Le modalità di deposito della procura nel giudizio di cassazione
26 Settembre 2022
Massima
Nella disciplina anteriore all'entrata in vigore dell'art. 221, comma 5, d.l. 34/2020 e del d.m. 27 gennaio 2021 (che hanno consentito il deposito telematico degli atti e dei documenti nei procedimenti civili dinanzi alla Corte di cassazione), la procura speciale a ricorrere per cassazione, ove rilasciata in formato analogico (e non su un documento ab origine informatico), dev'essere depositata in originale, a pena di improcedibilità del ricorso. Il caso
La materia è quella della protezione internazionale. Un tribunale respinge la domanda di protezione proposta da un immigrato, sicché questi impugna il decreto di rigetto con ricorso per cassazione: è superfluo rammentare al lettore, infatti, che, secondo l'art. 35 bis, comma 13, del d.lgs. n. 25/2008, il decreto pronunciato nella materia dal tribunale è direttamente ricorribile per cassazione. Non sappiamo quale fosse il contenuto del ricorso, perché l'ordinanza in commento, accingendosi a dichiararne l'improcedibilità per mancato deposito della procura, non spreca tempo a dirlo, giustamente: ma possiamo intuire che non fosse esattamente un capolavoro degno di un principe del foro, sol che si consideri che l'atto recava una procura alle liti datata 13/15/2019, e cioè una data impossibile, dal rilievo in altri contesti probabilmente trascurabile, ma certo alquanto sorprendente in un ricorso per cassazione avverso decreto di diniego della protezione internazionale, dal momento che il comma 13 sopra richiamato stabilisce che, in tal caso, è espressamente richiesto al difensore di certificare la data di rilascio in suo favore della procura. Il punto però non è questo. Siamo pur sempre nel 2019, e cioè in epoca in cui il telematico in Cassazione non aveva fatto ancora ingresso, se non per un aspetto che qui non interessa, quale quello delle comunicazioni a mezzo di cancelleria. Bene; con il ricorso per cassazione il ricorrente deposita una copia della procura alle liti: diciamo meglio, un pezzo di carta che è la fotocopia dell'originale di una procura cartacea. Con tale copia della procura alle liti il ricorrente deposita inoltre una dichiarazione del suo difensore nella quale è detto che quella copia è «conforme all'originale telematico» in possesso del medesimo difensore. Un'evidente insalata di concetti, come è intuitivo, non c'è dubbio. Preso atto di quanto precede, la Corte di cassazione dichiara il ricorso improcedibile ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 3, c.p.c., a causa del mancato deposito sia dell'originale della procura alle liti, sia di una valida copia.
La questione
Era corretto e, anzi, ancor prima, era possibile, nel 2019, e sarebbe possibile ora, il deposito di una procura alle liti per il ricorso per cassazione effettuato in simili modalità? Le soluzioni giuridiche
La risposta, per la Corte di cassazione, è no. E le ragioni si possono così sintetizzare. Anzitutto, viene sgombrato il campo da un possibile dubbio sullo svolgimento fattuale della vicenda: non si trattava di una procura «nativa digitale», di cui era stata depositata una stampa cartacea, ma di una procura confezionata in cartaceo, come era reso manifesto dal fatto che essa recava le sottoscrizioni autografe del conferente e del difensore, e non le loro firme digitali che sarebbero state presenti se si fosse trattato di un atto originariamente redatto in formato elettronico. Si aggiunge che la ancora non avvenuta introduzione, nel 2019, del telematico in Cassazione comportava che la procura alle liti potesse essere conferita, e conseguentemente depositata, con due diverse modalità:
Precisa ancora la decisione in commento che, secondo la disciplina applicabile nel 2019, non era consentito al difensore munito di una procura conferita con un documento cartaceo di ricavarne un'immagine digitale, stamparla, attestarne la conformità all'originale e depositare quest'ultima in luogo di quello. Difatti, a sostegno di una simile soluzione non potevano essere invocati, alla luce della situazione esistente all'epoca in Cassazione:
In definitiva, essendo il difensore, nel caso esaminato, munito di una procura analogica, egli aveva l'obbligo di depositare l'originale, e non gli era consentito depositare l'immagine di esso firmata digitalmente, attestandone la conformità all'originale con dichiarazione autografa, per la semplice ragione che tale potere di attestazione non era previsto dalla legge. Il difensore del ricorrente, insomma, aveva depositato una copia cartacea di un originale cartaceo, e ne arriva attestato la conformità all'originale: possibilità non rientrante tra i poteri certificativi attribuiti dalla legge al difensore.
Osservazioni
Che il ragionamento della S.C. tenga, è fuor di dubbio. Ma ― ci si può chiedere ― la soluzione era davvero a rime obbligate? In generale, l'atteggiamento della Corte di cassazione in tema di procura alle liti segue sempre più un orientamento antiformalista, a volte ― bisogna dire ― anche al prezzo di qualche strattonamento del dato normativo. In questo senso, vale da ultimo richiamare Cass., Sez. Un., 19 novembre 2021, n. 35466, con la quale si è affermato che la procura ex artt. 83, comma 3, e 365 c.p.c., se incorporata nell'atto di impugnazione, si presume rilasciata anteriormente alla notifica dell'atto che la contiene, sicché non rileva, ai fini della verifica della sussistenza della procura, la sua mancata riproduzione o segnalazione nella copia notificata, essendo sufficiente, per l'ammissibilità del ricorso per cassazione, la sua presenza nell'originale. Questo orientamento, come si diceva antiformalista, non è senza ragione, ma poggia su una ragione molto profonda: ciò che in astratto è indispensabile perché un avvocato agisca o resista in giudizio per un cliente è, per l'appunto, che questi sia suo cliente, e cioè che tra le parti, avvocato e cliente, sia stato stipulato un contratto di patrocinio. Non già che al contratto di patrocinio abbia fatto seguito il conferimento della procura alle liti. Tant'è che non esistono, e non possono esistere, almeno per quanto a conoscenza di chi scrive, ordinamenti in cui l'avvocato agisca o resista in giudizio per qualcuno che suo cliente non è, mentre esistono ordinamenti in cui la procura non occorre affatto. Basterà rammentare che, secondo l'art. 416 del c.p.c. francese, «chiunque voglia rappresentare o assistere una parte deve giustificare di averne ricevuto mandato o missione. L'avvocato, tuttavia è dispensato dal doverne giustificare». La norma, cioè, crea una presunzione di esistenza della procura alle liti a favore dell'avvocato francese. In Italia, invece, la procura alle liti è stata introdotta nel primo codice di rito postunitario per iniziativa del guardasigilli Giuseppe Pisanelli, il quale, dopo aver respinto «la teoria del semplice mandato presunto» di provenienza francese (ed applicato anche nel c.p.c. del 1819 del Regno delle Due Sicilie), ha introdotto il sistema che è poi rimasto nella sostanza vigente fino ad oggi. Sicché, resta poco da fare: se l'avvocato la procura proprio non ce l'ha, non c'è rimedio. Ma se la procura ce l'ha e ne produce solo una copia?. Dico, beninteso, non una copia autentica, ma una informe fotocopia, ché se la copia è autentica il problema non c'è. Perché nel nostro caso è successo proprio questo: al netto di una certificazione di conformità che, per quanto è dato comprendere, non c'entrava nulla, il nostro ricorrente per cassazione aveva prodotto una fotocopia della procura. Ora, l'art. 369, comma 2, n. 3, c.p.c., applicato dalla S.C. nel nostro caso, dice che il ricorrente per cassazione deve produrre a pena di improcedibilità «la procura speciale, se questa è conferita con atto separato». Questa essendo la norma, tralasciamo il fatto che, nella specie, non sembra si trattasse di procura conferita con atto separato, i.e. di procura speciale notarile. Il fatto è che la norma non contiene una espressa sanzione dell'omesso deposito dell'originale: e varrà rammentare che Cass. 26 giugno 2008, n. 17534, ha ritenuto che non sia improcedibile il ricorso ― l'intero ricorso, si badi, non la sola procura ― depositato in copia informe, qualora non vi siano dubbi sulla conformità all'originale della copia. Egualmente, la costituzione in giudizio mediante deposito in cancelleria della nota d'iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo, contenente, tuttavia, la copia, anziché l'originale, dell'atto d'impugnazione notificato alla controparte, costituisce mera irregolarità (Cass. 29 luglio 2009, n. 17666; Cass. 24 marzo 2014, n. 6861). Più in generale è stato detto che l'attore deve ritenersi validamente costituito in giudizio anche se, all'atto del deposito in cancelleria della nota di iscrizione a ruolo e del proprio fascicolo contenente la procura, quest'ultima non sia in originale ma in fotocopia: secondo l'art. 156 c.p.c., infatti, non può pronunciarsi la nullità di alcun atto del processo, per inosservanza delle forme, se la nullità non è comminata dalla legge, e l'art. 125, comma 2, c.p.c. richiede soltanto, per la validità della procura, che questa sia stata rilasciata anteriormente alla costituzione, ma non anche che essa venga depositata in originale (Cass. 5 febbraio 2008, n. 2744). Con riguardo alla produzione della procura in fotocopia, inoltre, valgono le regole generali stabilite dall'art. 2719 c.c.. Può cioè accadere, anzitutto, che la controparte nulla rilevi al riguardo e, in particolare, che non disconosca la conformità della copia all'originale: in tal caso (che è quello ricorrente nel nostro caso visto che l'intimato non aveva fatto controricorso) nulla quaestio. In caso di disconoscimento della conformità della fotocopia all'originale della procura alle liti, ai sensi della menzionata disposizione, ciò non esclude di per sé il valore della fotocopia, ma determina l'onere per chi l'ha prodotta di dimostrarne la conformità all'originale: sorge soltanto in tal caso, a seguito della produzione dell'originale, l'obbligo del giudice di accertare la conformità ad essa della copia (Cass. 2 febbraio 2009, n. 2590). Ed a seguito della produzione dell'originale e della verifica della conformità ad esso della fotocopia già depositata, questa riacquista ex tunc il valore di piena prova riconosciutogli dall'art. 2719 c.c. (Cass. 21 agosto 2003, n. 12299). Ad esempio, la copia fotostatica della procura generale alle liti rilasciata al difensore di una delle parti si ha per riconosciuta se la controparte non la disconosca, in modo formale, ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. (applicabili in difetto di previsione di un distinto regime del disconoscimento della copia fotografica ai sensi dell'art. 2719 c.c.) nella prima udienza o risposta successive alla sua produzione (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3695). Si ha a volte l'impressione che, quando nel processo civile fa capolino il telematico, si produca talora un riflesso condizionato di formalismo che nel processo cartaceo appare essersi di molto addolcito. E un'altra cosa va segnalata, che, secondo gli scrive, è il vero centro del problema. E qui l'addebito è al legislatore: il processo camerale in cassazione, che non prevede alcun rapporto diretto tra le parti e il giudice, funziona altrettanto bene che un tritacarne: se ci fosse stata la pubblica udienza il presidente avrebbe fatto presente al ricorrente che la sua procura non andava, e gli avrebbe fatto depositare l'originale. Certo: a fronte di un ricorso recante una procura datata «13/15/2019», e cioè redatto non esattamente con l'attenzione che si confà ad un atto di tale importanza quale il ricorso per cassazione, è difficile credere che nella sostanza l'esito del giudizio sarebbe stato favorevole al ricorrente. Ma questa è un'altra storia.
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