Precisazioni della Cassazione sulla cauzione da versare a tutela dei diritti di credito della persona offesa

29 Settembre 2022

La Suprema Corte ha affermato che, in tema di sequestro conservativo, sono inefficaci rispetto ai crediti dello Stato e delle parti civili, indipendentemente dall'atteggiamento psicologico del beneficiato, gli atti a titolo gratuito - nella specie, costituzione di fondo patrimoniale a titolo gratuito - compiuti dal colpevole dopo la commissione del reato.
Massima

In tema di sequestro conservativo, gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo la commissione del reato (nella specie, costituzione di fondo patrimoniale a titolo gratuito) sono inefficaci rispetto ai crediti dello Stato e delle parti civili, indipendentemente dall'atteggiamento psicologico del beneficiato.

Il caso

In sede di merito, veniva emesso un decreto di sequestro conservativo ex art. 316, c.p.p., nei confronti di una serie di soggetti indagati di diversi fatti di bancarotta fraudolenta, oggetto dell'imputazione provvisoria. Il sequestro era stato disposto su di una serie di beni ritenuti fittiziamente attribuiti a titolo gratuito ad un trust, ma in realtà riferibili agli indagati, su istanza della parte civile rappresentata dal fallimento di una delle società coinvolte nella vicenda, che aveva avanzato richiesta di sequestro conservativo dei beni mobili e immobili degli indagati fino all'occorrenza del danno derivante dalle condotte contestate e comunque in misura non inferiore ad euro 3.720.934,90, pari all'entità (a quel momento) accertata del dissesto finanziario.

Avverso il provvedimento di sequestro uno degli indagati ha presentato ricorso per cassazione chiedendone l'annullamento, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione laddove il tribunale del riesame aveva affermato la sussistenza del requisito normativo del periculum in mora nonostante l'antecedente trascrizione di domanda revocatoria ex art. 192, c.p., della parte civile sui medesimi beni per cui è stato disposto il sequestro conservativo ed in relazione alla circostanza che, erroneamente interpretando il disposto dell'art. 319 c.p.p., si era ritenuto che i requisiti normativi della proporzionalità e della idoneità della cauzione (da versare per l'eliminazione del vincolo reale) dovessero sussistere simultaneamente.

La questione

Gli artt. 192-195 regolano la c.d. azione revocatoria penale. Il fondamento e la funzione di tale azione risiedono, così come per l'azione revocatoria ordinaria (disciplinata dagli artt. 2901 ss. c.c.), nella necessità di individuare uno strumento mediante il quale riuscire a neutralizzare gli atti fraudolenti compiuti dal reo e finalizzati all'assottigliamento del patrimonio in pregiudizio del creditore.

L'azione revocatoria penale, però, si caratterizza per il fatto che si riferisce ad atti di disposizione patrimoniale posti in essere dall'autore del reato. Di qui la necessità, avvertita dal legislatore, di predisporre una tutela più rafforzata; ed infatti, lo stesso art. 2904 c.c., a chiusura della sezione dedicata all'azione revocatoria, fa salve le disposizioni dettate su tale istituto in materia fallimentare e in materia penale.

L'azione revocatoria penale è diretta a tutelare gli interessi dei creditori contro gli atti fraudolentemente compiuti dal debitore in violazione del divieto di compromettere la garanzia generale costituita dal proprio patrimonio ed il suo risultato è rappresentato da una dichiarazione di inefficacia relativa di tali atti che divengono, pertanto, inopponibili al creditore.

Per quanto concerne la tipologia di crediti che possono essere tutelati attraverso lo strumento dell'azione revocatoria penale occorre innanzitutto soffermarsi sull'espresso riferimento «ai crediti indicati nell'art. 189» rinvenibile nel testo dello stesso art. 192 (e dei successivi 193 e 194). L'art. 189, che si occupava dell'ipoteca legale e del sequestro, è stato abrogato espressamente, per la parte relativa all'ipoteca legale, dall'art. 218, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 e, per la restante parte, dall'intervento della disciplina del sequestro secondo gli artt. 316-320 c.p.p. (per il relativo commento si rinvia a Pini, Bellocchi, Bocchini, Sub artt. 314-315 e Montagna, Bellocchi, Bocchini, sub artt. 316-320, in Cod. proc. pen. ipertestuale). Pertanto, qui rileva la novazione portata dalla sopravvenuta disciplina dettata in relazione al sequestro conservativo che ha radicalmente soppiantato il pregresso impianto normativo. Ne deriva, allora, una limitazione dell'esperibilità dell'azione revocatoria penale a tutela dei soli crediti dello Stato per le pene pecuniarie, spese processuali o somme comunque dovute all'erario e dei crediti della parte civile per il risarcimento dei danni e per le spese processuali, con esclusione di qualsivoglia ulteriore ragione creditoria, come i crediti di istituti sanitari pubblici o i crediti del difensore (Romano, Sub art. 192, in Comm. Romano, Grasso, Padovani, PG, III, 385). Conseguentemente, i legittimati attivi all'azione revocatoria penale si identificheranno con i titolari di tali crediti.

Sul piano della legittimazione passiva all'azione revocatoria, la lettera degli artt. 192, 193 e 194 fa riferimento al «colpevole»: sono esclusi, quindi, il responsabile civile ed il civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

Il termine "colpevole" non costituisce, in questo contesto, sinonimo di condannato: l'azione revocatoria penale è proponibile anche prima dell'accertamento della responsabilità penale del soggetto, mentre la dichiarazione di inefficacia dell'atto interverrà solo successivamente alla condanna.

A conferma di quanto appena affermato la giurisprudenza ha precisato che, nonostante l'esplicito riferimento degli artt. 192 ss. alla persona del colpevole, l'azione revocatoria del danneggiato nei confronti degli atti di disposizione patrimoniale posti in essere dall'autore di un reato dopo la sua commissione non richiede necessariamente che si sia giunti ad una dichiarazione di colpevolezza in sede penale; pertanto, nel caso in cui il giudizio penale sia stato dichiarato estinto per morte del reo, tale azione può essere proseguita in sede civile nei confronti degli eredi dell'imputato (Cass. civ., Sez. II, 14 giugno 2007).

Gli artt. 192, 193 e 194 prevedono conseguenze differenti a seconda del momento in cui gli atti a titolo oneroso o gratuito vengono compiuti. Il tempus commissi delicti per stabilire se l'atto è stato posto in essere prima o dopo il reato è il medesimo della successione delle leggi nel tempo di cui all'art. 2, tuttavia, nel caso in cui per il reato sia prevista una condizione oggettiva di punibilità, l'atto compiuto dopo la condotta può considerarsi successivo al reato anche se la condizione non si è ancora verificata.

Per quanto concerne il termine entro il quale l'azione revocatoria penale può essere esercitata, nel silenzio degli artt. 192 ss., si ritiene valido il termine di cinque anni previsto per l'azione revocatoria ordinaria indicato dall'art. 2903 c.c.

La dottrina precisa però che, per gli atti successivi al reato, tale termine inizierà a decorrere dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna (Romano, sub art. 192, 387).

Ai fini della dichiarazione di inefficacia delle distrazioni compiute dal colpevole del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale deve aversi riguardo al momento della realizzazione della condotta e non a quello della sentenza dichiarativa del fallimento (C., Sez. V, 5-24.5.2021, n. 20646).

Gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato - L'art. 192 stabilisce la radicale inefficacia degli atti a titolo gratuito, posti in essere dal colpevole dopo il reato. Tra gli atti a titolo gratuito ricordiamo la donazione modale e la donazione remuneratoria (artt. 793 e 770 c.c.), le liberalità d'uso, l'adempimento dell'obbligazione naturale (Bigliazzi, Geri, Revocatoria, in EGT, XXVII, 1991, 8; Romano, sub art. 192, 385, osserva come non sempre sia semplice distinguere tra la gratuità e l'onerosità di un atto).

La rinuncia all'eredità è stata definita un negozio unilaterale non recettizio che non rientra nella categoria degli atti a titolo gratuito che l'art. 192 considera inefficaci, quando compiuti dal colpevole dopo il reato, rispetto ai crediti dello Stato (C., Sez. V, 7.3.2000). Inoltre, si è affermato che il sequestro conservativo può avere ad oggetto i beni intestati a terzi che ne hanno la titolarità in forza di un atto di donazione dell'imputato, attesa l'inopponibilità al creditore danneggiato dal reato degli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato (Cass., Sez. II, 19 dicembre 2008). In tema di sequestro conservativo, quando il conferimento a titolo gratuito di un bene in un fondo patrimoniale sia dichiarato inefficace non operano nei confronti della parte civile le limitazioni previste dall'art. 170 c.c. (Cass., Sez. V, 19 febbraio 2019, n. 7580). Non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato gli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato successivamente alla commissione del reato (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 1935).

Con riferimento alla cauzione, si tratta di una possibilità riconosciuta al soggetto attinto dal provvedimento cautelare di ovviare alla misura reale mantenendo, al contempo, inalterata l'esigenza di garanzia relativa al soddisfacimento dei crediti da reato attraverso l'offerta di cauzione. Questa alternativa cautelare al sequestro conservativo può trovare esplicazione tanto in via preventiva, quanto successiva all'adozione della misura. Qualora l'offerta venga effettuata prima della deliberazione da parte del giudice (art. 319, comma 1 , l'idoneità deve essere apprezzata con riferimento all'ammontare, sia pure approssimativo, del credito, non essendo sufficiente che essa equivalga al prezzo della cosa per la quale viene chiesto il sequestro; se invece l'offerta di cauzione viene prospettata con la richiesta di riesame (art. 319, comma 3), la sua idoneità deve essere commisurata non all'ammontare dei crediti, bensì al valore delle cose sequestrate.

In ogni caso si tratta di una scelta volontaria dell'interessato che presuppone la sussistenza di tutti gli elementi giustificativi del sequestro conservativo, compreso il "periculum in mora" di dispersione delle garanzie, che non può essere desunto dalla mancata attivazione della procedura prevista dall'art. 319 citato. Peraltro, la cauzione può essere offerta oltre che dall'imputato anche dal responsabile civile, il quale, tuttavia, dovrebbe ricorrere a tale opportunità soltanto nell'ipotesi in cui risulti soggetto passivo della cautela patrimoniale.

Il provvedimento con il quale il giudice dispone la cauzione in sostituzione del sequestro conservativo deve essere adottato nel contraddittorio fra le parti.

In dottrina si è evidenziato che la stessa scelta della forma che deve rivestire il provvedimento, con cui il giudice dispone che non si faccia luogo al sequestro conservativo, è espressiva dell'accoglimento di un criterio di automatismo fra prestazione della cauzione idonea ed emissione del decreto (Galantini, sub art. 319, 262). Pur in assenza di un'esplicita disciplina legislativa sul punto, la dottrina argomenta che il provvedimento con cui il giudice del riesame o in qualunque stato e grado del procedimento dispone la revoca del sequestro conservativo a seguito dell'offerta di un'idonea cauzione assume la veste di ordinanza, necessariamente motivata. L'ordinanza emessa nel procedimento di riesame è ritenuta ricorribile per cassazione, mentre, negli altri casi, non è suscettibile di gravame in virtù del principio di tassavità dei mezzi di impugnazione (Cantone, I "sequestri" nel codice di procedura penale, in Arch. N. Proc. Pen., 1996, 3; Castellano - Montagna, Misure cautelari reali, in Digesto pen., VII, Torino, 1994, 99; Galantini, Sequestro conservativo penale, in Enc. Dir., XLII, Milano, 1990, 134).

Si ricorda che al di fuori dell'ipotesi di cui all'art. 317, comma 4., c.p.p. la revoca del sequestro conservativo «può essere disposta dal giudice, in qualsiasi stato e grado del giudizio (anche in sede di riesame), solo nel caso di offerta di un'idonea cauzione» ex art. 319, commi 2 e 3 (Cass., sez. V, 4 ottobre 2005, Free Service S.r.l., in Mass. Uff., n. 233216); pertanto, al di fuori di questi casi, la revoca del sequestro conservativo è atto abnorme e, come tale, immediatamente ricorribile per cassazione.

La decisione della Cassazione

Il ricorso è stato dichiarato dalla Cassazione parzialmente fondato, con riferimento al profilo attinente alla determinazione del valore della cauzione da versare.

Quanto al primo profilo, inerente la sussistenza del periculum in mora, che secondo la difesa era insussistente in ragione della intervenuta trascrizione della domanda di revocatoria ex art. 192, c.p., da parte del creditore danneggiato dal reato, ingiustificata l'adozione del sequestro conservativo, posto che a seguito di tale trascrizione non vi è alcuna possibilità per l'attuale proprietario dei beni sottoposti a sequestro di disperderli, non coglie nel segno.

Questa osservazione contrasta con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il sequestro conservativo può avere ad oggetto i beni intestati a terzi che ne hanno la titolarità in forza di un atto di donazione dell'imputato, attesa l'inopponibilità al creditore danneggiato dal reato degli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato stesso (Cass., sez. II, 19 dicembre 2008, n. 2386).

In effetti, l'art. 192 c.p. prevede che "gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell'art. 189 c.p.". L'art. 189, co. 1, n. 5), c.p., prevedeva, tra i vari crediti, le somme dovute a titolo di risarcimento del danno (art. 185 c.p.), ma tale ultima disposizione è stata abrogata dall'art. 218, disp. att. c.p.p.; di conseguenza, il riferimento dell'art. 192 c.p. "ai crediti indicati nell'art. 189 c.p.", si riferisce ora, solo ai crediti indicati dell'art. 316 c.p.p., commi 1 e 2, - che disciplina il sequestro conservativo - tra i quali rientrano anche quelli relativi alle obbligazioni civili derivanti dal reato. Non a caso, in diverse occasioni la giurisprudenza ha affermato che la sostituzione dell'ipoteca legale prevista da disposizioni di legge diverse dal codice penale con il sequestro conservativo, ai sensi dell'art. 218 cpv disp. att., c.p.p., è da ritenere operativa ex lege con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e perciò va disposta di ufficio la rettifica dell'iscrizione nei registri immobiliari, senza che occorra a tal fine l'iniziativa del pubblico ministero (per i crediti indicati nell'art. 316 c.p.p., comma 1) o della parte civile (per i crediti indicati nell'art. 316 c.p.p., comma 2) a norma dell'art. 316 c.p.p. (Cass., Sez. V, 31 gennaio 1991, n. 105).

In conclusione, in forza dell'art. 192 c.p.p., tutti gli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato a partire dal tempus commissi delicti non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato e pertanto tali atti possono essere dichiarati inefficaci sulla base di una presunzione iuris et de iure di frode a carico dell'autore del reato e del minor coinvolgimento del terzo beneficiario, che nulla dispone del suo patrimonio.

Ne consegue che il sequestro conservativo può essere disposto - anche se il bene formalmente risulta di un terzo - in forza della presunzione di frode di cui all'art. 192 c.p., realizzandosi così la finalità dell'art. 316 c.p.p., che consiste nell'immobilizzare il patrimonio del soggetto obbligato e attuare, così, la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio, in attesa dell'esito dell'azione revocatoria: è evidente, infatti, che se nel caso di specie si ritenesse non consentito il sequestro conservativo, l'esito positivo dell'azione revocatoria potrebbe essere del tutto inutile a fronte di un bene - che solo formalmente non è dell'imputato - non sottoposto a nessun vincolo.

Tali principi operano anche con riferimento al conferimento, a titolo gratuito, in un trust di una serie di beni, conferimento avvenuto nel caso di specie cinque mesi dopo dalla dichiarazione di fallimento, dunque dopo la realizzazione delle condotte penalmente rilevanti. Si tratta dunque di un atto (non importa se simulato o meno), sempre inefficace per il creditore danneggiato dal reato, che ha, quindi, il diritto di ottenere la tutela prevista dall'art. 316 c.p.p., posto che, nella prospettiva di quest'ultimo, in forza della presunzione stabilita dall'art. 192 c.p., i beni in questione è come se fossero ancora di proprietà del ricorrente (Cass., sez. V, 18 ottobre 2017, n. 1935; Cass., sez. un., 21 luglio 2016, n. 38670).

E' stato invece ritenuto fondato il motivo di ricorso inerente il richiesto versamento di una cauzione.

Com'è noto, il ricorso alla cauzione ex art. 319, c.p.p. è una scelta volontaria dell'interessato, che, una volta formalizzata, presuppone la sussistenza di tutti gli elementi giustificativi del sequestro conservativo, compreso il periculum in mora di dispersione delle garanzie (Cass., Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 20923) nonché l'idoneità dell'offerta di cauzione a garantire i crediti indicati nell'art. 316, c.p.p.. Tale ultimo requisito è stato ritenuto mancante in quanto il valore della cauzione offerta (pari a circa 15.000,00 euro) era sproporzionato rispetto all'ammontare del credito tutelato con il sequestro conservativo.

Secondo la Cassazione, tale decisione non appare condivisibile in quanto, da un lato, risultava omessa ogni indagine circa la proporzionalità fra l'offerta di cauzione ed il valore delle cose sequestrate e dall'altro in quanto la decisione impugnata non avrebbe considerato la distinzione tra le due fattispecie di offerta di cauzione previste dall'art. 319 del codice di rito. Infatti, nell'offerta di cauzione preventiva di cui all'art. 319, comma 1, c.p.p., l'idoneità della cauzione offerta per evitare l'adozione del sequestro conservativo va valutata con riferimento all'ammontare approssimativo del credito e non alla copertura del prezzo corrispondente alla cosa per la quale viene chiesto il sequestro; nel caso, invece, della cauzione successiva proposta con la richiesta di riesame, di cui all'art. 319, comma 2, c.p.p., l'idoneità va commisurata al valore delle cose sequestrate. Ne consegue che se il valore dei beni vincolati è notevolmente inferiore a quello dei crediti, la revoca, che rappresenta un dovere per il giudice dell'impugnazione cautelare, come si evince dall'uso dell'indicativo presente "revoca", di cui al citato art. 319, comma 2, c.p.p., può avvenire anche con la prestazione di una cauzione assolutamente inidonea a soddisfare i crediti medesimi.

Né va taciuto che, ai sensi del disposto dell'art. 324, comma 7, c.p.p., applicabile al procedimento di riesame avverso il provvedimento di sequestro conservativo grazie al richiamo operato a tale norma dall'art. 318, comma 1, c.p.p., la revoca del sequestro conservativo da parte del giudice dell'impugnazione cautelare può essere anche parziale, vale a dire riguardare anche solo alcuni dei beni per cui è stato disposto il vincolo reale di cui si tratta. Il principio di proporzionalità e adeguatezza delle misure cautelari - operante anche con riferimento alle cautele reali - deve, infatti, costituire oggetto di valutazione da parte del giudice che le disponga e di quello che sia investito di istanza di riesame, per cui, dovendosi valutare la congruità della cauzione offerta rispetto al valore delle cose sequestrate, non vi sono ragioni che impediscano al tribunale del riesame di valutare congrue le offerte di cauzione presentate in ordine ad alcuni soltanto dei beni in sequestro, procedendo di conseguenza a una revoca parziale del sequestro conservativo.

Considerazioni conclusive

La sentenza della Cassazione ribadisce il necessario rispetto dei requisiti di adeguatezza e proporzionalità per la tutela delle obbligazioni ex delicto anche in caso di offerta di cauzione (Montagna, Sequestro conservativo penale, in Digesto pen., XIII, Torino, 1997, 227) ed infatti in dottrina si è sostenuto che, a fronte dell'accertata sussistenza dei parametri di idoneità e congruità dell'offerta di cauzione, dovrà necessariamente concludersi nel senso di inibire o revocare il sequestro conservativo, essendo lo spazio discrezionale dell'organo giurisdizionale limitato alla valutazione dei criteri di idoneità e corrispondenza alle pretese creditorie da tutelare, nonché alla verifica dell'avvenuta offerta cauzionale ed alla disposizione delle modalità con cui la stessa deve essere prestata (Galantini, Sequestro conservativo, cit., 147).

Qualora il giudice a fronte di idonea offerta di cauzione decida di non adottare il sequestro conservativo, la forma che sarà assunta dal relativo provvedimento è quella del decreto. Secondo un orientamento dottrinario prevalente il decreto non deve essere motivato, non essendo previsto alcun obbligo al riguardo dall'art. 319, comma 1.

In tale ottica si argomenta che ne consegue «un'accentuazione del meccanismo di automaticità che impronta il rapporto tra l'offerta cauzionale ritenuta adeguata a garantire i crediti e la decisione da parte del giudice di non ricorrere al sequestro» (Montagna, I sequestri nel sistema, 91). Secondo altri Autori, invece, la motivazione è sempre necessaria, in quanto il discrezionale apprezzamento del giudice sull'idoneità della cauzione impedisce, in caso di giudizio positivo, la prosecuzione di un procedimento già iniziato con l'istanza dell'interessato (Dinacci, Il sequestro conservativo nel nuovo processo penale, Padova, 1990, 83; Cantone, I "sequestri" nel codice di procedura, cit., 3).

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