Tribunale di Milano: applicabilità a maglie strette del nuovo privilegio generale dei professionisti

09 Febbraio 2018

Il comma 474 dell'art. 1 della Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 che modifica l'art. 2751-bis del codice civile, ha esteso nel fallimento il relativo privilegio generale all'IVA e al contributo integrativo previdenziale, accessori alle retribuzioni dei professionisti, a far data dal 1° gennaio 2018.

Il comma 474 dell'art. 1 della Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 che modifica l'art. 2751-bis del codice civile, ha esteso nel fallimento il relativo privilegio generale all'IVA e al contributo integrativo previdenziale, accessori alle retribuzioni dei professionisti, a far data dal 1° gennaio 2018.

Prima della suddetta modifica, la quota parte dell'IVA spettante al professionista era soggetta al privilegio speciale di cui all'art. 2758 c.c., privilegio gravante sui beni mobili a cui il tributo indiretto si riferisce.

La diretta conseguenza pratica era un'automatica degradazione del credito IVA al rango di chirografo in quanto, nell'ambito delle prestazioni di servizi, non esiste un bene mobile sottostante cui collegare l'esercizio del privilegio riconosciuto dalla legge. Ciò, inevitabilmente, generava una disparità tra le tutele offerte ai professionisti e quelle astrattamente offerte ai creditori che avevano fornito beni mobili.

Adesso, in virtù della suddetta novella legislativa, è stato disposto che il privilegio generale di cui all'art. 2751-bis del codice civile si applichi a tutto il credito spettante al professionista, inclusa la quota parte relativa all'IVA (in rivalsa) ed alla cassa professionale.

Attraverso tale modifica normativa, il Legislatore ha – di fatto - rafforzato il principio della par condicio creditorum riequilibrando la posizione dei professionisti all'interno della categoria dei creditori concorsuali.

Se, sotto il profilo sostanziale, la norma non crea alcun problema esegetico, in quanto risulta ben chiaro il perimetro soggettivo ed oggettivo in cui opera il privilegio, sotto il profilo procedimentale, invece, desta perplessità con riferimento all'applicabilità della stessa alle procedure fallimentari già in corso alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio, vale a dire dal 1° gennaio 2018.

In assenza di qualsiasi disposizione transitoria che potesse regolamentare il passaggio alla nuova disciplina, un primo indirizzo interpretativo dei giudici, che si aggiunge in modo conforme a quello espresso da una parte della dottrina (LAMANNA, La legge di Bilancio 2018 e il nuovo privilegio generale dei professionisti per I.V.A. e contributi, in questo portale; RASILE-ZANOTTI, L'applicazione del nuovo art. 2751-bis c.c. modificato dalla Legge di Bilancio 2018, in questo portale), proviene dal Tribunale di Milano – sez. Fallimentare, che, con Circolare del 23 gennaio 2018, ha espresso sul punto una posizione inequivocabile: il privilegio generale di cui all'art. 2751-bis del codice civile, nuova formulazione, si deve applicare soltanto ai crediti professionali maturati successivamente all'entrata in vigore della Legge di Bilancio 2018.

I giudici ambrosiani, per dipanare l'intera questione, rinviano al concetto di “maturazione” dei crediti per servizi professionali senza, tuttavia, esplicitarne il concetto.

In altri termini, un credito per servizi professionali può considerarsi “maturato” nel momento in cui sorge il diritto alla percezione del compenso, che solitamente coincide con la conclusione del servizio. In tal senso, a nulla rileverebbero eventuali acconti pagati al professionista durante lo svolgimento della prestazione professionale.

Si pensi, per esempio, ad un professionista che emette nel 2017 – in via anticipata - una fattura per il compenso professionale relativo ad un servizio ultimato, invece, nel 2018.

Sulla base delle indicazioni fornite dal Tribunale di Milano, credo che tale credito dovrebbe essere assoggettato alla nuova disciplina di cui all'art. 2751-bis del codice civile.

Un ulteriore esempio può essere rappresentato dal professionista che emette, nel corso del 2017, una fattura d'acconto non pagata e che, dopo la conclusione del servizio nel 2018, emette al cliente, poi fallito, una fattura per il saldo dovuto. Sulla base delle considerazioni svolte finora, entrambe le fatture (a titolo di saldo e di acconto) a mio avviso dovrebbero ricadere nell'ambito del privilegio generale di cui all'art. 2751-bis del codice civile.

Nessun dubbio poteva sorgere in relazione alla non applicabilità della norma ai crediti già ammessi al passivo, in quanto oggetto di un giudicato endo -fallimentare definitivo.

L' interpretazione fa chiarezza invece per i casi in cui il procedimento di accertamento del passivo non si è ancora concluso, ponendosi in perfetta continuità con una linea interpretativa della Suprema Corte (da ultimo, sentenza 1 giugno del 2017 n. 1388), riferita dai Giudici milanesi, per la quale l'evento generatore anche del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito di prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso, è la conclusione della prestazione professionale e non il momento in cui l'operazione è assoggettabile all'imposta.

Sebbene le indicazioni del Tribunale di Milano siano destinate soltanto alle procedure fallimentari, è doveroso estendere l'applicazione di tale principio alle altre procedure concorsuali, tra cui anche il concordato preventivo. Pertanto, anche nell'ambito della medesima procedura concordataria si potrà avere un diverso trattamento dei crediti per prestazioni professionali limitatamente alla quota parte dell'IVA di rivalsa e della cassa professionale, in funzione del diverso momento di ultimazione delle prestazioni. Sarà di particolare interesse comprendere quale sarà il concreto orientamento della prassi nelle procedure dove l'accertamento del passivo dipende in prima battuta dal commissario giudiziale e dal liquidatore e non dal Giudice delegato.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.