L'ammissibilità dell'istanza di inibitoria in appello in caso di pignoramento di denaro

28 Settembre 2022

Può l'appellante chiedere l'inibitoria di efficacia in presenza di esecuzione già pendente?
Massima

Ben può l'appellante chiedere e ottenere l'inibitoria dell'efficacia esecutiva anche in presenza di una esecuzione già pendente, essendo il provvedimento funzionale a scongiurare non solo la prosecuzione dell'esecuzione già iniziata, ma anche l'inizio di ulteriori e diverse esecuzioni sulla base del medesimo titolo esecutivo giudiziale.

Il versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario volto a permettere la sottoposizione a pignoramento del denaro in luogo di beni diversi di cui all'art. 494, 3° comma, c.p.c. non evita il pignoramento, ma solo che siano sottoposte al vincolo esecutivo delle cose. In tale ipotesi non viene evitata l'esecuzione, ma solo la fase della vendita forzata, per cui persiste nel debitore appellante l'interesse a coltivare l'istanza di sospensione.

Il caso

Pronunciata in favore di una società in liquidazione sentenza di condanna al pagamento di una ingente somma di danaro all'esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e minacciata l'esecuzione ai danni dell'istituto di credito soccombente, quest'ultimo proponeva appello avverso la sentenza, domandando, anche inaudita altera parte, la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata e dell'esecuzione che sarebbe stata intrapresa sulla base di quest'ultima in virtù degli artt. 283 e 351 c.p.c.; subito dopo, al fine di evitare il pignoramento di cose, provvedeva al versamento nelle mani dell'Ufficiale giudiziario della somma oggetto di pignoramento, ai sensi dell'art. 494 co. 3 c.p.c.

Esclusa dalla Corte territoriale la sussistenza dei presupposti per la concessione inaudita altera parte della sospensione invocata, si costituiva la società appellata, la quale eccepiva in via pregiudiziale l'inammissibilità della sospensione, in considerazione dell'avvenuto versamento della somma oggetto di condanna in favore dell'ufficiale giudiziario, e, nel merito, il suo rigetto, a causa dell'insussistenza sia del fumus boni iuris che del periculum in mora.

La questione

Viene dunque portata alla Corte d'Appello la questione attinente all'ammissibilità della domanda di inibitoria avanzata in presenza del versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario.

Le soluzioni giuridiche

La Corte territoriale respinge l'eccezione di inammissibilità così proposta.

Osserva infatti che a seguito dell'accoglimento dell'istanza ai sensi dell'art. 283 c.p.c. viene disposta non solo la sospensione dell'esecuzione eventualmente già iniziata sulla base della pronuncia appellata, ma anche inibita la generale efficacia esecutiva della sentenza, impedendo così al creditore risultante dal titolo esecutivo di iniziare altre future procedure esecutive. In altre parole, l'inibitoria disposta dal giudice di secondo grado è in grado di elidere in radice l'efficacia esecutiva della sentenza, così realizzando la caducazione sopravvenuta dell'efficacia esecutiva del titolo giudiziale.

Da tale premessa deduce l'interesse dell'appellante ad ottenere l'inibitoria dell'efficacia esecutiva anche in presenza di una esecuzione già pendente, in quanto il provvedimento richiesto è, «come detto, funzionale a scongiurare non solo la prosecuzione dell'esecuzione già iniziata ma anche l'inizio di ulteriori e diverse esecuzioni sulla base del medesimo titolo esecutivo giudiziale».

Aggiunge poi che il versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario volto a permettere la sottoposizione a pignoramento del denaro in luogo di beni diversi disciplinato al terzo comma dell'art. 494 c.p.c. è istituto diverso da quello previsto dal primo comma del medesimo articolo, in quanto solo quest'ultimo è finalizzato ad evitare l'inizio dell'esecuzione forzata. Nel caso previsto dal terzo comma, il debitore, infatti, non versa il denaro all'ufficiale giudiziario allo scopo di evitare il pignoramento, ma solo al diverso fine di evitare che siano sottoposte a pignoramento delle cose. «Il denaro così pagato viene sottoposto al vincolo pignoratizio e, decorso il termine dilatorio di cui all'art. 501 c.p.c., i creditori possono essere soddisfatti su detto denaro chiedendone l'assegnazione o la distribuzione». Se ciò è vero, allora, deve di conseguenza affermarsi che l'esecuzione è ancora pendente e, pertanto, che nel debitore persiste l'interesse a coltivare l'istanza di sospensione.

Osservazioni

Nella stesura originaria l'art. 283 c.p.c. discorreva soltanto di sospensione dell'esecuzione iniziata. La Legge 26 novembre 1990, n. 353, modificata dalla Legge 4 dicembre 1992, n. 477, introdusse il testo seguente: «Il giudice d'appello su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata». La norma è stata successivamente modificata, da ultimo con la Legge 12 novembre 2011, n. 183, ma non è stato più rivisto il riferimento alla inibitoria, da un lato, e alla sospensione dell'esecuzione.

Ad avviso della prevalente dottrina, tale duplice possibilità deve essere interpretata in senso esclusivamente cronologico, ossia a seconda che l'esecuzione sia o meno iniziata e possa quindi essere soltanto bloccata o anche prevenuta e resa in futuro impossibile (Consolo, in Consolo-Luiso- Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 272; Chiarloni, Provvedimenti urgenti per il processo civile, a cura di Tarzia-Cipriani, Padova, 1992, 160).

Da quest'impostazione ne deriva che – nonostante il diverso indirizzo della Corte di cassazione (si v. per tutte Cass. civ., Sez. un., 23 luglio 2019 n. 19889) – il sistema delle inibitorie e delle sospensioni deve essere interpretata alla luce di un'unica ratio che vede l'inibitoria intervenire sul titolo (“sospensione dell'efficacia esecutiva”) e la sospensione sul processo esecutivo. Mentre il giudice dell'appello è titolare di entrambi i poteri, il giudice dell'esecuzione può invece intervenire solo sul prosieguo dell'azione esecutiva già pendente.

Più precisamente, l'inibitoria dell'efficacia esecutiva della sentenza può avvenire solo prima dell'inizio dell'esecuzione impedendone irreversibilmente l'avvio sulla base di quella sentenza; la sospensione dell'esecuzione, invece, potrà essere richiesta solo dopo il compimento del pignoramento, anche se essa potrà richiedersi subito in via eventuale e subordinata, ossia per il caso che il pignoramento sopravvenga prima della decisione dell'inibitoria, ma dopo l'istanza di sospensione dell'esecuzione dell'efficacia esecutiva della sentenza.

Ciò in quanto, a differenza del giudice dell'esecuzione che è in grado soltanto di sospendere l'esecuzione già iniziata, il giudice d'appello è titolare, come appena detto, di entrambi poteri, per cui può e deve esercitarli entrambi in caso di accoglimento dell'istanza a processo esecutivo già pendente, perché una cosa è intervenire sul titolo, un'altra è agire sul processo esecutivo.

Cio è quanto accaduto nel caso di specie, in cui correttamente la Corte d'Appello di Potenza ha ritenuto ammissibile l'istanza inibitoria proposta osservando come essa fosse stata proposta prima del compimento del pignoramento, sebbene la decisione sulla domanda ex art. 283 c.p.c. fosse stata emessa solo dopo del compimento del primo atto esecutivo.

Assolutamente condivisibile è poi ulteriore rilievo secondo cui il versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario, essendo avvenuto in funzione di deposito sostitutivo e non di pagamento liberatorio, non preclude l'esecuzione ma la rende solo più semplice, con la conseguente sopravvivenza dell'interesse dell'appellante alla sospensione del processo esecutivo ed in particolare della fase volta alla assegnazione o distribuzione del denaro pignorato.

Come è noto, l'art. 494 c.p.c. distingue tra il pagamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario previsto al primo comma della norma e il deposito sostitutivo di cui al terzo comma del medesimo articolo.

Costituisce affermazione comune in dottrina che il versamento della somma nelle mani dell'ufficiale giudiziario costituisce un vero e proprio atto sostanziale di pagamento, che serve quindi ad estinguere l'obbligazione; l'ufficiale giudiziario sarebbe quindi un adiectus solutionis causa, individuato dalla legge a ricevere il pagamento ai sensi dell'art. 1188 c.c. (Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 88; Satta, L'esecuzione forzata, Torino, 1963, 89).

Nel caso previsto dal terzo dell'art. 494 c.p.c., invece, il debitore, versa all'ufficiale giudiziario una somma di denaro pari all'importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi, non allo scopo di evitare il pignoramento, ma solo perché vuole evitare che il medesimo abbia ad oggetto beni diversi dal denaro. In quest'ultima ipotesi non vi è esenzione dall'esecuzione forzata, tanto che sulla somma depositata si apre il concorso dei creditori pignoranti ed intervenuti (Redenti, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957, 177).

Così comportandosi, il debitore evita il rischio di una vendita ad un prezzo inferiore, l'alienazione di cose aventi valore affettivo (senza voler considerare la possibilità di attutire il discredito dell'espropriazione). Egli inoltre conserva il diritto di proporre opposizione; laddove quest'ultima dovesse essere accolta, poi, eviterà di doversi attivare per la ripetizione dell'indebito, potendo ottenere in via immediata la liberazione della somma depositata. Dal canto suo, il creditore evita di soggiacere alle lungaggini (e ai rischi) del subprocedimento di vendita.

Si tratta insomma del pignoramento di denaro, che evita solo il subprocedimento di vendita, permettendo all'esecuzione di procedere spedita verso la sua fine, rappresentata dal soddisfacimento dei creditori tramite il riparto dell'attivo.

Riferimenti

Consolo (agg. A. Parisi), Commento all'art. 283, in Commentario al codice di procedura civile, II, Milano, 2018, 742 ss.;

Consolo, Luiso, Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996;

D'Adamo, Commento all'art. 283, in Codice di procedura civile. Commento, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, Torino, 2012;

Ferri, In tema di esecutorietà della sentenza e inibitoria, in RDPr, 1993;

Impagnatiello, La nuova disciplina dell'inibitoria in appello, in www.judicium.it;

Id., Commento all'articolo 283 c.p.c., in La riforma del processo civile, a cura di Cipriani-Monteleone, Padova, 2006;

Id., La provvisoria esecuzione e l'inibitoria del processo civile, Milano, 2010;

Luiso, Diritto processuale civile, III, Milano 2017;

Mazzarella, Pagamento ed esecuzione forzata (note esegetiche sull'art. 494 c.p.c.), in RTDPC, 1967;

Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova 2017;

Vaccarella, Capponi, Cecchella, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992.

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