Locazione non registrata: lecita l'autoriduzione del canone?

Edoardo Valentino
12 Settembre 2022

Un locatore aveva agito giudizialmente per ottenere la liberazione del proprio immobile da un conduttore che aveva, a suo dire, omesso parte del pagamento del canone di locazione.

Stante il fatto che il proprietario non aveva registrato il contratto di locazione, infatti, il conduttore aveva applicato i dettami dell'art. 3 comma 8 del d.lgs.n. 23/2011, che afferma che «Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata l. n. 431/1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti».

In accordo a tale disposizione, quindi, il conduttore aveva corrisposto canoni in misura ridotta per un periodo di tempo tra il febbraio 2012 e il giugno 2012.

Il proprietario, invece, aveva ritenuto tale versamento come un inadempimento contrattuale ed aveva agito per lo sfratto dall'immobile.

I giudizi di merito, tanto di primo, quanto di secondo grado, avevano riconosciuto il diritto del locatore e avevano quindi disposto la liberazione dell'immobile.

Il ragionamento dei giudici di merito era, riassumendo, il seguente: il conduttore aveva certamente omesso il saldo di alcuni canoni, giustificando tale operazione sulla base della disciplina sopra riportata di cui al d.lgs. n. 23/2011.

Tale norma era poi stata dichiarata incostituzionale con sentenza 50 del 2014.

All'epoca dell'introduzione del giudizio, poi, il contratto era stato effettivamente registrato e quindi poteva trattarsi, al massimo, di registrazione tardiva.

Concludevano, poi, le sentenze di merito statuendo che, al di là dei canoni autoridotti, anche in epoca successiva alla declaratoria di incostituzionalità della summenzionata normativa, il conduttore si era reso responsabile di omissioni di versamento di canoni e che quindi lo sfratto poteva essere convalidato.

La cassazione accoglie il ricorso e ribadisce la disciplina in materia di registrazione tardiva del contratto di locazione. In ragione della duplice soccombenza il conduttore agiva in sede di Cassazione.

Nel ricordo del conduttore egli afferma l'illegittima valutazione della Corte d'Appello nella parte in cui era incorsa in un vizio di ultrapetizione, andando quindi con la propria decisione oltre alla domanda giudiziale presentata dalla parte.

Nonostante, infatti, l'azione riguardasse unicamente l'autoriduzione dei canoni nel periodo tra il febbraio e il giugno 2012, la Corte d'Appello aveva ritenuto la domanda della parte proprietaria accoglibile anche in ragione dell'inadempimento del versamento di canoni successivi, notabilmente nel periodo tra marzo e ottobre del 2014.

Tali canoni erano già in discussione in un separato giudizio, a quel momento pendente presso la Corte d'Appello.

A detta del ricorrente, quindi, la Corte d'Appello avrebbe errato ad avallare la decisione del Tribunale, il quale avrebbe dovuto fondare la decisione in merito allo scioglimento del contratto di locazione unicamente sui canoni autoridotti del 2012 e non anche sui successivi.

Seguivano, poi, nel ricorso, ulteriori motivi di doglianza.

La Cassazione, con la decisione n. 26493 dell'8 settembre 2022, accoglieva il primo motivo di ricorso e decretava i successivi come assorbiti.

Secondo il Collegio, infatti, la Corte d'Appello aveva agito al di là della domanda giudiziale ricevuta, decidendo la situazione sulla base del complessivo contegno contrattuale delle parti e non solo – come invece avrebbe dovuto fare – sulla legittimità o meno dell'autoriduzione dei canoni conseguente al dettame dell'art. 3 comma 8 del d.lgs. n. 23/2011.

Secondo la Cassazione, poi, laddove la Corte si fosse attenuta alla domanda giudiziale il risultato complessivo del giudizio avrebbe potuto essere differente, in quanto al momento dell'autoriduzione del canone la normativa era valida ed efficace.

L'autoriduzione dei canoni, infatti, come detto, era avvenuta tra il febbraio e il giugno del 2012 e la decisione della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l'incostituzionalità del d.lgs. n. 23/2011 era invece intervenuta solo a far data dal 19 marzo 2014.

È pur vero che le sentenze della Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, ma questo fa salvi gli effetti delle situazioni giuridiche già consolidate.

Al momento dell'autoriduzione dei canoni, quindi, il comportamento del conduttore non era illegittimo e il giudice di merito avrebbe dovuto tenerne conto in quanto, per consolidato principio giuridico, nelle domande di risoluzione contrattuale le cause di risoluzione devono preesistere al momento in cui la controparte propone la domanda giudiziale.

La Cassazione, quindi, decidendo sul merito, dichiarava l'accoglimento dell'Appello anzitempo proposto e rigettava la domanda di risoluzione del contratto avanzata dalla parte proprietaria.

Restava, quindi, da giudicare, la questione della validità o meno del contratto registrato tardivamente.

Questa questione giuridica originava da autonomo ricorso in Cassazione azionato dalla proprietaria e in seguito riunito al giudizio azionato dal conduttore.

Sul punto la Cassazione, rigettando il ricorso della locatrice, affermava il seguente principio di diritto: «per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 87/2017 e della salvezza del testo dell'art. 13 comma 5, della l. n. 431/1998, introdotto dall'art. 1, comma 59, della l. n. 208/2015, i contratti di locazione abitativa tardivamente registrati ad iniziativa del conduttore dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2011 sino al 16 luglio 2015, in forza della disposizione dell'art. 1 comma 346 della l. n. 311/2004, risultano validi ed efficaci in quanto il Giudice delle Leggi ha escluso che il comma 5 abbia inteso sancire la validità del contratto secondo il regime della registrazione disciplinata dal testo del comma 5 introdotto dal d.lgs. n. 23/2011 e dalla successiva proroga di cui alla legge n. 47/2014, ma non ha, invece, in alcun modo escluso gli effetti della registrazione ai sensi del citato comma 346. Sempre per effetto della sentenza della Consulta, il canone o l'indennità di occupazione dovuti dal conduttore nel periodo indicato sono dovuto nell'ammontare precisato dal comma 5 attualmente vigente, ancorché l'intervenuta registrazione, una volta apprezzata alla stregua dell'art. 1 comma 346, retroagisca, Giusta Cass. Sez. Un., n. 23601 del 2017, alla data di stipulazione del contratto, se concluso per iscritto».

Fonte:dirittoegiustizia.it

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