Niente spese a carico della parte anche solo parzialmente vittoriosa
19 Settembre 2022
Massima
Nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado ed in appello, poiché la parte vittoriosa, in base all'esito complessivo del giudizio, resta pur sempre l'attore, il giudice d'appello potrà compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, solo se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado, ma non porle, anche in parte, a carico dell'attore. Il caso
La società Alfa conveniva in giudizio, dinanzi al tribunale di Roma, Tizio e Caia per sentirli condannare al pagamento della provvigione per l'attività di mediazione immobiliare svolta in loro favore, oltre al rimborso delle relative spese. Il tribunale accoglieva la domanda limitatamente al rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento dell'incarico e compensava interamente le spese di lite. A seguito di gravame proposto dall'attrice, la corte d'appello di Roma accoglieva parzialmente l'impugnazione in relazione alla determinazione dell'importo delle spese di pubblicità sostenute per lo svolgimento dell'incarico di mediazione, e compensava le spese di lite del doppio grado di giudizio, ponendole per i tre quarti a carico dell'attrice-appellante e per un quarto a carico dell'appellata Caia. Avverso tale statuizione la società Alfa proponeva ricorso per cassazione, lamentando, con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 92, 112 e 132 c.p.c., per avere la corte di merito compensato le spese del doppio grado sebbene la domanda proposta da essa istante fosse stata parzialmente accolta sia in primo grado che in appello e fosse stata rigettata la domanda riconvenzionale della controparte, che non aveva proposto appello incidentale in relazione al capo relativo alla regolamentazione delle spese di lite. La questione
La questione richiamata nella pronuncia in esame attiene all'individuazione dei limiti che incontra il giudice nella liquidazione delle spese giudiziali, in particolare nell'ipotesi in cui, all'esito del giudizio complessivamente considerato, la domanda attorea sia risultata parzialmente fondata sia in primo grado che in appello. Le soluzioni giuridiche
Il motivo di ricorso inerente alla liquidazione delle spese giudiziali è stato accolto. Partendo dal consolidato principio per cui, ai fini della regolamentazione delle spese, la soccombenza deve essere valutata in base all'esito complessivo del giudizio, tenendo conto, cioè, non dell'esito dei singoli gradi in cui il processo si sia articolato, ma del risultato finale conseguito dall'attore, si assume che, in caso di accoglimento solo parziale della domanda, il giudice può disporre la totale o parziale compensazione delle spese, ma giammai condannare l'attore, pur sempre parzialmente vittorioso, al pagamento di parte delle spese sostenute dal convenuto (Cass. Civ. 24 ottobre 2018, n. 26918). Pertanto, nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado ed in appello, la parte vittoriosa, in base “all'esito complessivo” del giudizio, resta pur sempre l'attore, con la conseguenza che il giudice di appello potrà compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado, ma non anche porle anche in parte a carico della parte risultata comunque vittoriosa (Cass. Civ. 28 settembre 2015, n. 19122). Ne deriva, ulteriormente, che incorre nella violazione dell'art. 112 c.p.c. il giudice che, in accoglimento dell'appello della parte parzialmente soccombente, disponga la riduzione delle spese processuali poste — dalla sentenza impugnata — a carico dell'altra parte che non abbia al riguardo proposto alcuna impugnazione (Cass. Civ. 5 agosto 2011, n. 17031). Nel caso di specie, la società attrice era risultata parzialmente vittoriosa in primo grado ed il tribunale aveva compensato integralmente le spese di lite. Anche in grado d'appello, l'attrice era parzialmente vittoriosa in relazione al capo di domanda concernente la determinazione delle spese di pubblicità, sicchè la stessa non poteva essere condannata al pagamento dei tre quarti delle spese di lite del giudizio di primo grado, che erano state interamente compensate, in assenza di appello incidentale da parte dell'appellata. Vi è stata, quindi, una violazione degli artt. 112 e 92 c.p.c., in quanto la parte appellante, nonostante l'accoglimento dell'appello, è stata condannata a sostenere in parte le spese di lite del convenuto. La Suprema Corte ha, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in caso di accoglimento parziale della domanda, il giudice può, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l'esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poiché tale condanna è consentita dall'ordinamento solo per l'ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa (Cass. Civ. 23 gennaio 2018, n. 1572). Non rilevava, inoltre, che l'appellata Caia fosse stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, in quanto, anche in una siffatta ipotesi, il giudice deve regolamentare le spese di lite sulla base del principio della soccombenza, disponendo la compensazione nei casi previsti dall'art. 92 c.p.c. La Suprema Corte ha, quindi, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla medesima corte d'appello in diversa composizione, disponendo che quest'ultima si attenesse al seguente principio di diritto: “Nel caso in cui la domanda attorea sia stata parzialmente accolta in primo grado, ed in appello, la parte vittoriosa, in base all'esito complessivo del giudizio resta pur sempre l'attore, con la conseguenza che il giudice di appello potrà compensare, in tutto o in parte, le spese del grado di appello e, solo se vi sia stata impugnazione sul punto, anche quelle del giudizio di primo grado ma non porle, anche in parte, a carico della parte risultata comunque vittoriosa”. Osservazioni
La statuizione è senz'altro condivisibile, in quanto la corte di merito, in mancanza di un appello incidentale, aveva riformato in peius, ai danni di parte attrice, la sentenza di primo grado nella parte relativa alla regolamentazione delle spese giudiziali, sebbene parte vittoriosa fosse risultata, sia in primo grado che in sede di gravame, la stessa società attrice. In sostanza, qualora la sentenza di primo grado contenga una pluralità di statuizioni, l'eventuale appello può giovare solo alla parte che abbia esercitato il diritto di impugnazione, per rimuovere quelle ad essa sfavorevoli, mentre le altre, se non censurate dalla controparte con appello incidentale, restano coperte dal giudicato. Da ciò deriva che il giudice di appello, quando, accogliendo il gravame della parte parzialmente soccombente non onerata dalle spese processuali, riformi la sentenza di primo grado, non può modificare, in senso peggiorativo per l'appellante, la statuizione sulle spese del merito, se questa non ha formato oggetto di appello incidentale, senza che in contrario possa invocarsi l'effetto espansivo interno della cassazione parziale stabilito dall'art. 336, comma 1, c.p.c., atteso che la regola della dipendenza del capo di sentenza concernente le spese processuali da quelli recanti le statuizioni del merito opera nei limiti della soccombenza effettiva della parte impugnante e, quindi, con esclusivo riguardo alle ipotesi in cui il giudice dell'impugnazione possa rivedere in senso più favorevole al vincitore anche la decisione sulle spese non direttamente impugnata, non anche in quella, inversa, in cui la statuizione dipendente non implica soccombenza di detta parte ma dell'altra, la quale invece non abbia proposto al riguardo alcuna doglianza (Cass. Civ. 30 marzo 2001, n. 4739; Cass. Civ. 21 giugno 1996, n. 5748). Nel caso in esame, quindi, la corte di merito, nell'accogliere parzialmente l'appello della società attrice, avrebbe potuto sì modificare la regolamentazione delle spese giudiziali contenuta nella sentenza impugnata, ma solo in senso più favorevole all'appellante, così dovendo interpretarsi il tradizionale principio per cui “Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali” (ex multis, Cass. Civ. 12 aprile 2018, n. 9064). Tale conclusione, è bene precisare, non discende all'applicazione del divieto della reformatio in peius, privo di fondamento nel sistema del codice di rito civile, ma dagli effetti processuali propri della devoluzione nei limiti di quanto impugnato, e dunque dal combinato disposto degli artt. 329 e 342 c.p.c.: l'assenza di motivi di gravame specifici su singoli punti e capi della sentenza, attraverso l'appello incidentale, comporta, cioè, acquiescenza sugli stessi e l'impossibilità per l'appellato di ottenere effetti per sé favorevoli (Cass. Civ. 6 ottobre 2020, n. 21504; Cass. Civ. 17 febbraio 2020, n. 3896; Cass. Civ. 8 novembre 2013, n. 25244). Si è, infatti, precisato in giurisprudenza che l'accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicchè la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell'impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (Cass. Civ. 29 ottobre 2019, n. 27606, per il cui commento si rinvia a C. Taraschi, Limiti alla modifica in appello delle spese del giudizio di primo grado, in www.ilprocessocivile.it). Da ultimo, va rammentato che la Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria 14 ottobre 2021, n. 28048, ha rimesso al Primo Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnarla alle Sezioni Unite – sussistendo un contrasto nella giurisprudenza di legittimità e trattandosi di questione di massima di particolare importanza – la questione in ordine al seguente quesito: se sia corretta e costituzionalmente orientata l'interpretazione dell'art. 92 c.p.c. secondo cui, nel caso di rilevante divario tra petitum e decisum, l'attore parzialmente vittorioso può essere condannato alla rifusione di un'aliquota delle spese di lite in favore della controparte (in ordine alle contrapposte tesi della giurisprudenza si rinvia a C. Trapuzzano, L'attore parzialmente vittorioso può essere condannato alla refusione di una quota delle spese di lite?, in www.ilprocessocivile.it). |