E' nullo l'atto processuale sottoscritto dall'avvocato domiciliatario sfornito di procura alle liti

Francesco Bartolini
06 Settembre 2022

La pronuncia ha confermato l'orientamento interpretativo per il quale l'indicazione di un domiciliatario non comporta il conferimento della rappresentanza processuale e non autorizza il medesimo a svolgere valida attività professionale nell'interesse del mandante. 
Massima

Ogni atto processuale, espressione di attività difensiva e in relazione al quale la controparte ha diritto di contraddire, deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura, per poter essere riferito alla parte in giudizio. La nullità conseguente al compimento dell'atto ad opera di avvocato non munito di procura può essere sanata a condizione che la ratifica ad opera del procuratore sia effettuata entro il termine di preclusione trascorso il quale essa è tardiva (fattispecie in tema di memoria di replica sottoscritta da avvocato domiciliatario sfornito di procura alle liti).

Il caso

I giudici di primo e di secondo grado respinsero l'eccezione di parte attrice, poi appellante, avente ad oggetto l'asserita nullità della memoria (depositata ai sensi dell'art. 183, comma 6, n. 2) con la quale il difensore della controparte aveva indicato i mezzi probatori da assumere nel giudizio. L'eccezione era fondata sul difetto della procura difensiva in capo all'avvocato sottoscrittore della memoria, privo di mandato alla lite e mero domiciliatario del difensore nominato dalla parte. In proposito si affermava che, in quanto dedotta da soggetto privo di un titolo processuale valido, la prova poi assunta doveva essere dichiarata nulla, con i conseguenti effetti sulla pronuncia, da ritenere emanata in assenza di supporti probatori. A queste argomentazioni i giudici di merito hanno opposto la tassatività del numero degli atti processuali per i quali è richiesta la sottoscrizione del difensore tecnico: tra i quali non è espressamente compresa la memoria di replica e di indicazione di mezzi istruttori. L'atto denunciato come affetto da nullità, inoltre, era stato ratificato dal difensore cui era stata rilasciata la procura.

La questione

Con il ricorso si è chiesto alla Corte di cassazione di pronunciare in ordine alla validità di un atto processuale sottoscritto dal solo difensore domiciliatario non munito di procura alle liti ma poi ratificato dal procuratore della parte. La questione è riferita ad un preciso atto difensivo: la memoria da depositarsi nel termine assegnato dal giudice istruttore per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall'altra parte, per proporre le eccezioni conseguenziali e per l'indicazione dei mezzi di prova.

Le soluzioni giuridiche

Nessun dubbio può sussistere con riferimento specifico alla natura giuridica della memoria istruttoria, vero e proprio atto del processo inteso a circoscrivere il thema probandum. Essa non è iscrivibile nella categoria dei meri adempimenti amministrativi bensì in quella degli atti processuali tipici, rispetto ai quali la controparte ha diritto di contraddire. Pertanto, ha affermato la Corte, si deve assumere che la memoria costituisca un atto di parte e, come tale, sia imputabile alla parte del processo quando essa è sottoscritta da un difensore regolarmente nominato, essendo questi l'unico soggetto abilitato a disporre dei diritti processuali da esercitare. Ne segue che, proprio perché la difesa processuale presuppone il conferimento di un potere al rappresentante della parte che l'ha nominato, l'ordinamento non ammette difese provenienti da un difensore privo di delega (salvo ipotesi eccezionali). Come si desume dalle disposizioni dettate dagli artt. 83 e 84 c.p.c. è sempre necessario che un atto processuale sia compiuto dal difensore nominato dalla parte.

Per quanto poi riguarda la asserita sanatoria per intervenuta ratifica dell'atto compiuto dal domiciliatario, ad opera del dominus, la Corte ha osservato che l'approvazione successiva era intervenuta tardivamente, dopo che erano maturate ormai le preclusioni processuali. Il sistema di decadenze, caratterizzato dalla perfetta sequenzialità degli oneri assertivi, contestativi e probatori previsti dall'art. 183, comma 6, è inteso non solo a tutela della parte ma anche dell'interesse pubblico alla celerità dei tempi del processo, con conseguente rilevabilità d'ufficio delle relative inosservanze. L'atto processuale nullo, si è concluso, può raggiungere il suo scopo solamente ove la ratifica intervenga entro il termine processuale di volta in volta indicato dalla norma di riferimento. Nella vicenda di specie la nullità della memoria difensiva era stata tempestivamente denunciata con la memoria immediatamente successiva (art. 183, comma 6, n. 3) per tal modo facendo maturare la preclusione ad ogni attività di ratifica e di sanatoria.

Il ricorso è stato accolto con rinvio alla corte d'appello in diversa composizione.

Osservazioni

A fronte dell'eccezione di nullità dell'atto deduttivo di mezzi istruttori, controparte ha opposto il dettato dell'art. 125 c.p.c. che, sotto la rubrica “Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte” indica quali atti del processo debbono recare la firma del difensore tecnico. Dalle disposizioni contenute in questa norma, secondo l'assunto difensivo, si desume la sussistenza di un numero chiuso di atti di tal genere entro il quale non sono comprese le memorie di cui all'art. 183 e, più in generale, quanto non configura una citazione, un ricorso, una comparsa, il controricorso e il precetto: atti da intendere come indicati dall'art. 125 in modo tassativo per la loro natura di esercizio di una azione processuale.

L'argomentazione così proposta è indubbiamente suggestiva e ha dalla sua il testo normativo, se inteso nelle sue espressioni letterali. Per di più, un elemento a favore del numerus clausus sarebbe desumibile dall'unica eccezione consentita, che confermerebbe la regola: la procura alle liti può essere conferita in data posteriore alla notificazione dell'atto (notificazione dunque chiesta da chi non è ancora procuratore e non ha ancora potuto sottoscrivere l'atto in tale qualità) purchè prima della costituzione in giudizio della parte rappresentata. Ne segue, si sosteneva, che occorre in ogni altro caso la sottoscrizione del procuratore: ma soltanto e pur sempre per gli atti processuali specificamente elencati nel ricordato art. 125.

In difetto di pronunce richiamabili sul punto, la parte che resisteva all'eccezione ha indicato casi altrimenti decisi dai quali trarre argomenti a favore della propria tesi. Essa ha citato la giurisprudenza in tema di difensore non legittimato a rappresentare la parte nel distretto giudiziario entro il quale si svolge il procedimento, che ciononostante sottoscriva atti del processo (in alcune fattispecie decise, l'atto di appello). In tali casi si era esclusa la nullità assoluta e insanabile quando era risultato che la procura era stata rilasciata ad altro difensore territorialmente competente che poi aveva in effetti partecipato al processo. La Corte ha evidenziato la differenza tra la situazione addotta quale termine di confronto e la fattispecie condotta al suo esame: differenza alla quale ha assegnato valore decisivo.

Nell'ipotesi del difetto di legittimità per ragioni di territorio sussiste pur sempre la riconducibilità dell'atto a un difensore munito di procura al quale difetta unicamente un requisito legato all'esercizio localizzato delle sue funzioni professionali. Nell'altra ipotesi, quella oggetto di ricorso, il difensore domiciliatario era sfornito del titolo, unico e necessario, per riferire l'atto compiuto alla parte, rappresentata da altro difensore. Le due fattispecie sono l'una contraria all'altra e conducono a conclusioni difformi e opposte.

Analoghe considerazioni sono state svolte con riferimento ad una ulteriore argomentazione che la Corte ha smentito. La parte che contrastava l'eccezione di nullità aveva ricondotto la fattispecie oggetto di causa - nella quale l'atto è presentato da un professionista privo della procura alle liti e domiciliatario del procuratore della parte - e quella in cui il difensore munito di procura omette di firmare l'atto che deposita. Si è osservato in contrario che anche in questo caso va rilevata una decisiva differenza. Nella prima delle due situazioni manca pur sempre la procura necessaria a riferire l'atto alla parte processuale, circostanza per la quale l'atto compiuto non ha i requisiti formali indispensabili al raggiungimento del suo scopo in quanto non ne è possibile l'imputazione sostanziale alla parte che sta in giudizio per il tramite del difensore nominato.

La pronuncia ha confermato l'orientamento interpretativo per il quale l'indicazione di un domiciliatario non comporta il conferimento della rappresentanza processuale e non autorizza il medesimo a svolgere valida attività professionale nell'interesse del mandante, non potendosi ritenere che il domiciliatario riceva un implicito conferimento di mandato congiunto per il fatto che nel mandato è stato incluso anche il nome dell'avvocato domiciliatario. Ne è seguita l'affermazione della regola per cui un atto processuale può essere considerato atto di una delle parti del processo unicamente quando è sottoscritto dal difensore cui la parte ha conferito il mandato.

Rimaneva da risolvere il quesito relativo al presunto numero chiuso degli atti per i quali è richiesta la sottoscrizione del difensore preventivamente munito di procura. Ma, una volta escluso che una memoria di replica ed istruttoria possa essere considerata un mero comportamento o un adempimento burocratico (quale può essere la redazione della nota di iscrizione a ruolo: Cass. sez. III, n. 9874/2005), era necessario affermare che per essa occorre la sottoscrizione del difensore munito di procura.

Nella vicenda oggetto di giudizio la ratifica ad opera del difensore mandatario è stata dichiarata inefficace in quanto avvenuta dopo che l'eccezione di nullità era stata tempestivamente proposta e quindi in momento nel quale ormai la sanatoria era preclusa.

La pronuncia della Suprema Corte non può non essere condivisa. Una conferma della correttezza del principio da essa affermato può essere desunta dal disposto dell'art. 84 c.p.c. secondo cui il difensore per mezzo del quale la parte sta in giudizio può compiere nell'interesse della stessa tutti gli atti del processo che dalla legge non siano espressamente riservati alla parte. La disposizione fa del difensore munito di procura il naturale autore dei singoli atti del processo imputabili all'interesse della parte. E ovviamente è autore di quegli atti chi li sottoscrive. La legge ammette eccezioni: ma queste, appunto, sono deroghe consentite nei limiti entro i quali la legge le consente.

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