoro di assegnare alla ricorrente compiti amministrativi, magari anche in modalità agile, considerato che conta nel suo organico migliaia di dipendenti e “che sicuramente avrà mediamente scoperture di organico e, comunque, assenze per malattia, aspettativa, ferie”.

Per cui, a fronte dell'“immane mole di lavoro da effettuare specie in periodi di allarme sanitario”, non si può ritenere “non proficuamente utilizzabile una prestazione anche amministrativa della ricorrente” e, al riguardo, non risulta sufficiente il parere negativo sulla possibilità di ricollocazione espresso da una commissione interna dell'ASL.

Osservazioni

In realtà, le argomentazioni esposte nella pronuncia in commento appaiono più supposizioni – “si tratta di un'azienda con migliaia di dipendenti, non può non essere in grado di ricollocare la netta minoranza non vaccinata” – che vere e proprie dimostrazioni giuridiche.

Inoltre, a legislazione invariata, appare eccessivamente gravoso addossare al datore di lavoro l'onere di un vero e proprio repechage: “parte resistente non ha mostrato qual è l'organico e quali le coperture dell'organico di diritto nell'ultimo anno, quale incidenza hanno avuto le assenze per le più svariate ragioni e si vedano quante forze lavoro in media sono effettivamente mancate nell'anno e poi si potrà dimostrare che la prestazione in compiti amministrativi protetti sia superflua e gravemente nociva al buon andamento”.

Al riguardo, si fa presente che la novella di cui al d.l. n. 172/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 3/2022, ha espunto dall'art. 4 d.l. n. 44/2021 la possibilità del ricollocamento per gli operatori sanitari non vaccinati e appare poco convincente la motivazione addotta dal Tribunale di Velletri, che, cioè, tale previsione sia “superflua”, in quanto “nel diritto del lavoro trattasi di principio generale ben conosciuto ed applicabile al di là di una previsione espressa”.

Se davvero così fosse, non si spiegherebbe perché, al comma 7 del citato art. 4, la possibilità del ricollocamento sia prevista per coloro che – in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate – non si siano potuti vaccinare o abbiano dovuto differire la vaccinazione.

Contrariamente a quanto ravvisato nella pronuncia, una differente disciplina per le due ipotesi non configura una “discriminazione”, perché le situazioni sono oggettivamente diverse: in un caso vi è l'impossibilità di sottoporsi alla vaccinazione per gravi e documentate ragioni di salute; nell'altro caso vi è il rifiuto – ingiustificato – del vaccino anti-Covid, che, ai sensi del comma 1 dell'art. 4, “costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative” degli operatori sanitari.

Le argomentazioni della pronuncia e la soluzione a cui conducono risultano, perciò, poco convincenti sia perché poco aderenti al dettato normativo, sia perché eccessivamente invasive dell'ambito di discrezionalità in capo al datore di lavoro, pubblico o privato che sia, nell'organizzazione delle prestazioni di lavoro.

Minimi riferimenti bibliografici

S. Apa, Obbligo vaccinale anti-Covid al vaglio della Corte di Giustizia dell'Unione europea, in IlGiuslavorista, 28 febbraio 2022;

E. Gragnoli, L'epidemia, la vaccinazione, il rifiuto e l'ultimo provvedimento normativo, in Lav. dir. eur., 2021, n. 2;

G. Guarini, Rifiuto del vaccino anti Covid 19 e conseguenze giuridiche per il personale sanitario nelle recenti sentenze di Verona e Modena, in IlGiuslavorista, 4 agosto 2021;

P. Pascucci, SARS-CoV-2 e obbligo dei lavoratori di vaccinarsi, in Lav. dir. eur., 2021, n. 3;

P. Patrizio, Obbligo vaccinale sui luoghi di lavoro, tra impossibilità di imposizione del trattamento sanitario e necessità di contrastare la diffusione del virus, in IlGiuslavorista, 6 ottobre 2021;

C. Pisani, Il vaccino per gli operatori sanitari obbligatorio per legge è requisito essenziale per la prestazione, in Lav. dir. eur., 2021, n. 2;

M. Russo, Per “riveder le stelle” serve la ricerca giuslavoristica? Riflessioni sul lavoro tra vaccini anti-Covid e green pass, in Lav. dir. eur., 2021, n. 4;

M. Russo, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE sull'obbligo vaccinale anti-Covid per il personale sanitario, in IlGiuslavorista, 26 luglio 2022.

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