Il diritto di controllo del socio: presupposti e limiti

Federica Sisca
19 Settembre 2022

Due recenti pronunce del Tribunale di Milano offrono l'occasione per analizzare i presupposti e il perimetro applicativo del diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l., ai sensi dell'art. 2476, comma 2, c.c.
Massima

Il diritto di controllo e ispezione del socio, di cui all'art. 2476, comma 2, c.c., quale diritto potestativo, strumentale a qualunque prerogativa del socio stesso e non solo all'esercizio dell'azione di responsabilità, non può sopravvivere all'estinzione dell'ente, trattandosi di un diritto amministrativo che appartiene al socio e che può esser fatto valere solo nei confronti della società partecipata. (Tribunale Milano, 22/04/2022).

In ipotesi in cui la società a responsabilità limitata sia una holding non può affermarsi, in via generale ed astratta, la sussistenza del potere del socio di esaminare indifferentemente e direttamente ogni documento della partecipata, ma non può per converso negarsi in radice la possibilità di avere specifiche informazioni sulle partecipate, se si negasse tale facoltà si avrebbe come risultato lo svuotamento del diritto ex art 2476 comma 2 c.c. ogni volta in cui la società abbia come attività soltanto quella “statica” di gestione di partecipazioni.

Il contrasto tra il diritto di accesso del socio di s.r.l. e le esigenze di riservatezza della società debba essere risolto alla luce del principio di buona fede, la cui applicazione allo specifico rapporto sociale “comporta che il diritto alla consultazione della documentazione sociale e alla estrazione di copia possa trovare specifica limitazione attraverso l'accorgimento del mascheramento preventivo dei "dati sensibili" presenti nella documentazione, quali, i dati relativi ai nominativi di clienti e fornitori- laddove alle esigenze di controllo "individuale" della gestione sociale -cui è preordinato il diritto del socio ex art. 2476, comma 2, c.c. - si contrappongano non pretestuose esigenze di riservatezza fatte valere dalla società. (Tribunale Milano, 29/04/2022).

Il caso

Con la prima ordinanza, il Tribunale di Milano si è espresso in merito ad un ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso da un socio di una S.r.l. semplificata in liquidazione al fine di ottenere, in via di urgenza, un provvedimento che gli permettesse di consultare ed estrarre copia dei documenti contabili nonché di tutti i contratti relativi alla società, secondo quanto previsto all'art. 2476, comma 2, c.c.. Riscontrata l'avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, il Tribunale ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso sull'assunto che il diritto di cui all'art. 2476, comma 2, c.c. non possa farsi valere nei confronti di un ente inesistente. Tuttavia, lo stesso Tribunale ha chiarito che il fatto che non sia più esercitabile il diritto di controllo ex art. 2476, comma 2, c.c. (in quanto presuppone come requisito della sua esercitabilità l'esistenza della società) non esclude che possano farsi valere altri diritti che trovino un antecedente logico nel rapporto societario o in rapporti contrattuali della società. In tal caso, come osservato dalla pronuncia in esame, graverebbe sul ricorrente l'onere di individuare sia il diritto esercitato e il relativo titolo, sia di allegare un preciso ed effettivo interesse ad ottenere il provvedimento richiesto. Nel caso di specie, il Tribunale non ha ritenuto sussistenti i suddetti requisiti ed ha, pertanto, confermato anche sotto questo aspetto l'inammissibilità del ricorso.

Con la seconda ordinanza, emessa a pochi giorni di distanza dalla precedente, il Tribunale di Milano si è espresso in merito ad altro ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso da un socio di minoranza di una S.r.l. holding per vedersi consegnare copia di tutta la documentazione contabile, nonché di tutti i contratti attivi e passivi facenti capo alla stessa e ad una delle sue controllate. La società, costituitasi in giudizio, ha contestato l'azione promossa dal socio dichiarando di aver in realtà già soddisfatto le sue richieste nei limiti consentiti essendovi un rapporto di concorrenza tra la società stessa (in particolare una delle sue controllate) e una diversa società di cui il ricorrente è presidente e la figlia socia di maggioranza. Al vaglio del Tribunale, quindi, è stata sottoposta la delicata questione di bilanciamento e contemperamento del diritto di controllo del socio di holding sulle controllate ex art. 2476, comma 2, c.c., da un lato, con le esigenze di riservatezza manifestate dalla società in virtù del suddetto rapporto di concorrenza. Considerata la peculiarità della situazione, il Tribunale ha ritenuto di dover controbilanciare il diritto di controllo del socio con le esigenze di riservatezza della società ritenute meritevoli di tutela, pertanto, ha ordinato alla società di fornire al ricorrente tutta la documentazione da lui richiesta ma previo mascheramento dei dati dalla stessa ritenuti sensibili in relazione all'attività in concorrenza.

Le questioni

Entrambe le pronunce si inseriscono nel dibattuto tema avente ad oggetto i presupposti e l'ampiezza del diritto di controllo del socio ex art. 2476, comma 2, c.c., risultando convincenti e condivisibili oltre che di particolare interesse vista anche la particolarità del caso di specie (socio di una società estinta e socio esercente un'attività concorrente). Il tutto, a parere di chi scrive, con l'ulteriore (non voluto) effetto di minare in concreto l'assunto più volte espresso dalla giurisprudenza di merito che qualifica il diritto di controllo del socio come un diritto potestativo.

Ed infatti, se parte della dottrina ritiene che il diritto di controllo del socio sia un vero e proprio diritto soggettivo, cui corrisponde un dovere in capo alla società (cfr. V. Costi, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio, in Riv. Soc., 1963, I, 73. Altra parte della dottrina ritiene, più nello specifico, che debba inquadrarsi nella categoria dei diritti soggettivi collettivi, in tal senso Foschini, Il diritto dell'azionista all'informazione, Giuffrè, 1959, 265, 271 ss.) in diverse occasioni la giurisprudenza di merito si è espressa in termini di diritto potestativo. Tale orientamento è stato condizionato sia dal fatto che l'esercizio del diritto di cui all'art. 2476, comma 2, c.c. non è subordinato alla ricorrenza di interessi od esigenze particolari del socio, sia dalla considerazione che l'ampiezza e l'illimitatezza di tale diritto dovrebbero operare come contrappeso all'eliminazione del controllo giudiziario della gestione sociale previsto dall'art. 2409 c.c. (cfr. Trib. Milano, 19 gennaio 2017; Trib. Milano, 26 settembre 2016; Trib. Roma 15 gennaio 2015; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 10 giugno 2011; Trib. Roma, 16 gennaio 2008; Trib. Bologna 6 dicembre 2006).

Osservazioni

A parere di chi scrive, il diritto di controllo del socio non sembra correttamente inquadrabile come diritto potestativo, posto che quest'ultimo per definizione permette al titolare di modificare, con un proprio atto, la sfera giuridica di un altro soggetto (in questo caso la società) che versa in una situazione di soggezione. Una simile situazione di soggezione non sembra, infatti, rinvenirsi nella società e le ordinanze in esame se sono una conferma.

Ciò posto, non pone particolari interrogativi la prima ordinanza in commento, in cui è ribadito che presupposto essenziale per l'esercizio del suddetto diritto è l'esistenza della società e, di riflesso, la qualifica di socio. Sotto tale aspetto, la pronuncia ben si allinea sia al testo normativo e sia all'orientamento giurisprudenziale che più volte si è interrogato sulla legittimazione a tale esercizio in capo al socio receduto, che appunto perde la qualità di socio e con essa i diritti di cui all'art. 2476, comma 2, c.c. (v. ad esempio Trib. Roma 3 agosto 2016; Trib. Arezzo 16 novembre 2004).

Interessante è il passaggio in cui l'ordinanza motiva la propria decisione sull'assenza di uno specifico interesse vantato in concreto dal socio di una società ormai estinta a prendere visione ed estrarre copia dei documenti contabili.

La seconda ordinanza che affronta il tema dell'esercizio del diritto di controllo del socio in una situazione peculiare, vista l'attività svolta dalla società di cui lo stesso è presidente.

In tale contesto, la particolare situazione ha evidentemente inciso sull'interesse del socio ad esercitare il diritto di controllo portando, conseguentemente, il Tribunale a dover valutare detto interesse e (come è accaduto nel caso di specie) a limitarlo.

L'ordinanza in commento si è conformata ad altre precedenti pronunce che in simili casi ha individuato limitazioni al diritto di controllo del socio applicando il generale principio di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. Conseguentemente, è stato escluso il diritto di controllo quando vi è il rischio concreto che le informazioni possano essere utilizzare in danno alla società, quando è esercitato con finalità ostruzionistica o di turbativa nella gestione (cfr. Trib. Milano 28 novembre 2016; Trib. Roma 9 luglio 2009; Trib. Milano 20 luglio 2017; Trib. Milano 10 dicembre 2019; Trib. Roma 31 marzo 2017; Trib. Venezia 20 giugno 2018).

L'applicazione del principio di buona fede si traduce, pertanto, in una valutazione dell'interesse in concreto che muove il socio a voler esercitare i diritti di cui all'art. 2476, comma 2, c.c.

In altri termini, se nella normalità dei casi il socio che voglia esercitare il diritto di controllo non è tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse né a giustificarne i motivi, in casi peculiari (come quello esaminato dalla seconda ordinanza in commento) l'esercizio del diritto trova un limite o una riduzione in base all'interesse sotteso (se conforme o meno ai principi di correttezza e buona fede) all'esercizio di quel diritto.

Nel caso specifico, in applicazione dei suddetti principi, il Tribunale di Milano ha ritenuto che il socio non avesse un interesse meritevole di tutela a conoscere anche i dati ritenuti sensibili dalla società e oggetto di mascheramento.

Da un punto di vista strettamente processuale, deve rilevarsi che la pronuncia in esame ha ritenuto sufficiente per limitare il diritto di controllo la sussistenza di una attività concorrenziale da parte del socio, omettendo di addentrarsi ad indagare (probabilmente nemmeno è stata fornita prova in tal senso da parte della società resistente) sull'esistenza di un effettivo interesse “abusivo” del socio (diversamente Trib. Bologna, 11 dicembre 2012 in base al quale: “Nel caso in cui il socio di s.r.l. chieda accesso alla documentazione amministrativa e rivesta anche la posizione di concorrente della società, il suo diritto ex art. 2476, comma 2, c.c., non può essere previamente subordinato alla richiesta della società di stipula di un patto di non divulgazione delle informazioni societarie a fini concorrenziali, ove non siano allegati elementi, da parte della società, da cui desumere un esercizio del diritto abusivo, ossia strumentale all'attività svolta come concorrente”).

Conclusioni

È possibile concludere che entrambe le ordinanze delimitano il diritto di controllo del socio ex art. 2476, comma 2, c.c. utilizzando il criterio dell'interesse in concreto che muove il socio all'esercizio del suddetto diritto. Interesse che può essere riconosciuto in senso ampio e senza necessità di giustificazione in virtù della posizione di socio (come ritenuto dalla prima ordinanza), o che deve essere valutato in concreto secondo i criteri di correttezza e buona fede in presenza di situazioni peculiari (come quella della seconda ordinanza).