Legge fallimentare o Codice della crisi? Quot capita tot sententiae

16 Settembre 2022

Per un periodo più o meno lungo, con l'entrata in vigore del Codice della crisi impresa, conviveranno, come dispone l'art. 390 CCII, due diverse fonti normative, dando vita ad un regime giuridico doppio binario. L'Autore si sofferma su un'ipotesi non insolita che potrebbe presentarsi nella prassi con una certa frequenza, ripercorrendo anche alcune prime pronunce dei giudici di merito .

L'entrata in vigore del CCII non ha determinato di per sé l'espulsione dal nostro ordinamento del R.d. n. 267/1942.

L'art. 390 CCII stabilisce, infatti, che la legge fallimentare sopravviverà, disciplinando quei procedimenti incardinati prima del 15 luglio 2022.

Ai fini dell'individuazione della normativa applicabile, l'interprete dovrà ricorrere ad un criterio temporale, rappresentato dal momento in cui è avvenuto il depositato della domanda.

Va da sé, pertanto, che per un periodo più o meno lungo convivranno nel nostro ordinamento due diverse fonti normative, dando così vita ad un regime giudico a “doppio binario”.

La soluzione individuata dall'art. 390 CCII, apparentemente, si presenta come lineare e scevra da complicazioni di sorta.

Tuttavia, omette di disciplinare un'ipotesi non insolita e che potrebbe presentarsi nella prassi con una certa frequenza allorché il debitore, come reazione ad un'istanza di fallimento depositata prima del 15 luglio 2022, presenti successivamente a tale data, ovvero in sede di istruttoria prefallimentare, una domanda di accesso al concordato preventivo, anche in forma prenotativa.

Senza voler muovere critiche al Legislatore, stante le palesi difficoltà che attualmente comporta scrivere le norme, è opportuno chiedersi quale disciplina sia destinata a trovare applicazione nel caso in cui si configurasse la fattispecie di cui sopra.

I primi responsi da parte della giurisprudenza di merito - La questione è alquanto controversa, prova ne è che in giurisprudenza si è già registrato un conflitto sul punto.

Il Tribunale di Udine (decreto del 24 luglio 2022) ha affermato la regola secondo cui in tal caso la legge fallimentare debba prevalere sul Codice della crisi d'impresa.

A giudizio del Tribunale friulano, infatti, sussiste una stretta connessione tra le due procedure, aventi ad oggetto la regolazione della medesima situazione di crisi.

Dal che il debitore non avrebbe depositato la domanda di ammissione al concordato preventivo se non fosse stato raggiunto dall'istanza di fallimento.

Conseguentemente, ad avviso del Giudice friulano, la legge fallimentare dovrebbe attrarre nella propria orbita il concordato, ancorché la domanda di accesso sia stata depositata post 15 luglio 2022.

All'orientamento del Tribunale di Udine ha aderito recentemente quello di Verona che, con decreto del 27 luglio 2022, ha enunciato il principio secondo cui “Le domande di concordato ex art. 161, comma 6, l.fall. depositate successivamente all'entrata in vigore del CCII vanno definite ai sensi della legge fallimentare allorché nei confronti dell'imprenditore penda contestualmente un'istanza di dichiarazione di fallimento cui sia applicabile ratione temporis la disciplina previgente”.

Di diverso avviso, invece, il Tribunale di Roma (decreto 21 luglio 2022) che, pur pronunciandosi obiter dictum nell'ambito di un procedimento volto alla conferma delle misure protettive,afferma la regola opposta secondo cui deve trovare applicazione la nuova disciplina in quanto la domanda di concordato è stata depositata in vigenza del Codice della crisi d'impresa.

Entrambe le soluzioni prospettate dalla giurisprudenza paiono condivisibili, per cui, in presenza di fattispecie analoghe, la soluzione alla questione di diritto dipenderà, in assenza di un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite (che, se del caso, interverrà non nell'immediatezza), dalla sensibilità del singolo Collegio giudicante.

Una questione irrisolta -Rimane, comunque, irrisolta una questione su cui la giurisprudenza non ha ancora avuto modo di pronunciarsi. Come regolare l'ipotesi inversa? Potrebbe, infatti, accadere che venisse depositata un'istanza per l'apertura della liquidazione giudiziale post 15 luglio 2022 nei confronti di un'impresa che abbia depositato una domanda di accesso al concordato prima dell'entrata in vigore della nuova normativa. In tal caso quale normativa dovrebbe prevalere?

L'unico provvedimento che si registra sul punto è stato emesso sempre dal Tribunale di Udine Tribunale di Udine, 27 luglio 2022 secondo cui “vanno dichiarati inammissibili de plano i ricorsi per la dichiarazione di fallimento depositati in data successiva a quella di entrata in vigore del CCII”.

Si tratta di una decisione senz'altro condivisibile con riferimento alle istanze ex art. 15 l.fall. depositate post 15 luglio 2022 e che non presentano alcuna connessione con una domanda di concordato depositata prima dell'entrata in vigore del CCII.

Tuttavia, la giurisprudenza sembrerebbe non aver chiarito quale tra le due normative debba trovare applicazione nel caso in cui venisse dichiarata inammissibile la domanda di concordato depositata ante 15 luglio 2022 e, contestualmente, fosse disposta l'apertura della procedura fallimentare / liquidatoria in ragione di un'istanza depositata da un creditore successivamente all'entrata in vigore della nuova disciplina.

Se si adottasse la soluzione prospettata dal Tribunale di Udine, stante il legame tra le due procedure, la legge fallimentare prevarrebbe sul CCII.

Qualora, invece, si dovesse prediligere l'alternativa prospettata dal Tribunale di Roma, che fa leva su un criterio temporalistico, dovrebbe essere applicata la nuova normativa e, pertanto, la procedura liquidatoria verrebbe regolata dalle norme contenute nel Codice della crisi d'impresa.

Così come si potrebbe, paradossalmente, prospettare che, in caso di ammissione della domanda di concordato ante 15 luglio , trovi applicazione la disciplina di cui al R.d. n. 267/1942, mentre nell'ipotesi di rigetto e contestuale apertura della procedura liquidatoria venga applicato il nuovo Codice della crisi d'impresa.

Fortunatamente, l'incertezza sopra descritta, che conferma ancora una volta in più il brocardo latino "quot capita, tot sententia", è destinata ad accompagnarci per un breve periodo e solamente con riferimento a quelle procedure fallimentari depositate in prossimità della cuspide.

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