Le ultime evoluzioni normative sulla crisi d'impresa

09 Settembre 2022

L'Autore compie una ricognizione delle modifiche al codice della crisi d'impresa (d.lgs. n. 14/2019) introdotte dal recente decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, di recepimento della Direttiva (UE) 2019/1023, c.d. Direttiva Insolvency.
Introduzione

La più recente innovazione in tema di crisi d'impresa è rappresentata dal decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83, che apporta alla normativa rilevanti modifiche, mutando alcune norme del Codice della crisi e dell'insolvenza, in alcuni casi innovando al disposto della legge delega n. 155/2017 e del successivo decreto legislativo n. 14/2019.

Il provvedimento recepisce la Direttiva (UE) 2019/1023 del 20 giugno 2019, modificando la Direttiva (UE) 2017/1132; senza avere l'ambizione di esaminare con questo contributo tutti gli ambiti delle modifiche introdotte, se ne menzionano alcune tra le più importanti, seguendo la numerazione degli articoli del codice della crisi.

Definizioni

L'art. 2, comma 1, vede ampliato da sei a dodici mesi il lasso temporale entro il quale deve essere presente la prospettiva di un'adeguata copertura delle obbligazioni con i flussi di cassa prospettici.

Importante la modifica della lettera h) che modifica la definizione di gruppo di imprese, riprendendola da quella contenuta nel d.l. n. 118/2021.

Inoltre, con la nuova lettera m-bis), si perimetra la nozione di “strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza” all'interno della quale sono contenute “le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell'impresa”.

Relativamente alla figura dell'esperto, la lettera o-bis), anch'essa nuova, ne rivisita la definizione, qualificandolo come “terzo e indipendente” al fine di evidenziare il differente ruolo rispetto ad esempio alla figura dell'attestatore.

Viene modificata anche la lettera p), per inserire nell'alveo delle misure protettive anche quelle concesse nella composizione negoziata, aggiungendo al testo previgente il periodo “anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza”.

L'art. 4, relativamente ai doveri delle parti viene ampliato, prevedendo per l'imprenditore con oltre 15 dipendenti quello di tempestiva consultazione dei sindacati inserendo la composizione negoziata tra le situazioni in cui rileva l'obbligo di comportarsi secondo buona fede e correttezza.

L'art. 5 definisce gli obblighi di rotazione, efficienza e trasparenza in tema di nomine e, prevede che il segretario della camera di commercio trasmetta l'elenco delle nomine dei professionisti ai soggetti che designano i membri della commissione cui le stesse competono.

L'art. 5-bis, di nuova creazione, dispone la pubblicazione sui siti istituzionali del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico di informazioni afferenti gli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e di una lista di controllo particolareggiata utile alle piccole e medie imprese ai fini della valutazione del rischio di crisi.

La composizione negoziata

La composizione negoziata risulta inserita nella Parte Prima Titolo II, in sostituzione della disciplina dell'allerta e della composizione assistita della crisi, prevedendo all'articolo 12, comma 3 che ad essa non si applica l'art. 38 nei procedimenti giurisdizionali relativi alle misure protettive e cautelari ed in quelli volti ad ottenere l'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili o a cedere l'azienda, con esonero dell'acquirente della responsabilità per i debiti dell'impresa.

La composizione negoziata ha natura negoziale extragiudiziale; l'inapplicabilità dell'art. 38 comporta anche quella del primo comma della medesima disposizione, in base al quale “Il pubblico ministero presenta il ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza” con la conseguenza che eventuali notizie di insolvenza, comunque pervenute da fonti diverse dall'autorità giudiziaria, non legittimano il PM a richiedere l'apertura della liquidazione giudiziale in pendenza della composizione negoziata, mentre nessun impedimento sussiste per i creditori che possono presentare domanda di apertura ex art. 37, dando inizio all'istruttoria ed eventualmente anche provocando misure cautelari, restando solo inibita l'apertura della procedura liquidatoria in base al dettato dell'art. 18, comma 4.

Non vi sono novità rilevanti nel procedimento di nomina dell'esperto, salvo la previsione secondo cui il segretario della camera di commercio che ha ricevuto l'istanza, ravvisandone l'incompletezza, invita l'imprenditore ad integrare le informazioni/ la documentazione mancante entro trenta giorni, decorso inutilmente il quale l'istanza non è esaminata ma l'imprenditore può riproporla.

L'esperto deve essere indipendente ma risulta essere figura diversa dal professionista indipendente, che agisce nell'interesse del debitore nelle procedure di crisi, non avendo tra le proprie mansioni quella di attestare la veridicità dei dati aziendali; in ogni caso, se le parti interessate formulano riserve sul suo operato, è possibile la sua sostituzione.

La conclusione della negoziazione con un accordo circa la soluzione della crisi deve intervenire entro centottanta giorni, termine prorogabile di ulteriori centottanta giorni se le parti e l'esperto concordano.

L'archiviazione impedisce la proposizione di altra istanza per un anno ma se l'archiviazione è richiesta dell'imprenditore entro due mesi dalla nomina, il termine di cui sopra è ridotto a quattro mesi, per una sola volta.

Le misure protettive

Quanto alle misure cautelari e protettive, “restano fermi i provvedimenti già concessi ai sensi dell'articolo 54, comma 1”; con tale affermazione ci si riferisce alle misure adottate dal Tribunale nella fase antecedente il provvedimento sull'istanza di apertura della liquidazione giudiziale.

Il termine per il deposito del ricorso per l'applicazione o la conferma viene differito al giorno successivo a quello di pubblicazione dell'istanza e dell'accettazione dell'esperto, integrando l'elenco dei documenti con “un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all'articolo 13, comma 2”.

Viene confermata la cessazione degli affetti protettivi se il Tribunale non fissa tempestivamente l'udienza ma viene aggiunto che l'istanza può essere ripresentata, sempreché nel frattempo, cessata la sospensione della possibilità di aprire la liquidazione giudiziale, non abbia provveduto in tal senso.

Quanto all'istruttoria da parte del Tribunale, l'esperto non deve solo essere ascoltato quanto deve essere chiamato ad esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative e possono essere sentiti i primi dieci creditori per valore; quanto ai poteri del Tribunale, viene esclusa la necessità della preventiva istanza del debitore perché il giudice possa limitare le misure a determinate iniziative intraprese o a determinati creditori o categorie di creditori.

La proroga non può essere concessa se il centro degli interessi principali dell'impresa è stato trasferito da un altro Stato membro nei tre mesi precedenti alla formulazione della richiesta di misure protettive.

Nuova risulta la disposizione ai sensi della quale il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore viene meno a far data dalla revoca o dalla cessazione delle misure protettive.

I possibili esiti

L'art. 23 riproduce l'art. 11 del decreto legge n. 118/2021 presentando modifiche solo formali in quanto i possibili esiti sono raggruppati in due commi mentre erano prima tre.

Nel primo comma sono elencati:

- il contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore ai due anni;

- la convenzione di moratoria;

- l'accordo sottoscritto dal debitore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di esenzione dalla revocatoria e dal rischio penale;

- la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti;

- il concordato semplificato liquidatorio;

- le procedure di regolazione della crisi e le procedure di amministrazione straordinaria;

- l'imprenditore agricolo può accedere alle procedure di concordato minore e di liquidazione controllata anche sopra soglia, al concordato semplificato liquidatorio ed agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Le imprese sottosoglia

L'art. 25-quater, relativo alle imprese sottosoglia, rispetto alla formulazione dell'art. 17 del d.l. n. 118/2021, non prevede, come alternativa alla richiesta di nomina dell'esperto, la richiesta all'organismo di composizione della crisi. Per un refuso, tuttavia, è rimasto nell'ultimo comma l'accenno alla possibilità che l'OCC liquidi il compenso, mentre ovviamente tale compito spetta solo al segretario che effettua la nomina.

Anche per le imprese sottosoglia vengono previsti due distinti elenchi, a seconda che siano o meno l'esito o di un accordo, nel primo elenco sono:

- il contratto idoneo a consentire la continuità aziendale;

- l'accordo con convenzione di moratoria;

- l'accordo sottoscritto anche dall'esperto con gli effetti del piano attestato;

Fanno parte del secondo elenco:

- il concordato minore;

- la liquidazione controllata;

- il concordato semplificato liquidatorio;

-esclusivamente per l'impresa agricola, l'accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il concordato semplificato liquidatorio

Altra rilevante novità risulta essere il concordato semplificato, che rappresenta una soluzione per la liquidazione del patrimonio, quale esito per le fattispecie in cui le procedure attuate dall'imprenditore non abbiano dato esiti di tipo negoziale, da attuarsi entro sessanta giorni dalla ricezione della relazione finale dell'esperto indipendente;

Novità importante all'art. 25-sexies è l'estensione a 45 giorni del termine decorrente dalla scadenza di quello concesso all'ausiliario per il deposito del parere, entro il quale si deve tenere l'udienza per l'omologazione del concordato.

Le segnalazioni

L'art. 25-octies conferma quanto disposto dall'art. 15 del decreto legge n. 118/2021 relativamente all'obbligo di segnalazione all'imprenditore dei sintomi di crisi da parte dell'organo di controllo, mentre gli artt. 25-novies e 25-decies apportano modifiche agli obblighi di segnalazione provenienti da soggetti esterni, già presenti nella disciplina dell'allerta; modifiche che riguardano i destinatari delle segnalazioni che sono esclusivamente lo stesso imprenditore e, ove presenti, gli organi di controllo dell'impresa.

Ai creditori pubblici qualificati tenuti alla segnalazione, Agenzie fiscali ed INPS, si aggiunge l'INAIL.

L'art. 64 viene integrato prevedendosi che, in caso di domanda di misure protettive, per gli accordi, sono operanti divieti uguali a quelli previsti nei confronti dei creditori oggetto di misure protettive nella composizione negoziata e di intervenire unilateralmente sul contratto in pregiudizio del debitore o di sospendere l'esecuzione dei contratti per il solo fatto dell'avvenuta presentazione dell'istanza o di non aver ottenuto il pagamento dei crediti pregressi.

Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

L'art. 64-bis introduce un nuovo strumento di regolazione della crisi, rappresentato dal piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, identificato dall'acronimo PRO il quale consiste in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi, potendo derogare al dettato degli artt. 2740 e 2741 c.c. relativamente all'ordine dei privilegi. In ogni caso, i lavoratori devono essere soddisfatti entro trenta giorni dell'omologazione, che può intervenire solo se tutte le classi votano a favore, previa attestazione sulla fattibilità del piano.

Nella fase preliminare all'ammissione, il Tribunale valuta la ritualità della proposta e dei criteri di formazione delle classi in termini di omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici ma non dei criteri di rispetto della par condicio, stante la possibilità di derogarvi.

Alla procedura si applica pressoché integralmente la disciplina del concordato preventivo, salvo il giudizio di omologazione e la cessione dei beni; i creditori privilegiati soddisfatti in denaro entro 180 giorni dall'omologazione non votano; in difetto, essi votano e per la parte retrocessa al chirografo e sono inseriti in apposita classe, in tal modo votando per l'intero credito.

Se un creditore eccepisce il difetto di convenienza, si procede al cram down e la proposta viene omologata se il trattamento riservato all'opponente non è inferiore a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale.

Nel caso in cui la mancata approvazione da parte di tutte le classi risulti dalla relazione del commissario giudiziale, il debitore può richiedere al Tribunale di accertare l'esito della votazione e procedere all'omologazione; in difetto, il Tribunale procede all'apertura della liquidazione giudiziale se vi sono istanze e ne ricorrono i presupposti.

In alternativa, ma anche quando un creditore contesti la convenienza, il debitore può modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo; con riduzione dei termini per l'approvazione alla metà.

Il concordato preventivo e l'omologazione

La disciplina del concordato preventivo risulta interessata a parecchie modifiche, con particolare riguardo al concordato in continuità aziendale.

Innanzitutto, l'art. 84 modificato dispone che non vi sono più vincoli finalizzati alla tutela dell'occupazione che condizionino la possibilità di qualificare in continuità anche la gestione dell'impresa da parte di soggetto diverso dal debitore, nei casi di cessione, usufrutto, conferimento dell'azienda in una o più società, ovvero in forza di contratto di affitto, prevedendo unicamente che la tutela dei posti di lavoro sia perseguita per quanto possibile.

La proporzione tra l'apporto delle risorse derivanti dalla continuazione dell'attività e quelle ottenute dalla liquidazione non è più rilevante, essendo sufficiente che i creditori vengano soddisfatti con le prime anche in misura non prevalente, laddove per l'ammissibilità del concordato liquidatorio vengono confermati i vincoli relativi all'apporto necessario di risorse esterne ed alla misura minima del soddisfacimento complessivo dei chirografari; le risorse esterne possono essere distribuite anche derogando agli artt. 2740 e 2741 c.c., purché si rispetti il limite minimo del 20%.

Si abbandona il principio dell'inderogabile applicazione dell'absolute priority rule, identificato dall'acronimo APR e quindi di dovere provvedere al soddisfacimento dei creditori in base alla graduazione delle cause legittime di prelazione consentendosi anche, in alcuni casi, la distribuzione del valore in base alla relative priority rule (RPR); nel concordato in continuità, il valore di liquidazione deve essere distribuito in base alla APR mentre il plusvalore generato dalla continuità può essere distribuito in base alla RPR, assicurandosi che il trattamento di ogni classe sia almeno pari a quello delle classi di pari grado e più favorevole di quello delle classi di grado inferiore. Fanno eccezione i crediti di lavoro che devono essere soddisfatti con priorità, con la precisazione che deve essere rispettato il dettato dell'art. 2116 c.c. che impone di corrispondere il dovuto ai prestatori di lavoro anche in caso di inadempimento del datore di lavoro nel versamento dei contributi

La suddivisione dei creditori in classi, oltra che nei casi già previsti, è sempre obbligatoria nel caso di concordato in continuità; i creditori muniti di diritto di prelazione pregiudicati dalla proposta, in quanto non soddisfatti in denaro ed integralmente entro centottanta giorni dall'omologazione, devono essere inseriti in apposite classi, così come devono essere inserite in classi separate le imprese minori, titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi.

Salvo il diritto di voto, non sono previsti limiti temporali per la moratoria del pagamento dei creditori privilegiati mentre, se si tratta di crediti di lavoro dipendente, la moratoria non può essere superiore a sei mesi.

Con l'art. 94 bis sui contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale, viene estesa al concordato preventivo la disciplina già presente per la negoziazione assistita relativamente ai limiti posti ai creditori che non possono modificare unilateralmente i termini contrattuali anche rifiutando l'adempimento per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato, così come non possono interferire con la regolare esecuzione dei contratti essenziali per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti pregressi.

L'art. 112 sull'omologazione presenta diverse novità.

In primo luogo, muta il perimetro di valutazione del giudice a seconda che si tratti di un concordato in continuità o liquidatorio ma anche, nel primo caso, a seconda che la proposta sia stata approvata all'unanimità delle classi oppure a maggioranza delle stesse.

Comune a tutte le ipotesi risulta l'indagine su a) la regolarità della procedura; b) l'esito della votazione; c) l'ammissibilità della proposta; d) la corretta formazione delle classi; e) la parità di trattamento dei creditori all'interno di ciascuna classe.

Quanto alla fattibilità, per il concordato in continuità l'esame è volto ad accertare se “il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l'insolvenza”.

Nel concordato non in continuità l'indagine attiene all'accertamento sulla fattibilità; tuttavia, come “non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”, espressione in negativo che parrebbe comportare che, in difetto di prova della manifesta inettitudine, la fattibilità deve ritenersi sussistente.

Quelli indicati sono gli unici controlli che il Tribunale deve compiere in caso di concordato in continuità e mentre il debitore può proporre ai creditori trattamenti diversi rispetto a quelli sopra riportati trattando della APR e delle RPR e nessun controllo sul punto compete al Tribunale se la proposta è approvata all'unanimità delle classi.

Devono sussistere congiuntamente le seguenti condizioni:

- il valore di liquidazione e quello eccedente vengano distribuiti nel rispetto delle regole già evidenziate trattando delle ipotesi di applicazione della APR e della RPR.

- nessun creditore riceve più dell'importo del proprio credito;

- la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.

Accesso agli strumenti di regolazione della crisi

Dopo la sezione VI del titolo IV, dedicata all'omologazione del concordato preventivo, viene inserita la sezione VI bis che tratta della legittimazione alla decisione della presentazione di uno strumento di regolazione della crisi da parte degli enti collettivi, in ordine alla quale viene confermata la legittimazione esclusiva degli amministratori, salvi i doveri di informazione dei soci e la legittimazione di un'aliquota degli stessi alla presentazione di una proposta concorrente.

La liquidazione giudiziale e la liquidazione controllata

Per quanto attiene alla disciplina della liquidazione giudiziale, si segnala la possibilità di sostituzione del curatore in caso di conflitto di interessi tale disposizione concerne il conflitto proprio della persona che svolge il ruolo e non il curatore in conflitto per cause non personali, come avviene quando uno stesso professionista è curatore di due procedure in cui rappresentano interessi opposti in quanto, se il conflitto è limitato ad un singolo rapporto, si può ovviare con la nomina di un curatore speciale in una delle due procedure;

- vengono ridotti alcuni termini previsti per il programma di liquidazione al fine di restringere i tempi della liquidazione;

- si prevede la possibilità di procedere alla liquidazione di beni anche prima dell'approvazione del programma in caso di rischio di pregiudizio per i creditori;

- scompare dal secondo comma dell'art. 216 la previsione secondo cui le vendite devono essere effettuate “con le modalità stabilite con ordinanza dal giudice delegato”;

- il terzo comma dello stesso art. 216 viene modificato attribuendo al curatore invece del giudice la scelta, da indicarsi nel programma di liquidazione, di proporre che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del c.p.c. in quanto compatibili;

- l'art. 235 viene integrato con l'obbligo per il curatore di depositare, unitamente all'istanza di chiusura della liquidazione, un rapporto riepilogativo finale al fine di consentire sia al giudice che ai creditori e al debitore una valutazione complessiva dell'operato del curatore stesso;

- nell'art. 255 viene eliminata la possibilità per il curatore di esercitare separatamente le azioni di responsabilità, al fine di evitare rallentamenti.

In tema di liquidazione controllata, cessa la legittimazione del PM a richiederne l'apertura se l'insolvenza riguarda un imprenditore e l'aumento ad € 50.000 mentre in precedenza erano € 20.000 dell'importo dei debiti scaduti al di sotto del quale non si fa luogo all'apertura della liquidazione controllata del debitore persona fisica.

In conclusione

Dopo il lungo iter che ne ha segnato sin qui il percorso, è entrato finalmente in vigore il 15 luglio 2022 il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Il legislatore abbandona il sistema di allerta dando maggiore rilevanza alle nuove misure che consentono di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e di intervenire attraverso la composizione negoziata, di nuova creazione. Altra novità è l'impossibilità, da parte dei creditori nei cui confronti operano le misure protettive, di rifiutare unilateralmente l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione.

Dal 15 luglio 2022 è scomparsa la definizione di fallimento, sostituita dal termine liquidazione giudiziale.

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