Il deposito telematico degli atti processuali nel Codice della Crisi d’Impresa

08 Settembre 2022

Il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, che da ultimo ha modificato il Codice della crisi d'impresa, ha apportato molte novità in tema di deposito telematico sia per le nuove procedure introdotte dal codice stesso sia per le procedure già previste dalla legge fallimentare, che sono state rimodulate in alcuni aspetti. A far da cornice a questi nuovi assetti procedurali vi è poi il tema della obbligatorietà di trasmissione telematica di tutti i depositi relativi a dette procedure.
Il quadro normativo

Il 1° luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, con il quale si è provveduto al recepimento della direttiva UE n. 1023/2019 e ad una profonda riforma del codice della crisi d'impresa.

La novella legislativa, e la conseguente entrata in vigore dell'intero codice, secondo quanto previsto dall'art. 389, comma 1, CCI, ha portato novità rilevanti anche in tema di deposito telematico, essendo divenuto pienamente applicabile l'art. 16-bis, comma 4-bis, del decreto legge n. 179/2012, ai sensi del quale “nei procedimenti giudiziali diretti all'apertura delle procedure concorsuali, in ogni grado di giudizio, gli atti dei difensori e degli ausiliari del giudice, nonché i documenti sono depositati esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Si applica il secondo periodo del comma 4. Per il ricorso per cassazione, la disposizione acquista efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall'entrata in vigore del codice della crisi di impresa”.

Dal 15 luglio, prescindendo da leggi transitorie di carattere emergenziale, vige pertanto un obbligo generalizzato di deposito telematico a carico di avvocati e ausiliari del giudice per quanto concerne gli atti diretti all'apertura delle (molteplici) procedure concorsuali previste dal codice, nonché per i così detti “atti endoprocedimentali”.

Il deposito telematico nella composizione negoziata della crisi d'impresa

Il tema del deposito telematico assume connotati particolari nel contesto della composizione negoziata della crisi d'impresa.

Come visto in precedenza, infatti, l'obbligo codificato dal comma 4-bis dell'art. 16-bis del d.l. 179 del 2012 riguarda i procedimenti giudiziali diretti all'apertura delle procedure concorsuali; appare quindi lecito domandarsi come e se siffatta disposizione possa trovare applicazione nel particolare procedimento disciplinato ora dal titolo II del codice che, come noto, non prende avvio con istanza rivolta al giudice e per opinione concorde di dottrina e giurisprudenza non è neppure una procedura concorsuale.

Sennonché anche nel contesto della procedura in analisi può essere previsto l'intervento del giudice, visto che ai sensi dell'art. 19, I comma, CCI “quando l'imprenditore formula la richiesta di cui all'articolo 18, comma 1 (richiesta dell'applicazione di misure protettive, n.d.r.), con ricorso presentato al tribunale competente ai sensi dell'articolo 27, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell'istanza e dell'accettazione dell'esperto, chiede la conferma o la modifica delle misure protettive e, ove occorre, l'adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative”.

Sorge dunque il legittimo dubbio di quale sia la disciplina applicabile al deposito di questa tipologia di ricorso, che non porta all'apertura di una procedura concorsuale, non è soggetto agli obblighi di cui al suddetto art. 16-bis, comma 4-bis, d.l. 179/2012 e determina invece la pendenza di un procedimento di volontaria giurisdizione.

La risposta, secondo la legislazione vigente, sembra in realtà stare nell'art. 16-bis, comma 1 bis, d.l. 179/2012 che prevede la facoltà (e non l'obbligo) di deposito telematico anche per gli atti introduttivi dei procedimenti di volontaria giurisdizione; ciò ovviamente al netto delle disposizione di cui al d.l. 228/2021 che, per l'anno corrente (e sino al 31 dicembre) ha esteso l'obbligo di deposito telematico anche agli atti introduttivi dei procedimenti contenziosi e di volontaria giurisdizione.

Alla luce delle argomentazioni che precedono, pertanto, pare corretto giungere alla conclusione che, laddove non intervengano diposizioni abrogative della mera facoltà di deposito degli atti introduttivi di volontaria giurisdizione, per la tipologia di atti in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2023, verrà ripristinato siffatto regime.

Il procedimento unitario previsto dall'art. 40 CCI

L'obbligo di deposito telematico è invece pieno ed effettivo nel cosiddetto procedimento unitario previsto dall'art. 40 CCI, con il quale si regolamenta la domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e alla liquidazione giudiziale; si prevede infatti un'unica tipologia di atto processuale, il ricorso, che deve indicare l'ufficio giudiziario, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni, e che deve essere sottoscritto dal difensore munito di procura.

È invece del tutto innovativa la previsione dell'ultimo periodo del secondo comma della norma in commento, ai sensi della quale “per le società, la domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza è approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 120-bis”; detta previsione porta con sé evidenti ricadute anche sul deposito telematico del ricorso, essendo previsto che “l'accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza è deciso, in via esclusiva, dagli amministratori unitamente al contenuto della proposta e alle condizioni del piano. La decisione deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata e iscritta nel registro delle imprese. La domanda di accesso è sottoscritta da coloro che hanno la rappresentanza della società”.

Sono infatti contemplati due passaggi formali (il verbale redatto da notaio e la domanda di accesso sottoscritta dal rappresentante delle società) che certamente dovranno essere documentati al momento del deposito del ricorso. O meglio, il verbale redatto da notaio dovrà costituire documento allegato al ricorso, mentre quando ci si riferisce alla domanda di accesso pare proprio che il legislatore intenda il ricorso vero e proprio; sembra, insomma, che il legislatore abbia concepito, nel caso di specie, un ricorso a firma multipla: avvocato e legale rappresentante. Questo passaggio potrebbe peraltro non essere del tutto banale e soprattutto non privo di conseguenze ai fini del deposito telematico, stante la circostanza che un ricorso con doppia firma digitale (e così dovrebbe essere per rispettare le specifiche tecniche sul PCT), oltretutto una apposta da un soggetto che nella maggior parte dei casi non è un avvocato, potrebbe incontrare non pochi problemi di gestione da parte della cancelleria. Sarebbe pertanto preferibile optare per una doppia allegazione: ricorso principale sottoscritto dal solo difensore e domanda di accesso firmata dall'amministratore (a questo punto, anche in modalità analogica) prodotta come documento.

Altro punto critico dell'art. 40 riguarda la notificazione della domanda/ricorso e dei provvedimenti conseguenti assunti dal Collegio o dal Giudice delegato; al comma settimo si prevede infatti che “quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata di cui al comma 6 non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il ricorso e il decreto sono notificati senza indugio, a cura della cancelleria, mediante il loro inserimento nell'area web riservata ai sensi dell'articolo 359. La notificazione si ha per eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui è compiuto l'inserimento”.

All'interno del procedimento notificatorio viene così innestato un elemento decisorio (l'imputabilità o meno del disservizio riscontrato sulla casella PEC) del tutto slegato dall'interlocuzione con un organo decidente, non essendo previsto alcun intervento del giudice in questa fase. Viene dunque da chiedersi secondo quali logiche si giudicherà una fattispecie molto più complessa di quanto possa apparire ad un primo esame; sarebbe ad esempio difficile definire causa imputabile al destinatario il caso di un'impresa la cui casella di posta certificata si saturi nottetempo per un afflusso massivo di documenti e risulti pertanto impossibilitata a ricevere una notificazione il mattino seguente. Certamente la strada migliore non pare essere quella di affidarsi, ad esempio, a circolari ministeriali che tipizzino fattispecie che, come visto, possono presentare peculiarità in grado di ledere il diritto di difesa.

L'impressione a prima lettura è che una norma dettata in apparenza per snellire la fase istruttoria delle procedure concorsuali possa rivelarsi fonte di impugnazioni in una fase ben più delicata, ovvero, quella successiva all'apertura della procedura concorsuale.

In conclusione

Per quanto concerne gli obblighi di deposito telematico, il codice della crisi d'impresa pare soffrire dei medesimi difetti che hanno caratterizzato il PCT sin dalla nascita, ovvero l'idea di trasporre in digitale procedimenti pensati in analogico, il che non può che generare dubbi interpretativi (vedi ad esempio il tema della sottoscrizione della domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi anche da parte del legale rappresentante della società).

Va detto poi che su questo impianto, che potremmo definire di retroguardia, si innestano pericolose fughe in avanti, come quella appena commentata sulla notifica del ricorso ex art. 40 CCI .

L'impressione, dunque, è che ancora una volta si sia persa una buona occasione per pensare “in digitale” procedimenti complessi, come quelli concorsuali.

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