Madre ostacola il diritto di visita del padre: quale sanzione?
13 Settembre 2022
Nel caso esaminato la Corte d'Appello di Cagliari, confermando la pronuncia di primo grado, disponeva l'affido condiviso della figlia minore di una coppia, con collocamento presso la madre e prosecuzione di un percorso di avvicinamento al padre tramite i servizi sociali.
Veniva inoltre confermata la sanzione di mille euro a carico della madre per aver ostacolato l'esercizio del diritto di visita del padre per alcuni anni. Il comportamento della madre aveva infatti influito sul rifiuto della bambina nei confronti della figura paterna.
Veniva accolta infine la domanda con cui il padre chiedeva di condannare la controparte ex art. 614-bis c.p.c. ad un importo da versare per ogni successiva violazione o inosservanza dell'esecuzione del provvedimento giudiziale regolante l'esercizio del diritto di visita.
Affermava infatti la Corte territoriale che la misura è cumulabile con la sanzione inflitta ex art. 709-ter c.p.c. e che il diritto di visita è regolato da un provvedimento suscettibile di esecuzione con conseguente applicazione dell'art. 614-bis c.p.c.
La madre ha impugnato in Cassazione la pronuncia, ma le censure della ricorrente, con cui la stessa contestava sostanzialmente l'adesione acritica del giudice di merito alle risultanze della CTU, sono state ritenute inammissibili.
Secondo la Corte i giudici di merito hanno tenuto conto della complessiva indagine peritale anche in relazione al deficit di competenze genitoriali del padre, dal momento che, nonostante l'accertato comportamento ostruttivo della madre, veniva disposta la collocazione della minore presso di lei.
Allo stesso modo risultava correttamente svolto l'accertamento dell'esistenza e della reiterazione dei comportamenti ostativi della ricorrente rispetto al diritto di visita del padre.
La ratio decidendi si fondava infatti su tale comportamento impeditivo e sull'effetto pregiudizievole per la minore, con la conseguente necessità dell'intervento dei servizi sociali proprio per garantire l'assenza di tali ostacoli frapposti dalla madre alla ripresa dei rapporti padre-figlia, in favore dell'esercizio del diritto della minore alla bigenitorialità.
Per questi motivi, la Corte ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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