La Cassazione ribadisce la parziale abolitio criminis dell'abuso di ufficio

Bartolomeo Romano
20 Settembre 2022

La modifica, introdotta con l'art. 23, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, ha ristretto l'ambito applicativo dell'art. 323 c.p.
Massima

In tema di abuso d'ufficio, la modifica, introdotta con l'art. 23, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, ha ristretto l'ambito applicativo dell'art. 323 c.p., determinando una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che lascino residuare margini di discrezionalità.

Il caso

Due soggetti erano stati condannati dal Tribunale di Castrovillari per il reato di cui agli artt. 110 e 323 c.p. per avere, in concorso tra loro, nel procedimento relativo ad un piano di lottizzazione comunale, violato quanto disposto dagli artt. 141, 215 e 216, d.P.R. n. 207/2010, che fa divieto di affidare incarichi di collaudo a coloro che hanno svolto attività di controllo, verifica, progettazione, approvazione, autorizzazione, vigilanza e direzione sul contratto da collaudare. In particolare, il primo imputato, quale responsabile del procedimento, aveva adottato la determinazione dirigenziale con la quale era stata liquidata e pagata all'altro imputato, per l'attività di collaudatore, la somma di euro 4.260,98, benché quest'ultimo (responsabile dell'Ufficio tecnico) avesse partecipato attivamente all'iter autorizzativo sia per la validazione del progetto e per la stipula della convenzione di lottizzazione, sia per il rilascio del permesso di costruire, così procurandogli intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale ed arrecando un danno ingiusto al Comune. La Corte di appello di Catanzaro aveva poi confermato la sentenza.

Tramite difensore di fiducia, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

Tra gli altri motivi, uno investiva la stessa configurabilità dell'art. 323 c.p. nella attuale formulazione.

La questione

Più precisamente, la difesa aveva – tra l'altro – sostenuto con l'appello che il dipendente non fosse responsabile della nomina del collaudatore e che nessuna violazione di legge era a lui imputabile. Tuttavia, la Corte di appello aveva superato tale obiezione difensiva, richiamando la violazione dell'art. 13 d.P.R. n. 3/1957 (norme di comportamento del pubblico dipendente) per sostenere che il pubblico ufficiale aveva violato il divieto di dar seguito ad un atto illegittimo.

Le soluzioni giuridiche

Sennonché la Cassazione ha ritenuto che la violazione della norma che impone al pubblico dipendente statale di prestare la sua opera "in conformità delle leggi" non può integrare la violazione di legge sanzionata dall'art. 323 c.p.

Ciò perché la Suprema Corte concorda con quel nutrito indirizzo dottrinale (cfr., per la mia opinione e per il richiamo ad altri Autori: B. Romano, La continua riforma dell'abuso di ufficio e l'immobilismo della pubblica Amministrazione, ne Il Penalista, Focus del 28 luglio 2020; Id., La prima pronuncia della Cassazione sul “nuovo” abuso di ufficio e l'abolitio criminis parziale, ne Il Penalista, 11 dicembre 2020; Id., Il “nuovo” abuso d'ufficio e l'abolitio criminis parziale, in Penale Diritto e Procedura, n. 1/2021, 109-114; Id., La configurabilità dell'abuso di ufficio per l'esercizio di un potere astrattamente discrezionale, ma in concreto vincolato, ne Il Penalista, Giurisprudenza commentata, 1 aprile 2021; Id., Brevi considerazioni sulle ulteriori proposte di riforma dell'abuso di ufficio, a partire dalle responsabilità dei sindaci, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11; Id. (a cura di), Il “nuovo” abuso di ufficio, Pacini Giuridica, Pisa, 2021) e giurisprudenziale (cfr., per tutte: Cass. pen., sez. VI, 9 dicembre 2020, n. 442, sulla quale B. Romano, Il “nuovo” abuso d'ufficio e l'abolitio criminis parziale, cit., e A. Alberico, Le vecchie insidie del nuovo abuso d'ufficio, in Sistema penale, fasc. 4/2021, 5 ss.) per il quale la modifica, introdotta con l'art. 23, d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, ha ristretto l'ambito applicativo dell'art. 323 c.p., determinando una parziale abolitio criminis in relazione alle condotte commesse prima dell'entrata in vigore della riforma, realizzate mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che lascino residuare margini di discrezionalità.

Pertanto, non può essere ricondotta nel fuoco della disposizione incriminatrice così novellata la violazione di generici obblighi comportamentali sanciti dal richiamato art. 13 d.P.R. n. 3/1957.

Ma la non rilevanza penale della condotta contestata si deve, secondo la Cassazione, anche ad un secondo profilo. Infatti, la richiamata norma non è applicabile ai dipendenti degli enti locali, che la giurisprudenza di legittimità, nella vigenza della precedente formulazione dell'art. 323 c.p., riteneva invece soggetti ai generali principi di imparzialità e di buon funzionamento dell'amministrazione, fissati nel dettato costituzionale dell'art. 97 (così, Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2014, n. 38357, in C.E.D. Cass., n. 260472). Parametro quest'ultimo anch'esso ritenuto non più idoneo ad integrare la "violazione di legge" rilevante ai fini dell'abuso d'ufficio: la condotta di abuso deve consistere nella violazione di regole specifiche così da impedire che si sussuma nell'ambito della fattispecie tipica anche l'inosservanza di norme di principio, quale l'art. 97 Cost. (così, anche Corte cost., n. 8/2022, in Penale Diritto e Procedura, n. 4/2021, 803 ss., con mio commento:Legittima la scelta di abrogare parzialmente l'abuso di ufficio mediante decreto-legge).

Osservazioni

La riforma del 2020 è dichiaratamente nata con l'intento di dare maggiori certezze ai pubblici funzionari e di ridurre i margini di intervento della magistratura penale, dopo la feroce “caccia all'uomo” ed al funzionario infedele, tipica della legge Severino e, soprattutto, della c.d. spazza-corrotti (l. 9 gennaio 2019, n. 3, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici»).

Ora anche la giurisprudenza – nel riconoscere la intervenuta abolitio criminis parziale – tende a dare maggiori certezze al pubblico funzionario.

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