Il domicilio digitale rende invalida la notifica presso la cancelleria

Redazione scientifica
22 Settembre 2022

A seguito dell'introduzione del domicilio digitale (con la modifica apportata all'art. 125 c.p.c. da parte dell'art. 45-bis, comma 1, d.l. 90/2014, conv. con l. 114/2014) non sussiste alcun obbligo per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC comunicato al proprio ordine, trattandosi di dato già risultante dal "ReGindE", in virtù della trasmissione effettuata dall'Ordine stesso.

Nell'ambito di una controversia per responsabilità professionale, la Corte d'Appello di Firenze dichiarava tardiva l'impugnazione perché proposta oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado. In particolare, secondo la Corte, la sentenza appellata doveva ritenersi regolarmente notificata presso la cancelleria ai sensi dell'art. 82 r.d. 37/1934 non avendo il difensore dell'appellante eletto domicilio nel circondario di Arezzo.

Veniva in tal senso ritenuta irrilevante l'elezione di domicilio autonoma fatta dalla parte presso altro avvocato iscritto all'albo di Arezzo, poiché tale difensore era privo di procura. La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dal soccombente secondo il quale, a seguito dell'introduzione del domicilio digitale, le notifiche devono essere sempre eseguite a mezzo PEC all'indirizzo di posta elettronica indicato in atti, salvo il caso di inutilizzabilità per fatto del destinatario.

Sulla base di tale affermazione, la notifica della sentenza di prime cure presso la cancelleria non sarebbe valida e non avrebbe potuto far decorrere il termine breve per proporre appello. Il ricorrente afferma inoltre che l'autonoma elezione di domicilio presso un difensore diverso da quello officiato per la difesa, avrebbe avuto effetto anche per quest'ultimo.

Il ricorso risulta fondato. Partendo dalla considerazione che la notifica della sentenza di prime cure è avvenuta nel vigore delle disposizioni in tema di domicilio digitale, la S.C. sottolinea che:

  • «a seguito della introduzione del cd. domicilio digitale, conseguente alla modifica apportata all'art. 125 c.p.c. ad opera dell'art. 45-bis, comma 1, d.l. 90/2014, convertito con l. n. 114/2014, non sussiste alcun obbligo, per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC "comunicato al proprio ordine", trattandosi di dato già risultante dal "ReGindE", in virtù di della trasmissione effettuata dall'Ordine di appartenenza, in base alla comunicazione eseguita dall'interessato ex art. 16-sexies d.l. 179/2012, convertito con l. 114/2014 (Cass. 33806/2021; Cass. s.u. 23620/2018; Cass. 13224/2018);
  • le notificazioni e le comunicazioni vanno, quindi, eseguite al "domicilio digitale" di cui ciascun avvocato è dotato, corrispondente all'indirizzo P.E.C. - risultante dal ReGindE e conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC; cfr. Cass. 3685/2021; Cass. 33806/2021; Cass. 2460/2021);
  • la notifica effettuata - ai sensi dell'art. 82 del R.D. 37/1934 – presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite - è nulla anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass. 14140/2019; Cass. 14194/2018; Cass. 30139/2017; Cass. 17048/2017);
  • detta notifica è invece valida solo ove il destinatario abbia scelto, eventualmente in associazione a quello digitale, di eleggere il domicilio presso la cancelleria, dato che l'introduzione del domicilio digitale non esclude la facoltà di eleggere domicilio fisico (Cass. 1982/2020)».

In conclusione, in virtù dell'elezione di domicilio autonomo eseguita dal ricorrente in primo grado e della disciplina del domicilio digitale, la notifica eseguita presso la cancelleria non poteva considerarsi valida e non determinava dunque la decorrenza del termine breve per impugnare. L'atto di appello doveva dunque essere considerato tempestivo in applicazione del termine lungo ex art. 327 c.p.c. Il ricorso viene dunque accolto con la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.