Prime note sulla riforma della giurisdizione tributaria

Mario Cavallaro
06 Settembre 2022

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 dell'1 settembre 2022 della legge 31 agosto 2022, n. 130, intitolata alle “Disposizioni in materia di giustizia e di processo tributari”, destinata ad entrare in vigore secondo le regole ordinarie il 16 settembre 2022, si compie uno dei più confusi procedimenti di formazione di una nuova giurisdizione, perché di questo si tratta, a cui lo stato post costituzionale abbia posto mano, all'asserito grido dell'”Europa lo vuole”, che non risulta nella realtà essere mai stato profferito dalle parti di Bruxelles.

Come noto, i problemi erano iniziati già nella fase della formazione tecnica e prepolitica della legge: la commissione incaricata di produrre una bozza di provvedimento ordinamentale non era riuscita a trovare un accordo su un testo convergente, esitando due distinte ipotesi di lavoro, il che poi è servito al legislatore a proporre un ircocervo istituzionale di assai dubbia costituzionalità.

Colpisce, in primo luogo, che sia stata istituita una giurisdizione speciale con caratteristiche innovative rispetto a quella precedente – e quindi non più protetta dalla asserita applicazione delle disposizioni transitorie di mera attuazione del disposto precostituzionale.

Infatti, si è trattato di istituire una vera e propria nuova giurisdizione, caratterizzata da un reclutamento concorsuale di merito, da un organico e da un accesso autonomo, dalle caratteristiche assai originali per trattarsi di magistratura; infatti, il concorso non è circoscritto, come quelli di tutte le altre giurisdizioni, ai soli laureati magistrali in giurisprudenza (segnaliamo che già solo il tema delle equipollenze fra lauree, che la norma affaccia, potrà suscitare controversie, se è vero che in sede di primo accesso alla magistratura onoraria dei giudici di pace si presentarono... laureati in scienze coloniali!).

Concorrono alla giurisdizione, in modalità controverse e già oggetto di contestazioni fra gli attuali giudici tributari, come noto miscela ormai più che paritaria di magistrati togati e non professionisti, anche coloro che provengono dal ruolo attuale dei giudici tributari; il tempo e le modalità attuative si incaricheranno di rispondere alle numerose domande che sorgono in ordine alla lunghissima fase temporanea che la riforma consegna, praticamente senza al momento disposizioni transitorie certe e di rango normativo, soprattutto alle attività di organizzazione del consiglio di presidenza della giustizia tributaria (e della Corte di Cassazione e del CSM, stante l'istituzione ex lege di una nuova sezione del Giudice di legittimità).

Se possibile rafforzato il rapporto con il MEF della giurisdizione, che ne era piuttosto una delle debolezze costituzionali, introdotto il giudizio monocratico per le controversie minori fino a tre mila euro, introdotta anche la prova testimoniale, il cui pressoché nullo esito nel giudizio amministrativo ed il divieto, del resto prevedibile, di celebrarla sulle questioni oggetto di verbalizzazioni dei pubblici ufficiali la rendono prognosticamente priva di rilievo anche nel nuovo processo tributario.

Al mostruoso arretrato, tutto - come noto ai tecnici - concentrato presso la Corte di Cassazione, si da la ricordata risposta della istituzione per legge di una sezione specializzata della Suprema Corte, via percorsa senza l'approfondimento che la questione avrebbe forse meritato, che potrebbe comportare la non peregrina rivendicazione della costituzione ex lege di altre sezioni specializzate della Suprema Corte o di una concettualmente insidiosa trasformazione generale del giudice di legittimità in giudice specializzato e di una speciale rottamazione per il contenzioso pendente, che è forse il preludio di una generalizzata fase di deflazione dei giudizi pendenti anche nel merito e soprattutto, si spera, dell'ampliamento dell'area della compliance anche attraverso la mediazione e la soluzione pregiudiziale dei conflitti.

Largo spazio alla ricerca di una formazione specializzata dei giudici tributari che solo i profani e i ricercatori di notizie ad effetto ignoravano essere già in avanzata fase di organizzazione da ormai alcuni anni.

Molto insidiosa l'enfasi sulla formazione di una banca dati – massimario che costituisce un evidente tentativo, animato da tempo soprattutto dal MEF, di ridurre la giurisdizione su binari di prevedibilità iterativa che sostanzialmente cercano di introdurre nel nostro sistema, ispirato formalmente a principi diametralmente opposti, il principio di derivazione anglosassone del rispetto del precedente.

La più avvertita dottrina sta ora accorgendosi quanto la finalità apparentemente positiva della omogeneizzazione dei giudizi e di una loro prevedibilità e celerità cozzi non solo con il principio teorico della autonomia ed indipendenza della magistratura, ma anche con lo spazio ed il ruolo del difensore nel processo -segnatamente in quello tributario - a cui la riforma non ha dedicato una sola riga, dovendosi pertanto presumere che ad un processo tanto professionalizzato il legislatore abbia ritenuto del tutto adeguata, almeno allo stato, una qualità della difesa improbabilmente affidata a decine di disparate categorie di soggetti.

La sensazione ora sempre più diffusa, nel diradarsi delle nebbie del PNRR che ne sarebbe stata la motivazione, è che si tratta di una scommessa tutta ancora da giocare, il cui esito dipenderà da una lunghissima inevitabile fase transitoria, in cui si ridurrà anche alla stessa misura delle altre giurisdizioni, settant'anni, l'età dei giudici, mentre sostanzialmente inalterato resta - a riprova di una sua sostanziale complessiva adeguatezza - l'impianto del processo.

Quanto sarà appetibile per le giovani generazioni più attrezzate culturalmente l'accesso ad una magistratura così selettivo rispetto a quello delle altre giurisdizioni è ancora tutto da accertare, così come è da verificare, nel quadro di una visione unitaria del sistema giurisdizionale e della regolazione dei conflitti, quanto ad essa sia funzionale una misura che oggettivamente ne realizza una ulteriore scomposizione, senza spezzare quel legame con l'autorità impositiva che della giurisdizione tributaria era stato segnalato come un forte limite.

Come in molti altri campi, e specialmente in quello della giustizia, in Italia le riforme non si fanno mai se non come atti d'impulso e con motivazioni e risultati non sempre funzionali allo scopo enunciato.

L'infinita teoria di rabberci al processo penale è lì a dimostrarlo. Al momento, non c'è nulla che evidenzi una violazione a questa non aurea regola.

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