L'estensione del privilegio generale ai crediti dei professionisti per contributo integrativo e per IVA di rivalsa

Federico Clemente
Irma Infascelli
09 Febbraio 2018

La modifica normativa dell'art. 2751 bis n. 2 c.c. introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 è divenuta oggetto di dibattito, sia in ordine alla data di decorrenza della stessa, sia con riferimento agli ambiti di operatività del nuovo intervento legislativo.
Premessa

L'art. 1, comma 474, della Legge 205/2017 è intervenuto in favore dei professionisti, estendendo al contributo integrativo e all'IVA di rivalsa il privilegio di cui all'art. 2751-bis, n. 2 c.c., già previsto per le retribuzioni dei professionisti stessi.

Il nuovo testo dell'articolo dunque, per quanto di interesse, è ora divenuto il seguente:

Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti:

2) le retribuzioni dei professionisti compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza ed il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione;

…”.

Da notare, quale spunto di riflessione, come la nuova normativa attribuisca al credito di rivalsa IVA del professionista un grado di prelazione superiore rispetto a quello concesso direttamente all'Erario per il credito IVA stesso.

La norma inoltre crea disparità con altre categorie di privilegiati, quali gli agenti e gli artigiani.

Lo status quo ante modifica normativa

L'intervento del legislatore si incardina in un panorama giurisprudenziale e dottrinale estremamente articolato ed irto di contrasti.

Le soluzioni hanno spaziato tra l'impossibilità di ammettere il credito per IVA (e contributo integrativo) o il riconoscimento quantomeno dell'IVA in prededuzione al momento dell'eventuale pagamento in corso di procedura; mentre i contributi di norma venivano esclusi o pacificamente riconosciuti al chirografo, fatti salvi quelli relativi ai dottori commercialisti e ai ragionieri e periti commerciali, per i quali la L. 21/1986 e la L. 414/1991 hanno previsto che gli stessi fossero assistiti da privilegio di pari grado a quello del reddito per prestazioni professionali.

Prededuzione fermamente perorata in dottrina, in quanto:

  • l'obbligo di fatturazione per i professionisti sorge al momento del pagamento;
  • il pagamento sarebbe dunque il fattore genetico dell'IVA;
  • la procedura recupera quanto eventualmente corrisposto per IVA, riportando il relativo credito nelle liquidazioni periodiche;
  • il mancato riconoscimento della prededuzione darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento della procedura che, ricevendo la fattura del professionista, beneficerebbe del relativo credito d'imposta senza avere corrisposto allo stesso l'importo normalmente dovuto per effetto della rivalsa.

Tuttavia la Corte di Cassazione, con un orientamento ormai consolidato (cfr. Cass. 1034/2017; Cass. 13771/2015; Cass. 3582/2011; Cass. 15690/2008; Cass. 2438/2006) ha negato sia la prededuzione che l'indebito arricchimento “in quanto la disposizione dell'art. 6 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale e rilevante in ogni campo del diritto, ma individua solo il momento in cui l'operazione è assoggettabile ad imposta e può essere emessa fattura (in alternativa al momento di prestazione del servizio), cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l'evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso; il medesimo credito di rivalsa, non essendo sorto verso la gestione fallimentare, come spesa o credito dell'amministrazione o dall'esercizio provvisorio, può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all'articolo 2758, secondo comma, c.c., nel caso in cui sussistano beni - che il creditore ha l'onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo - su cui esercitare la causa di prelazione; nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, nemmeno è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell'articolo 2041 c.c., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell'IVA di quella fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema di contabilizzazione dell'imposta e non di un'anomalia distorsiva del sistema concorsuale”.

Orientamento confermato dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. s.u. 8059/2016) che, in tema di compenso percepito da un professionista dopo la cessazione dell'attività (e la conseguente chiusura della partita IVA), ha statuito comunque la relativa assoggettabilità ad IVA proprio in virtù della identificazione del fatto generatore dell'imposta con la prestazione di servizi, con la conseguente distinzione concettuale tra fatto generatore ed esigibilità dell'imposta.

Decorrenza della norma

In via propedeutica ad ogni ipotesi di soluzione operativa, ci si deve porre il dubbio circa la decorrenza della modifica normativa, tra due ipotesi:

  • il privilegio si applica solo agli accessori delle prestazioni che matureranno dalla data del 1° gennaio 2018;
  • il privilegio può concernere anche gli accessori delle prestazioni eseguite antecedentemente alla suddetta data.

Le prime posizioni paiono propendere motivatamente per la prima soluzione (cfr. Lamanna, La Legge di Bilancio 2018 e il nuovo privilegio generale dei professionisti per I.V.A. e contributi, in questo portale).

Il problema, tuttavia, per la sua novità, è ancora oggetto di dibattito cosicché, pur non entrando nel merito, forse è utile valutare per completezza anche l'ipotesi di applicazione retroattiva della norma.

I possibili scenari

Alla luce del percorso interpretativo qui sopra brevemente riepilogato, e tenendo comunque ferme le posizioni della Cassazione (pur non indenni da censure), è ora necessario provare a comprendere quali siano gli spazi di operatività del nuovo intervento normativo.

Si ritiene in primo luogo di suddividere il percorso in due grandi categorie, ossia le nuove procedure e le procedure già aperte.

Quanto alle nuove procedure, inoltre, si potrà avere il caso in cui la fattura sia già stata emessa, ed il caso (più frequente) in cui la fattura debba ancora essere emessa.

A) nuova procedura

a) fattura emessa

In questa ipotesi, se si propende per l'applicazione retroattiva della norma, non vi è alcun dubbio che il contributo integrativo e l'IVA dovranno essere ammessi con il privilegio ora previsto dall'art. 2751-bis, n. 2 c.c..

Infatti, lo svolgimento della prestazione ante procedura e l'emissione della fattura determinano con certezza sia l'insorgenza del credito di natura professionale che del correlato credito per contributo e per IVA.

Credito IVA che, in precedenza, comunque godeva (almeno teoricamente) della prelazione, ma di natura speciale ex art. 2758 c.c. sui beni oggetto della prestazione. Privilegio di norma derubricato al chirografo, qualche volta anche troppo frettolosamente, tenuto conto che sono talora individuabili “beni ai quali si riferisce il servizio”, su cui grava la prelazione specialein conformità al testo dell'art. 2758 c.c..

Diversamente, nulla cambia dalle correnti impostazioni, per le prestazioni maturate antecedentemente alla data del 1° gennaio 2018.

b) fattura non ancora emessa

Certamente più complesso è il caso in cui la fattura non sia stata emessa prima della procedura.

Non vi è alcun dubbio che vi sia stata l'insorgenza del credito per prestazioni professionali, in quanto svolte ante procedura, e che quindi tale credito vada ammesso al concorso pur in assenza di fattura (che costituisce solo un adempimento di natura fiscale, e che può essere differito fino al pagamento della prestazione).

Meno sicuro è il percorso per quanto riguarda l'IVA.

È pur vero, come riferito, che, per giurisprudenza costante della Suprema Corte, “la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l'evento generatore del credito di rivalsa IVA”.

Tuttavia, sulla base dell'impianto normativo che regola l'imposta sul valore aggiunto, il debito per IVA del contribuente che ha eseguito una cessione di beni o una prestazione di servizi sorge solo con l'emissione della fattura e, contestualmente, nasce in suo favore il credito di rivalsa per l'IVA nei confronti del proprio cliente.

L'articolo 6 D.P.R. 633/72 statuisce che “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo “.

In assenza dell'emissione della fattura, dunque, non si materializza alcun importo per IVA.

Prima dell'intervento legislativo in commento sorgeva dunque legittimamente il dubbio se tale credito per IVA potesse essere ammesso al passivo del fallimento, in assenza di emissione della fattura.

L'indirizzo prevalente ha optato per l'ammissibilità di tale credito per IVA.

Si richiama al riguardo quanto affermato dal Tribunale di Bergamo con propria circolare operativa n. 3/2013: “il credito verso il cessionario ed il committente per la rivalsa IVA, sebbene autonomo rispetto al credito per il corrispettivo, è direttamente e funzionalmente collegato all'operazione imponibile, e non agli adempimenti tributari del soggetto passivo della imposta (insinuato ed ammesso al passivo), e sorge unitamente e contestualmente al sorgere del diritto al corrispettivo indipendentemente dall'esecuzione dei detti adempimenti (emissione fattura o parcella).

Infatti, l'articolo 18 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 collega l'obbligo del soggetto che effettua la cessione dei beni o la prestazione dei servizi imponibili di addebitare al cessionario o committente la relativa imposta e di pretenderne il versamento a titolo di rivalsa, direttamente alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi, non già al pagamento del tributo da parte del cedente o del prestatore di servizi.

Quanto poi alle somme dovute a titolo di cassa previdenziale, per i medesimi motivi sopra indicati la maggiorazione percentuale è connessa alla prestazione che ha determinato il diritto al corrispettivo ed al mero obbligo del professionista di provvedere al pagamento del contributo e non già, quindi, al pagamento della prestazione stessa.

La domanda di ammissione al passivo fallimentare per il credito IVA va pertanto accolta…analogamente si deve provvedere per il credito per il contributo cassa previdenza”.

Secondo questo indirizzo, dunque, il professionista potrà fare domanda per contributo professionale ed IVA anche senza avere emesso la fattura. Così anche, ad esempio, l'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Lecco (cfr. Lo stato passivo, a cura della Commissione di studio in materia fallimentare e concorsuale, in www.odcec.lecco.it).

Per l'ammissibilità del privilegio, valgono le alternative considerazioni già svolte in relazione alla applicazione retroattiva o meno della modifica normativa in commento.

È il caso di rammentare, per analogia, che anche in sede di azione monitoria individuale il decreto ingiuntivo eventualmente emesso su richiesta di un professionista viene normalmente concesso anche per la cassa professionale e l'IVA, anche in assenza di previa emissione di fattura.

Non sono mancate tuttavia posizioni contrarie a tale indirizzo, ancorché ormai risalenti o comunque volte a sostenere la successiva prededucibilità del credito IVA a fronte di fattura emessa in corso di procedura. Secondo queste posizioni il prestatore d'opera professionale non può far valere il credito di rivalsa IVA se non dopo che ha provveduto all'emissione della fattura (Trib. Como, 14 marzo 1991; Rebecca, Iva addebitata in fattura dai professionisti nel fallimento, cit.).

Ove si ritenesse di seguire questo indirizzo, il credito per IVA (e per contributo professionale) non potrebbero essere ammessi al passivo in assenza di fattura.

Discutibile sarebbe poi l'eventuale ammissione (ora privilegiata) in via tardiva al momento del pagamento del corrispettivo, tenuto conto che tale credito:

  • o sorge al momento del pagamento, e quindi diviene prededucibile;
  • o è geneticamente correlato alla prestazione, e quindi deve essere chiesto (e ammesso) in uno con il credito professionale.

La mancata richiesta (o la mancata ammissione) del credito per IVA e per contributo al momento della domanda avrebbe dunque come definitiva conseguenza l'impossibilità successiva di essere ammessi per tali importi (salvo accogliere la tesi della prededuzione, avversata dalla giurisprudenza).

B) procedure già aperte

Per le procedure già aperte:

a) in ipotesi di fallimento con adunanza di verifica non ancora tenutasi, le domande potranno prevedere la richiesta di IVA e contributo integrativo (a prescindere dall'emissione di fattura, per le ragioni poc'anzi espresse e riprese nelle conclusioni). Quanto al privilegio, valgono le considerazioni già espresse.

Ove già presentate senza tale richiesta, potrà essere opportuno il ritiro delle domande ed una nuova presentazione nei termini indicati, anche in via tardiva;

b) in ipotesi di fallimento con adunanza tenutasi e conseguente decreto di esecutività emesso, si ritiene che l'eventuale ammissione in chirografo di IVA e contributo integrativo o l'esclusione non siano più modificabili, salvo opposizione (se nei termini) ove sia stata formulata richiesta in privilegio;

c) in ipotesi di concordato preventivo, mancando la cristallizzazione del passivo, IVA e contributo potranno essere riconsiderati in privilegio in sede di riparto, laddove si propenda per l'applicazione retroattiva della prelazione; eventuali riparti già disposti dovranno essere integrati. Ciò, salvo che la definizione di IVA e contributo al chirografo sia stata previamente accettata dal creditore.

In tutti i casi in cui il pagamento da parte della procedura al professionista non dovesse comprendere IVA e contributo integrativo, potrà continuare a soccorrere il contenuto della risoluzione 3 aprile 2008, numero 127/E della Agenzia delle Entrate, con cui “se il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, dispone il pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante fallimento, ancorché lo stesso faccia riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti emetteranno fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale andrà scorporata l'IVA relativa. In altre parole, se l'importo liquidato dal giudice fallimentare risulta inferiore all'ammontare complessivo del credito professionale, comprensivo dell'IVA, il professionista al momento dell'emissione della fattura ridurrà proporzionalmente la base imponibile e la relativa imposta”.

Da rammentare con l'occasione come la Amministrazione finanziaria escluda che possa essere emessa fattura con IVA applicata sul complessivo onorario oggetto di riparto, e contestuale nota di variazione per sola IVA corrispondente all'importo dell'imposta recato dalla fattura medesima.


Il biennio che assiste la prelazione

Come è noto, il privilegio a favore dei professionisti è delimitato dallo stesso art. 2751-bis n. 2 c.c. all'ultimo biennio di svolgimento della prestazione, assumendo quale dies ad quem quello della conclusione della prestazione.

L'introduzione del privilegio per contributo ed IVA è avvenuto nel medesimo capoverso che regola il credito per prestazione professionale (“compresi il contributo integrativo… e il credito di rivalsa per l'imposta sul valore aggiunto”).

Ne consegue, ad avviso di chi scrive, che all'eventuale ammissione in chirografo del credito per prestazione professionale motivata dal decorso del biennio dovrà accompagnarsi l'ammissione in via chirografaria anche per l'IVA e per il contributo.

Conclusioni

Con l'introduzione della modifica in commento all'art. 2751-bis, n. 2 c.c., non pare più sostenibile l'ipotesi della inammissibilità del credito per IVA e contributi al passivo del fallimento in assenza di emissione di fattura.

L'intervento del legislatore, infatti, costituisce ad avviso di chi scrive una risposta all'orientamento della Cassazione circa la riconducibilità genetica dell'IVA alla prestazione, e quindi per tale via ne costituisce una conferma e un consolidamento.

Conseguentemente, il credito per IVA e per contributi legato a prestazioni professionali ante procedura potrà essere chiesto in sede di ammissione al passivo e dovrà essere ammesso.

Quanto alla prelazione, la stessa è pacifica per le prestazioni maturate successivamente alla data del 1° gennaio 2018; per le prestazioni maturate precedentemente, la prelazione sarà riconosciuta solo laddove venisse considerata retroattiva la decorrenza della modifica normativa in esame.

L'eventuale mancata richiesta in sede di domanda di ammissione al passivo non potrà dare adito a domande tardive, o richieste di pagamento in prededuzione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.