La responsabilità dell'infermiere: nuove frontiere della medicina legale
12 Settembre 2022
Massima
Anche l'infermiere assume una posizione di garanzia nei confronti del paziente, nel senso che rientra tra le competenze (non solo del sanitario, ma anche) dell'infermiere quella di controllare il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico. Proprio in forza delle competenze professionali dell'infermiere, che sono tratte dall'articolo 6 del d.P.R. 14 marzo 1974, n. 225, è evidente il compito cautelare essenziale che svolge nella salvaguardia della salute del paziente, essendo, come detto, l'infermiere onerato di vigilare sul decorso post operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, il tempestivo intervento del medico. Il caso
La Corte di cassazione, con la sentenza in oggetto, viene chiamata a pronunciarsi in merito ad una contestazione per omicidio colposo mossa nei confronti di due infermieri del reparto di chirurgia generale per aver cagionato la morte di un paziente.
A seguito di un'occlusione intestinale, il paziente era stato sottoposto ad un intervento chirurgico, il quale era stato correttamente eseguito e riuscito sia nella fase dell'anestesia sia nella fase dell'esecuzione. Le criticità si sono tuttavia manifestate del post – operatorio allorché alle 00,30 – come risulta dalla cartella clinica – è rientrato in reparto presentando secrezioni (schiuma rosa dal naso) che non gli consentivano di respirare correttamente.
Di fronte a tale situazione, i genitori del suddetto hanno prontamente avvisato gli infermieri di turno, i quali si sono limitati a fornire loro delle garze per pulire la schiuma emessa dal paziente, rassicurandoli sulla normalità di tale decorso post-operatorio.
Dinanzi all'insistenza dei genitori, uno degli imputati ha avvisato il medico, il quale ha deciso di somministrare una fiala di Lasix intramuscolo; solamente nel momento in cui la situazione ha raggiunto un livello di criticità tale da mettere in pericolo la vita del paziente, l'infermiere ha sollecitato l'intervento del medico di guardia, il quale ha tentato di aspirare, con l'ausilio di un macchinario, i liquidi emessi dallo stesso, tuttavia non riuscendo a trarlo in salvo.
In sede di autopsia è stata individuata la causa della morte, da identificarsi nello scompenso cardiaco con edema polmonare e versamento pleurico-pericadico e peritoneale (infatti è stata rilevata la presenza di liquido e di schiuma nei bronchi). La questione
La questione rimessa alla Corte di cassazione riguarda la valutazione della posizione di garanzia degli infermieri nei confronti del paziente, nel senso se debba rientrare tra le competenze dell'infermiere quella di controllare il decorso della convalescenza del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico. Nel caso di specie, l'evento era dovuto all'assenza di monitoraggio post-operatorio delle funzioni vitali, nonostante già alle ore 1,30 fossero evidenti i segni dell'edema polmonare acuto. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte nel confermare la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'Appello a seguito del giudizio di rinvio, ritiene che sia stato correttamente valutato dai giudici di merito il fatto che l'assoluta carenza di assistenza del paziente da parte degli infermieri. In particolare l'assenza di monitoraggio nei primi 15,30,45 minuti post-operatori dei parametri propri della condizione cardiaca, respiratoria e renale, ha contribuito a determinare causalmente la morte del paziente.
Correttamente la Corte territoriale ha invece escluso il nesso di causa con riferimento al medico di guardia che, di fronte alla gravità e complessità della situazione in cui versava il paziente, non aveva provveduto a eseguire esami di laboratorio finalizzati a valutare il livello di potassiemia dello stesso, in quanto, il tempo che avrebbe avuto a disposizione per portare il livello di potassio alla soglia di salvaguardia, non sarebbe stato sufficiente a evitare l'evento morte.
Dunque, solamente nel momento in cui il paziente fosse stato, a seguito dell'operazione, correttamente monitorato e assistito dagli infermieri mediante la somministrazione di potassio (effettuata nelle tre ore dopo l'intervento), avrebbe ripristinato valori accettabili e di sopravvivenza, e avrebbe altresì evitato l'ipotassiemia che ha determinato il problema cardiaco e l'edema polmonare, e la conseguente la morte del paziente.
Erroneamente i ricorrenti alludono a una mancanza di “autonomia valutativa'' diagnostica e medica dell'infermiere rispetto al sanitario: «non è infatti in discussione (né lo potrebbe essere) una comparazione tra gli spazi valutativi e decisionali dell'infermiere rispetto al medico, ma solo l'obbligo lex lege per l'infermiere, espressione dell'obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione che perdura per l'intero tempo del turno di lavoro (cfr. Cass. pen. sez. IV, n. 39256/2019, Rv. 277192 - 01; Cass. pen., sez. IV, n. 9638/2000, Rv. 217477; Cass. pen., sez. IV, n. 2192/2014, Rv.261776)».
A tal proposito la Corte richiama la consolidata giurisprudenza formatasi in merito in tema di colpa professionale. Si è affermato, infatti, che qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario - compreso il personale paramedico – è tenuto altre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico (Cass. pen., sez. III, n. 1/2021).
Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi nel conoscere e valutare l'attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 46824/2011, Rv. 252140; Cass. pen., sez. IV, n. 41317/2007, Rv. 237891). Osservazioni
La Corte nel caso di specie viene chiamata a pronunciarsi su una vicenda peculiare che vede due infermieri di un reparto di chirurgia generale imputati per omicidio colposo di un paziente deceduto per scompenso cardiaco, a seguito di un intervento chirurgico. La condotta contestata agli imputati era relativa all'omissione di ogni prestazione sanitaria nei confronti del paziente, più precisamente al monitoraggio post-operatorio, ovvero uno dei momenti più delicati per la vita del paziente a seguito l'intervento chirurgico. La gestione di tale fase richiede pertanto, da parte dell'équipe, la considerevole conoscenza deipossibili eventi avversi e delle procedure che li possono limitare, in relazione alla situazione clinica dell'operato. Risultava infatti pacifica, secondo la Corte d'appello, la rilevanza causale della condotta degli imputati nel determinismo dell'evento morte del paziente, posto che l'omissione di ogni prestazione sanitaria, abbia determinato uno scompenso cardiaco risultando fatale per il predetto. Tuttavia, secondo la ricostruzione della difesa, è da escludere il nesso di causa con riferimento agli infermieri, giustificando tale affermazione soffermandosi sulla mancanza di "autonomia valutativa'' diagnostica e medica dell'infermiere, rispetto al sanitario. Eppure la Corte afferma che la ritenuta mancanza di una posizione di garanzia degli infermieri fraintenda completamente i principi applicabili nella subiecta materia. Difatti, rientra nel proprium dell'infermiere, quello di controllare il decorso post – operatorio del paziente ricoverato in reparto, sì da poter porre le condizioni, in caso di dubbio, di un tempestivo intervento del medico. Il paziente doveva infatti essere preso in carico dagli infermieri e monitorato dagli stessi sin dal momento in cui è entrato in reparto a seguito dell'intervento chirurgico, ossia alle 23.00. Già alle ore 1.30 erano evidenti i segni di un edema polmonare, ma tuttavia il tempo a disposizione dei medici per correggere e riportare a un livello salvifico il potassio del paziente non era ormai più sufficiente. Pertanto non è dunque contestabile l'efficienza causale, rispetto all'evento morte, che si deve attribuire al comportamento del tutto inerte e negligente posto in essere dagli infermieri imputati. Se avessero fornito in tempi rapidi al medico di guardia del reparto un quadro preciso delle condizioni cliniche, allertandolo adeguatamente e tempestivamente circa i sintomi evidenti dell'edema, egli avrebbe adottato scelte terapeutiche più adeguate e soprattutto salvifiche per il paziente.
La Corte, dunque, escludendo l'idoneità della condotta del medico di guardia a incidere sulla valutazione della responsabilità degli imputati, richiama la giurisprudenza in materia di cooperazione disciplinare e principio di affidamento. Qualora infatti più soggetti intervengano in maniera sincronica o diacronica nella cura di un paziente, ognuno è tenuto al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connesso alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune e unico della cura della salute del paziente. Secondo il principio di affidamento, ciascuno risponde esclusivamente per le conseguenze della propria condotta commissiva od omissiva, in base alle proprie competenze e specializzazioni, confidando che gli atri soggetti che operano con lui facciano altrettanto. Proprio in forza delle competenze professionali dell'infermiere di cui all'articolo 6 titolo V del d.P.R. n. 225/1974, risulta evidente il compito cautelare essenziale che svolge nella salvaguardia della salute del paziente, essendo l'infermiere onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, il tempestivo intervento del medico, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio (cfr. Cass. pen., sez. IV, n. 46824/2011, Rv. 252140; Cass. pen., sez. IV, n. 41317/2007, Rv. 237891).
Il principio richiamato, sebbene prenda in considerazione la sinergia tra medici in sala operatoria, ben può essere anche al personale paramedico, nei limiti delle competenze per cui è richiesta la loro prestazione. |