Reddito di cittadinanza: reato per omessa comunicazione del percettore anche in caso di lavoro irregolare e di compenso saltuario

Marianna Russo
30 Settembre 2022

Il caso in commento consente di affrontare tre questioni particolarmente rilevanti: il regime sanzionatorio del reddito di cittadinanza, il rapporto tra reddito di cittadinanza e lo svolgimento di prestazioni di lavoro irregolari, la rilevanza della gratuità dell'attività lavorativa svolta.
Massima

Il reato di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte dei percettori del reddito di cittadinanza è configurabile in presenza dello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, seppure irregolare. A nulla rileva la dichiarazione concernente la gratuità dell'attività lavorativa svolta, compensata soltanto con regalie saltuarie, in quanto anche la variazione patrimoniale conseguente alla donazione di somme di denaro deve essere comunicata all'INPS.

Il caso

Il ricorrente, percettore di reddito di cittadinanza, è stato condannato in primo grado alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per aver omesso di comunicare l'avvenuta assunzione o, comunque, lo svolgimento di attività lavorativa, in violazione di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, d.l. n. 4/2019, convertito dalla L. n. 26/2019.

La Corte d'appello adita ha confermato la sentenza impugnata, ma ha ridotto la pena inflitta a un anno, un mese e dieci giorni di reclusione.

Al vaglio della Corte di cassazione viene sottoposto il ricorso, essenzialmente concernente la denuncia dell'errata applicazione della disposizione normativa sopra indicata, per mancata sussistenza dell'elemento intenzionale della condotta, in quanto l'attività lavorativa è stata svolta gratuitamente, come dichiarato sia dall'imputato che dal datore di lavoro.

La Suprema Corte dichiara il ricorso manifestamente infondato sia perché è riproduttivo del primo motivo d'appello, già adeguatamente considerato e motivatamente disatteso nella pronuncia di secondo grado, sia a causa della sua genericità.

Il ricorso viene, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna alle spese del procedimento, nonché al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende determinata equitativamente nella misura di € 3.000,00.

Le questioni

Il caso in commento consente di affrontare tre questioni particolarmente rilevanti: il regime sanzionatorio del reddito di cittadinanza, il rapporto tra reddito di cittadinanza e lo svolgimento di prestazioni di lavoro irregolari, la rilevanza della gratuità dell'attività lavorativa svolta.

In riferimento alla prima questione, è evidente come una delle peculiarità del reddito di cittadinanza sia il corposo e variegato apparato sanzionatorio disciplinato dall'art. 7, nonché 7-bis e 7-ter, del d.l. n. 4/2019.

L'art. 7 non si limita a disciplinare le ipotesi in cui è disposta la decadenza dal beneficio oppure la revoca con efficacia retroattiva, con la conseguente restituzione di quanto indebitamente percepito, né individua soltanto le specifiche condotte a cui sono collegate sanzioni analiticamente elencate, ma introduce, ai commi 1 e 2, anche due fattispecie penali, finalizzate all'indebito conseguimento del reddito di cittadinanza sia in fase di presentazione della domanda, sia in un momento successivo alla concessione del beneficio.

È evidente come il legislatore abbia considerato le mere sanzioni amministrative un deterrente non sufficiente per arginare i rischi di abusi e violazioni e abbia scelto, attraverso un regime sanzionatorio particolarmente severo, di dare un segnale forte affinché il “patto” stipulato tra cittadino e Stato sia basato su trasparenza e leale collaborazione.

Con riguardo alla seconda questione, risulta ovvio che lo svolgimento di un'attività lavorativa – sia in forma autonoma che subordinata – comporti una variazione della situazione reddituale, a cui può conseguire la riduzione o addirittura il venir meno del beneficio. Per evitare tale rischio e cumulare, invece, reddito di cittadinanza e retribuzione, qualcuno potrebbe essere indotto ad effettuare prestazioni di lavoro irregolare.

Per evitare tale rischio, il comma 2 dell'art. 7 d.l. n. 4/2019 specifica che la variazione patrimoniale del beneficiario del reddito di cittadinanza va comunicata anche se derivante da un'attività irregolare, quale, ad esempio, la prestazione di lavoro nero, cioè svolta in violazione degli adempimenti – amministrativi, assicurativi e previdenziali – prevista dalla normativa in materia.

Su questo aspetto è intervenuta anche la circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 8 del 25 luglio 2019, al fine di fornire le indicazioni operative al personale ispettivo impegnato nelle attività di controllo successive alla concessione del reddito di cittadinanza.

Al riguardo, la circolare dell'INL chiarisce che “nell'ambito delle verifiche di competenza, il personale ispettivo potrà rilevare la commissione del reato con riguardo all'ipotesi dell'omessa comunicazione delle ‘variazioni del reddito', che, verosimilmente, può realizzarsi con maggiore frequenza nei casi di prestazioni di lavoro nero o grigio”.

Infine, sia l'art. 2094 c.c. che l'art. 2222 c.c. prevedono, a fronte dello svolgimento della prestazione lavorativa – rispettivamente, in forma subordinata o autonoma – la corresponsione di un compenso.

D'altronde, la stessa Costituzione, al primo comma dell'art. 36 Cost., afferma chiaramente che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”.

E proprio il contrasto con il dettato costituzionale ha indotto, in passato, parte della dottrina a ritenere che il contratto di lavoro gratuito fosse illecito. In realtà, anche se l'onerosità è un “effetto naturale” del contratto di lavoro, ciò non significa che ne sia anche elemento essenziale: è possibile e lecita la prestazione di lavoro a titolo gratuito, purché sia diretta “a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico” in base all'art. 1322, comma 2, c.c.

La meritevolezza di tali interessi deve essere valutata in concreto ed è riconducibile alla c.d. affectionis, benevolentiae, religionis causa, cioè a finalità altruistiche di solidarietà familiare, sociale, politica, religiosa oppure in esecuzione dei doveri morali di cui all'art. 2034 c.c.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione conferma la correttezza delle decisioni assunte dalle Corti di merito, in quanto “l'imputato avrebbe dovuto comunicare la variazione occupazionale, anche se il rapporto di lavoro non era regolarizzato”, proprio alla luce del dettato del secondo comma dell'art. 7 d.l. n. 4/2019. Inoltre, vengono ritenute “inverosimili” le dichiarazioni secondo le quali la prestazione di lavoro sarebbe stata svolta a titolo gratuito.

La sentenza non presenta alcuna indagine sulla sussistenza di una finalità meritevole di tutela in base alla quale il rapporto lavorativo sia stato effettivamente svolto gratuitamente.

Questo perché, per ammissione dello stesso imputato e del datore di lavoro, l'attività lavorativa sarebbe stata comunque compensata con “regalie saltuarie”, corrisposte in “occasioni particolari”, e in queste dazioni di denaro i giudici – di merito e di legittimità – ravvisano una sorta di retribuzione mascherata.

Questa circostanza smentisce senz'altro la gratuità e la mancanza di intenzionalità della condotta addebitata al ricorrente.

Osservazioni

Il ricorso viene dichiarato inammissibile, sia perché riproduce pedissequamente il ricorso già effettuato in appello, sia per la sua genericità, ma la pronuncia della Suprema Corte offre l'occasione per riflettere sul regime sanzionatorio collegato alla percezione del reddito di cittadinanza e, in modo particolare, sul reato di omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali, che vanno a ledere profondamente il rapporto fiduciario tra Stato e cittadino, sul quale si fonda l'istituto.

Le argomentazioni della Cassazione, benché piuttosto stringate, ribadiscono che qualsiasi attività lavorativa, anche se svolta irregolarmente, deve essere comunicata all'INPS per gli adempimenti di competenza. Inoltre, mettono in evidenza che anche la corresponsione di somme di denaro in maniera saltuaria costituisce una variazione patrimoniale e, come tale, deve essere comunicata per non incorrere nella configurazione del reato di cui al secondo comma dell'art. 7 d.l. n. 4/2019.

Minimi riferimenti bibliografici

Bicicchi F., Reddito di cittadinanza, in Mementopiu.it, Giuffrè, Scheda d'autore 25 luglio 2022.

Gallo B., Reddito di cittadinanza, in questa Rivista, 2 settembre 2019.

Gheido M.R., Casotti A., Reddito di cittadinanza: beneficiari e beneficio economico, in Diritto & Pratica del Lavoro, n. 13, 2019.

Massi E., Le assunzioni dei lavoratori titolari di Reddito di Cittadinanza. Benefici e criticità, in The world of il Consulente, n. 97, 2019.

Massi E., Reddito di Cittadinanza: i rischi per i lavoratori “in nero” e per chi li utilizza, in www.dottrinalavoro.it, 3 agosto 2019.

Russo M., Reddito di cittadinanza e regime sanzionatorio, in Mementopiù.it, Giuffrè, Focus 15 ottobre 2019.

Valente L., I diritti dei disoccupati. Le politiche per il lavoro e il welfare dal Jobs Act al reddito di cittadinanza, Wolters Kluwer Cedam, 2019.

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