Giudizio di accertamento del diritto al mantenimento di figli maggiorenni non autosufficienti
13 Settembre 2022
Massima
- Nel giudizio proposto dal figlio maggiorenne nei confronti di uno solo dei genitori per il proprio mantenimento, l'altro genitore non è litisconsorte necessario. - L'obbligazione dedotta in giudizio non è obbligazione solidale. Una volta individuata la misura dell'assegno, il carico non può che ripartirsi fra i genitori in proporzione delle rispettive sostanze e possibilità; ne consegue che il giudice del merito è tenuto ad accertare, sia pure incidentalmente e senza forza di giudicato, i redditi di entrambi i genitori, per ripartire il peso dell'assegno a carico di ciascuno. - In tema di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non autosufficiente e affetto da handicap, il figlio che lo richieda è onerato della prova della ricerca diligente di una occupazione confacente, idonea a renderlo in tutto o in parte economicamente autosufficiente. Il caso
Il padre (AAA) di due gemelli maggiorenni (età, all'epoca, di 33 anni) li conveniva in giudizio per sentir dichiarare di nulla più dovere agli stessi a titolo di assegno di mantenimento. Il Tribunale adito respingeva la domanda. In sede di gravame, proposto da AAA, la Corte territoriale, in parziale riforma della decisione di primo grado, riduceva l'importo dell'assegno di mantenimento per ciascuno dei due figli dell'appellante, nonché l'importo delle spese straordinarie da essi sostenute. Nella circostanza, per gli aspetti di rito, la Corte rigettava l'eccezione di non integrità del contraddittorio, per non essere stata chiamata in causa la ex coniuge divorziata di AAA, ritenendo non sussistere litisconsorzio necessario, mentre, per gli aspetti di merito, disattendeva la domanda di non debenza dell'assegno a favore dei suddetti due figli, sul rilievo che l'obbligo di mantenimento del figlio non poteva ritenersi cessato se non al raggiungimento, da parte dello stesso, dell'indipendenza economica, gravando il relativo onere probatorio sul genitore, nella specie non assolto. Peraltro, la Corte riteneva di dover ridurre l'importo dell'assegno e del rimborso delle spese straordinarie, atteso l'intervenuto pensionamento di AAA e la conseguente riduzione dei suoi redditi, nulla potendo esigersi dalla sua ex coniuge, che godeva, a sua volta, di un assegno divorzile e mai aveva lavorato. Avverso tale pronuncia AAA proponeva ricorso per cassazione. Gli intimati (i due figli maggiorenni del ricorrente) si difendevano con controricorso. La questione
La Corte Suprema di cassazione è stata chiamata a stabilire: a) se, nell'ambito del giudizio promosso dal (o nei confronti del) genitore tenuto all'assegno di mantenimento, l'altro genitore fosse da ritenere litisconsorte necessario; b) su chi gravasse l'onere probatorio, anche in punto di quantum, relativo al sussistere dei presupposti per la corresponsione dell'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e affetto da handicap; c) secondo quali criteri l'assegno in questione dovesse essere ripartito fra i genitori. Le soluzioni giuridiche
Sulla prima e sulla terza delle suddette questioni, la Suprema Corte ha confermato il pensiero espresso dalla Corte del merito, disattendendolo, invece, con riguardo alla questione restante. i) Sulla questione distinta con la lettera a), la S.C. si è espressa in senso negativo, affermando l'insussistenza di un rapporto di litisconsorzio necessario fra i genitori «in quanto l'obbligazione fra i genitori non è neppure solidale, non potendo il figlio pretendere che da ciascuno di essi il dovuto». ii) Sulla questionedistinta con la lettera c),la S.C. ha affermato che, una volta individuata la misura dell'assegno di cui il figlio maggiorenne abbia eventualmente diritto di godere, il carico non può che reputarsi ripartito fra i genitori, in proporzione delle rispettive sostanze e possibilità e che, a tal fine, il giudice del merito è tenuto ad accertare, sia pure incidentalmente e senza forza di giudicato, i redditi di entrambi, per ripartire il peso dell'assegno a carico di ciascuno, e che, nella specie, stante l'accertata a rispettiva situazione patrimoniale, doveva ritenersi in re ipsa che il solo obbligato per l'intera misura dell'assegno dovesse essere il padre. iii) Per quanto, infine, inerente alla questione [distinta con la lettera b)] relativa alla titolarità dell'onere probatorio in materia di debenza dell'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, la S.C. ha osservato che la Corte del merito aveva ritenuto la sussistenza di un'invalidità dei gemelli nella misura del 34%, ma non aveva accertato se tale situazione impedisse loro di reperire un'attività lavorativa, almeno idonea ad un parziale guadagno, affermando che il relativo onere probatorio gravasse sul padre, il quale non lo aveva assolto, disattendendo così il principio di diritto secondo cui il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (viene fatto richiamo a Cass. Civ. sez. I, 14 agosto 2020, n. 17183). La S.C. ha precisato che il ricordato principio di diritto era già stato sancito (da Cass. Civ. sez. I, 29 luglio 2021, n. 21819, che di seguito si riporta pressoché in termini – n.d.r.) anche con riguardo al riconoscimento di un assegno di mantenimento al figlio maggiorenne portatore di handicap grave, la cui condizione giuridica è equiparata, sotto tale profilo, a quella dei figli minori ex art. 337-septies c.c., peraltro unicamente se sussista il presupposto ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. 104/1992, richiamato dall'art. 37-bis disp. att. c.c., ossia se la minorazione, singola o plurima, della quale il medesimo sia portatore, abbia ridotto la sua autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, essendo, in caso contrario, la condizione giuridica del figlio assimilabile non a quella dei minori bensì allo status giuridico dei figli maggiorenni. Osservazioni
i) A parere della Suprema Corte, nei giudizi aventi ad oggetto l'accertamento del dovere di prestazione dell'assegno di mantenimento ai figli maggiorenni economicamente non autosufficienti è da escludere che sussista un rapporto di litisconsorzio necessario sostanziale tra i genitori degli aventi diritto. Tale pensiero va condiviso. Ed invero, il figlio, ove concorrano le condizioni per far valere il suo diritto, può proporre la sua richiesta nei confronti dell'uno o dell'altro o di entrambi i genitori. In altri termini, ciascuno dei genitori ha, al riguardo, un dovere autonomo, e concorrente con quello dell'altro (Cass. Civ. sez. I, 6 luglio 2012, n. 11414), secondo un principio di proporzionalità (Cass. Civ. sez. VI, ord. 1 marzo 2018, n. 4811; Cass. Civ. sez. VI, ord., 16 settembre 2020, n. 19299). Ad avviso della S.C. sarebbe anche da escludere che si tratti di obbligo solidale. Pur ove si volesse optare per la tesi contraria (si vedano in proposito, sia pure in inerenza a fattispecie diverse da quella venuta all'attenzione, Cass. Civ. sez. I, 17 dicembre 2007, n. 26575, Cass. Civ. sez. I, 4 novembre 2010,n. 22506 e Cass. Civ. sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652, ove risultano dettati principi estensibili a tutti i casi in cui venga in rilievo l'obbligo di mantenimento), non si determinerebbe una situazione di litisconsorzio necessario, attesa la natura solidale dell'obbligazione dedotta in giudizio, che, dando luogo ad una pluralità di rapporti distinti, anche se collegati tra loro, esclude l'inscindibilità delle posizioni processuali. Litisconsorzio necessario processuale potrebbe configurarsi in sede di gravame laddove in primo grado la domanda sia proposta nei confronti di entrambi i genitori oppure entrambi abbiano chiesto di essere esonerati dal dovere di mantenimento del figlio maggiorenne. ii) Va rammentato che ricorre litisconsorzio necessario sostanziale, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge (ad. es., giudizi divisori), allorché, in ragione della particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune a una pluralità di soggetti, la decisione non può conseguire il proprio scopo – e sarebbe, pertanto, inutiliter data - se non sia resa nei confronti di tutti tali soggetti, così che questi debbono agire od essere convenuti nello stesso processo (v., ex multis, da ultimo, Cass. Civ. sez. lav., 13 giugno 2018, n. 15521; Cass. Civ. sez. III, 13 febbraio 2020, n. 3692). Nelle fasi di gravame, allorché la sentenza sia stata pronunciata in una causa litisconsortile e si tratti di cause inscindibili o fra loro dipendenti, il giudizio di impugnazione deve svolgersi (ad iniziativa della parte impugnante oppure, in difetto, in forza di provvedimento del giudice statuente l'integrazione del contraddittorio) nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato alla precedente fase. Si ha, in tal caso, l'ipotesi del litisconsorzio necessario «processuale», nei cui ambiti, rientrano, ovviamente, anche le ipotesi di litisconsorzio necessario «sostanziale». Nella fattispecie, palesemente, non ricorre alcuna delle suddette ipotesi. iii) Ai sensi del novellato (dal d.lgs. 154/2013) art. 147 c.c., sui genitori gravano gli obblighi (gli speculari diritti spettando ai minori, ex art. 315-bis c.c.) di mantenere, educare, istruire e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni. L'adempimento dei suddetti obblighi deve avvenire secondo quanto previsto dall'art. 316-bis c.c., il cui primo comma detta che i genitori devono adempiere il loro obbligo di mantenimento nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. L'obbligo di mantenimento, così come ogni altro obbligo previsto dall'art. 147 c.c., fa carico a tutte le «categorie» di genitori, siano essi coniugati oppure non coniugati oppure adottivi, quale effetto della parificazione (in attuazione dell'art. 30 Cost.) degli stati dei figli nati nel e fuori del matrimonio. Ciascuno dei genitori ha, al riguardo, un dovere autonomo, e concorrente con quello dell'altro. Sin qui le «regole» valevoli per i figli minorenni. L'obbligo in questione permane a favore dei figli divenuti maggiorenni, ogniqualvolta gli stessi siano «non indipendenti economicamente» (art. 337-septies, comma 1, c.c.); l'obbligo non è, peraltro, posto direttamente ed automaticamente dal legislatore, ma è rimesso alla dichiarazione giudiziale alla stregua di tutte le circostanze del caso concreto. Ai sensi del secondo comma della disposizione appena sopra citata, la condizione giuridica dei figli maggiorenni portatori di handicap grave è equiparata a quella dei figli minori, peraltro ove ricorrano i presupposti stabiliti dall'art. 3, comma 3, della l. 104/1992, richiamato dall'art. 37-bis disp. att. c.c. Si veda in proposito Cass. civ., sez. I, 29 luglio 2021, n. 21819, la cui massima è stata riportata nel punto iii) del precedente paragrafo. iv) Per quanto inerente agli oneri probatori in ordine alle circostanze legittimanti il diritto al mantenimento dei figli maggiorenni, si registrano due diversi orientamenti. Sino a tempi assai recenti era dominante il pensiero secondo cui gravava sul genitore obbligato alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, e che avesse domandato la modifica o la declaratoria di cessazione dell'obbligo oppure, ove convenuto, l'esonero da tale obbligo, l'onere di dare dimostrazione del raggiungimento dell'autonomia economica del figlio maggiorenne oppure dell'imputabilità allo stesso (richiamo al principio di autoresponsabilità), per un atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato, del mancato svolgimento di un'attività produttiva di reddito (v., ex multis, Cass. Civ. sez. I, 8 febbraio 2012, n. 1773; Cass. Civ. sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952; Cass. Civ. sez. VI, ord. 5 marzo 2018, n. 5088). Successivamente è stato, invece, affermato che i figli maggiorenni hanno diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se provino non solo la mancanza di indipendenza economica - che costituisce la precondizione del diritto preteso - ma anche di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. In altri termini, secondo tale indirizzo, non compete al soggetto passivo del rapporto l'onere di dare prova della raggiunta effettiva e stabile indipendenza economica del figlio, o della circostanza che questi abbia conseguito un lavoro adeguato alle aspirazioni soggettive. Ed invero, raggiunta la maggiore età, si presume l'idoneità al reddito, presunzione che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore. Il che viene ritenuto coerente con il consolidato principio generale di prossimità o vicinanza della prova (v., ex multis, Cass. Civ. sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533; Cass. Civ. sez. lav., 25 luglio 2008, n. 20484; Cass. Civ. sez. II, 17 aprile 2012, n. 6008; Cass. Civ. sez. lav., 14 gennaio 2016, n. 486), secondo cui la ripartizione dell'onere probatorio deve tenere conto, oltre che della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio riconducibile all'art. 24 Cost. ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova; conseguentemente, ove i fatti possano essere noti solo ad una delle parti, ad essa compete l'onere della prova, pur negativa (v., per tutte le proposizioni riportate nel testo, Cass. Civ. sez. I, ord., 14 agosto 2020, n. 17183, nonché Cass. Civ. sez. I, 13 ottobre 2021, n. 27904). A tale indirizzo si è conformata la sentenza in commento, in concreto affermando che l'onere probatorio in questione grava sul figlio maggiorenne, anche nelle ipotesi in cui sia portatore di handicap, a prescindere dalla veste che lo stesso assuma in giudizio, e pertanto sia in veste di attore sia, come nel caso concreto, in veste di convenuto in giudizio. v) Deve osservarsi che il contrasto tra i due ricordati indirizzi non può dirsi sopito. Ed infatti, la stessa Sezione I della S.C., in parzialmente diversa composizione, ha, in tempi assai recenti, riproposto il pensiero originariamente dominante, affermando che della prova dei presupposti su cui si fonda l'esclusione del diritto al mantenimento è gravato il genitore che si oppone alla domanda(v. Cass. Civ. sez. I, ord., 3 dicembre 2021, n. 38366 e, nello stesso senso, Cass. Civ. sez. VI, ord., 9 ottobre 2020, n. 21752); onere, peraltro, la cui gravosità è destinata gradualmente a ridursi, sino «al sorgere di una vera e propria presunzione di autosufficienza», in rapporto alle circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, vale a dire al crescere dell'età del beneficiario ed al decorso di una congrua distanza temporale dal completamento della formazione nonché agli altri fattori che incidano comunque sul tenore di vita del figlio maggiorenne e che di fatto lo rendano non più dipendente dal contributo proveniente dai genitori (v. Cass. Civ. sez. VI, ord., 5 marzo 2018, n. 5088; Cass. Civ. sez. VI, 22 luglio 2019, n. 19696; Cass. Civ. sez. VI, ord., 11 giugno 2020, n. 11186). La questione è, per certo, di particolare importanza, afferendo a diritti «fondamentali», ed è auspicabile che sia rimessa alle Sezioni Unite, senza porre troppo tempo in mezzo. Riferimenti
Note a Cass. Civ. sez. I, ord., 14 agosto 2020, n. 17183:
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