La natura impugnatoria dell'opposizione allo stato passivo non consente la proposizione di nuove domande
20 Settembre 2022
Massima
Nell'opposizione allo stato passivo non opera il primo termine di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., (che consente la mutatio di uno o entrambi gli elementi oggettivi della domanda, petitum e causa petendi, purché comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio); sono pertanto inammissibili domande nuove. Il suddetto procedimento di opposizione, presentando natura impugnatoria, è invece espressamente regolato dall'art. 99 l. fall. e va coordinato con l'art. 101 l. fall., senza alcun margine per l'operatività, neppure in via analogica, dei principi propri dell'opposizione a decreto ingiuntivo. (La Corte ha cassato il decreto del tribunale che aveva ammesso il credito dell'opponente in forza di una domanda subordinata di arricchimento indebito, ex art. 2041 c.c., proposta per la prima volta in sede di opposizione allo stato passivo). Il caso
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva ammesso al passivo un credito chirografario, accogliendo la domanda subordinata d'ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., contenuta però solo nell'atto introduttivo del giudizio di opposizione allo stato passivo. Ed infatti, il ricorso per l'ammissione aveva ad oggetto un credito, derivante dal pagamento di un debito altrui in esecuzione di un negozio di espromissione; in pratica il creditore aveva richiesto l'adempimento (provato) di un contratto con la fallita, la cui esistenza non era stata però in grado di dimostrare. Con il ricorso di opposizione allo stato passivo, il creditore aveva chiesto di essere ammesso al passivo in via subordinata anche ex art. 2041 c.c., nei limiti in cui il debitore (di cui al negozio di espromissione) aveva tratto vantaggio dal pagamento del terzo (il creditore opponente). L'ammissione allo stato passivo è stata impugnata con ricorso per cassazione dalla curatela per avere il giudice dell'opposizione allo stato passivo accolto una domanda mai esaminata prima dal giudice delegato, perché proposta per la prima volta nel giudizio di opposizione. La questione
La Corte di Cassazione, movendo dal carattere impugnatorio del giudizio di opposizione a stato passivo, ha accolto il ricorso, escludendo l'operatività dell'art. 183, comma 6, c.p.c., disposizione questa inerente il solo procedimento di cognizione di primo grado. Con l'occasione, la Corte ha precisato che nel procedimento di opposizione allo stato passivo non operano automaticamente e tout court le regole del giudizio di appello, occorrendo di volta in volta saggiarne la compatibilità con la specifica disciplina sancita dagli artt. 93-99 l.fall. Così se da un canto la Suprema Corte ha riconosciuto che il divieto di domande nuove (ferme alcune eccezioni) posto dall'art. 345 c.p.c. non trova automatica ed immediata applicazione nel giudizio di opposizione allo stato passivo, dall'altro ha rilevato come sia proprio la formulazione letterale dell'art. 99 l.fall. (v., ad es. il riferimento all'identificazione delle circostanze di fatto e all'individuazione degli argomenti di diritto in grado di modificare lo stato passivo in favore del ricorrente) ad escludere la proponibilità di domande nuove rispetto a quelle contenute nel ricorso per l'ammissione allo stato passivo. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione è stata, dunque, chiamata a fornire una soluzione al problema se nel procedimento di opposizione allo stato passivo, operi il principio secondo cui: “Nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell'art.183, comma 6, c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta” (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2018, n. 22404). Non può tacersi che tale principio presuppone logicamente – e cronologicamente – un'altra importante pronuncia (Cass., Sez. Un., 15 giugno 2015, n. 12310) per la quale la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio. Ora non v'è dubbio che: i) la domanda di arricchimento senza causa è nuova a fronte di quella di adempimento (ex multis Cass. 6 ottobre 1999, n. 11123; Cass. 9 febbraio 2021, n. 3058); che ii) l'ammissibilità di domande nuove è consentita nel solo giudizio di primo grado e più precisamente nella fase iniziale della scansione processuale di cui all'art. 183 c.p.c. (Cass. 21 novembre 2017, n. 27566; Cass. 10 gennaio 2018, n. 535); e che iii) il giudizio di opposizione a stato passivo ha natura impugnatoria (Cass. 30 luglio 2021, n. 21991; Cass. 4 dicembre 2020, n. 27902; Cass. 10 maggio 2018, n. 11366; Cass. 3 novembre 2017, n. 26225; Cass. 13 settembre 2017, n. 21201), tant'è che se non è proposta l'opposizione, il decreto del giudice delegato acquista la stabilità propria del giudicato, sia pure con i limiti del giudicato endofallimentare (di recente, su tali limiti, Cass. 3 dicembre 2020, n. 27709; Cass. 21 ottobre 2020, n. 22954). Tanto basta alla Corte per affermare che il carattere impugnatorio dell'opposizione allo stato passivo, in assenza di una espressa previsione normativa della facoltà dell'opponente di proporre domande nuove, esclude l'ammissibilità delle stesse. Osservazioni
Il ragionamento seguito dalla Corte ci sembra lineare, non solo da un punto di vista logico, ma anche sistematico. La fase dell'opposizione al passivo è strutturata come un procedimento contratto, in cui gli atti introduttivi hanno un carattere “definitorio”, non essendo consentite ulteriori attività, né gli sviluppi declinati dall'art. 183 c.p.c. Anche la decisione sulle opposizioni allo stato passivo è particolarmente semplificata e celere, senza complicazioni procedurali non indispensabili: tant'è che non sono consentite nemmeno domande riconvenzionali (Cass. 8 febbraio 2019, n. 3778), L'esigenza che lo stato passivo trovi al più presto una propria definitività porta, dunque, ad escludere che il creditore possa “calibrare” meglio la propria domanda in sede di opposizione, fermo restando - ove sussistano i presupposti – la proposizione di una domanda tardiva. Coerentemente la Corte rileva pure che l'inammissibilità delle domande nuove in sede di opposizione al passivo si ricollega anche al funzionamento dell'art. 101 l. fall. Non a caso la giurisprudenza ritiene che la domanda di insinuazione tardiva è ammissibile se diversa, per petitum e causa petendi, rispetto a quella di insinuazione ordinaria, poiché il carattere giurisdizionale e decisorio del procedimento di verificazione del passivo esclude che, per il giudicato interno formatosi sull'istanza tempestiva, possa proporsi una nuova insinuazione per un credito, o una parte di esso, che sia stato in precedenza escluso dal passivo (Cass. 20 febbraio 2020, n. 4506). Sempre da un punto di vista sistematico la Corte considera, inoltre, che il recente orientamento che ammette la facoltà di radicale mutatio con la prima memoria di cui all'art. 183 c.p.c. troverebbe applicazione anche nell'opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. 13 aprile 2021, n. 9668) non potrebbe condurre, nel caso di specie, ad una diversa soluzione. Ed infatti di là dalla comunanza del nomen “opposizione” i due procedimenti non sono assimilabili. Ciò sia perché: a) nell'opposizione allo stato passivo il contraddittorio si dispiega fin dall'inizio del procedimento, mentre nel giudizio per decreto ingiuntivo è soltanto eventuale; sia perché b) l'opposizione allo stato passivo è intrapresa dal creditore che ha visto respinta la sua domanda, mentre l'opposizione a decreto ingiuntivo è proposta dal debitore ingiunto, per reagire ad un provvedimento che ha provvisoriamente accolto la domanda del creditore; sia perché c) il giudice che concede il decreto ingiuntivo può essere il medesimo dinanzi al quale si propone l'opposizione. Sullo sfondo, resta – inoltre - la diversa struttura del rito che disciplina il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rito che “si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”, ai sensi del secondo comma dell'articolo 645 c.p.c., mentre quello che disciplina il giudizio di opposizione allo stato passivo, rimane appunto regolato dall'art. 99 l. fall. Rimane, infine, da dire che tale assetto non sembra destinato a mutare in seguito all'entrata in vigore del Codice della crisi e della insolvenza, posto che le nuove disposizioni replicano il contenuto delle relative norme della l. fall. (la novità rilevante pare consistere, invece, nell'estinzione del processo con conseguente cancellazione della causa dal ruolo ove il ricorrente costituito non compaia ai sensi del comma 10 dell'art. 207 CCII). Riferimento
Oltre alla giurisprudenza richiamata nel testo, v., però, Cass. 10 giugno 2021, n. 16324 (ord.), secondo cui il giudizio di opposizione allo stato passivo, malgrado la sua natura impugnatoria, non è caratterizzato dalla preclusione di cui all'art. 345 c.p.c. in materia di ius novorum, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell'opposizione, se esclude l'immutazione del thema disputandum e non ammette l'introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all'esame del giudice delegato. In dottrina F. Casa, Domande nuove nel giudizio di opposizione allo stato passivo: alcune riflessioni critiche, in Il fall., 2022, 7, 963; M. Montanari, Il procedimento di opposizione al passivo tra inquadramento di fondo e specifiche questioni applicative, ivi, 2011, 1116 ss. |