Omissione di pronuncia sulle spese nel provvedimento di chiusura della fase cautelare dell'opposizione esecutiva

Laura Messina
04 Ottobre 2022

La Suprema Corte ha colto l'occasione per ribadire alcuni principi, invero consolidati, circa la liquidazione delle spese nel provvedimento conclusivo della fase cautelare delle opposizioni esecutive, ad opera del giudice dell'esecuzione, ed in particolare in ordine ai rimedi, a disposizione delle parti, per reagire all'omissione di pronuncia.
Massima

In tema di opposizione all'esecuzione iniziata, ex art. 615, comma 2, c.p.c., qualora il giudice dell'esecuzione non liquidi le spese della fase sommaria con l'ordinanza con cui provvede sulla sospensione, costituisce onere della parte vittoriosa, che abbia interesse alla relativa liquidazione, instaurare lo stesso giudizio di merito, o in alternativa avanzare istanza di integrazione dell'ordinanza stessa, ai sensi dell'art. 289 c.p.c., prima della scadenza del termine di cui all'art. 616 c.p.c., anche allo scopo di garantire alle altre parti (previa eventuale loro rimessíone in termini, ove occorra) la possibilità di contestare la liquidazione nell'ambito della fase di merito dell'opposizione; ne deriva che, in caso di inerzia della parte vittoriosa, dette spese non sono più ripetibili, né altrimenti liquidabili. In ogni caso, il giudice dell'esecuzione non può provvedervi con la diversa ordinanza che pronuncia l'estinzione ai sensi dell'art. 624, comma 3, c.p.c., giacché le spese indicate in detta disposizione concernono il solo procedimento esecutivo e non anche quelle dell'opposizione all'esecuzione; ne deriva che, in tal caso, la parte che ne sia stata erroneamente gravata può contestare detta statuizione proponendo reclamo al collegio ex art. 630 c.p.c., in forza di quanto previsto dallo stesso art. 624, comma 3, ult. periodo, c.p.c.

Il caso

Nell'ambito di una procedura presso terzi, la debitrice esecutata proponeva opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c., chiedendo la sospensione dell'esecuzione. Il Giudice dell'esecuzione sospendeva la procedura, dando atto dell'intervenuta sospensione dell'efficacia del titolo a seguito di opposizione a precetto, contestualmente pendente; su istanza della stessa debitrice, che nella mancanza aveva ravvisato un errore materiale, lo stesso giudice provvedeva ad integrare detta ordinanza, assegnando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, dapprima non fissato. Non essendo stato introdotto da nessuna delle parti detto giudizio, la debitrice chiedeva al Giudice di dichiarare l'estinzione dell'esecuzione ex art. 624, 3° comma c.p.c. Il Giudice provvedeva in tal senso condannando il creditore opposto alla rifusione delle spese della fase cautelare, essendo anche intervenuta nelle more la declaratoria di nullità del precetto opposto. Avverso detta ultima ordinanza il creditore proponeva reclamo ex art. 630 c.p.c. con riferimento al capo relativo alle spese; il Tribunale accoglieva il reclamo modificando l'ordinanza estintiva nel senso che le spese dovessero restare a carico della parte che le ha anticipate, in applicazione del generale criterio di riparto di cui agli artt. 632 e 310 c.p.c.. La sentenza di secondo grado, di rigetto del gravame, veniva impugnata in Cassazione dalla debitrice esecutata.

La questione

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha colto l'occasione per ribadire alcuni principi, invero consolidati, circa la liquidazione delle spese nel provvedimento conclusivo della fase cautelare delle opposizioni esecutive, ad opera del Giudice dell'esecuzione, ed in particolare in ordine ai rimedi, a disposizione delle parti, per reagire all'omissione di pronuncia. Traendo spunto dalla fattispecie oggetto di esame, per certi versi particolare, ha avuto modo altresì di chiarire la differenza fra la liquidazione delle spese effettuata in fase cautelare e quella, di diversa natura, contenuta nell'ordinanza di estinzione emessa ex art. 624, comma 3, c.p.c. Infatti, nel caso in esame, inizialmente in maniera corretta il Giudice dell'esecuzione, a fronte della sospensione del titolo da parte del Giudice dell'opposizione a precetto, si era limitato ex art. 623 c.p.c. a prendere atto della circostanza, sospendendo l'esecuzione senza emettere ulteriori provvedimenti (cd. “sospensione esterna”). Tuttavia, in un secondo momento ed a seguito di istanza di correzione proposta dalla debitrice, il Giudice – modificando il provvedimento adottato precedentemente- ha di fatto trasformato la sospensione da “esterna” ad “interna”, assegnando il termine per l'introduzione del giudizio di merito. Proprio questa modifica del provvedimento ha poi, di fatto, generato tutta una serie di conseguenze fra cui l'estinzione del procedimento e la conseguente pronuncia “recuperatoria”, da parte del Giudice, sulle spese dell'opposizione, poste a carico del creditore solo nell'ordinanza estintiva ex art. 624, comma 3, c.p.c. (anziché, come avrebbe dovuto essere, nell'ordinanza di sospensione ormai divenuta “interna”).

Le soluzioni giuridiche

Ormai da oltre un decennio la Suprema Corte (cfr. Cass. Civ. n. 22033/2011) ha affermato che «Nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617 e 619 c.p.c., emergente dalla riforma di cui alla legge 24 febbraio 2006, n. 52, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé - sia che rigetti, sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito». Pertanto, la prospettazione del Giudice di secondo grado secondo cui «il debitore opponente sia in ogni caso tenuto ad introdurre il giudizio di merito, ex art. 616 c.p.c., al fine di ottenere la rifusione delle spese di lite» è certamente erronea alla luce della giurisprudenza citata e che ha trovato conferma in molteplici pronunce successive. Spetta, infatti, al giudice dell'esecuzione provvedere, limitatamente alla fase sommaria, alle spese della fase col provvedimento con cui la sospensione "interna" venga concessa o negata «perché all'indubbia natura cautelare dell'ordinanza non può che aggiungersi la specialità del procedimento e l'attitudine al consolidamento degli effetti della stessa sospensione, in caso di mancata attivazione del giudizio di merito nel termine di cui all'art. 616 c.p.c., in virtù di quanto disposto dall'art. 624, comma 3, c.p.c.». Diversa è la questione, che occupa la Corte nella sentenza in commento, circa i rimedi a disposizione della parte vittoriosa nel caso in cui il giudice ometta (erroneamente) di provvedere sulle spese della fase sommaria. Con riferimento a detta prima questione, infatti, i giudici di legittimità precisano che costituisce onere della parte vittoriosa, che abbia interesse alla relativa liquidazione, instaurare il giudizio di merito o in alternativa avanzare istanza di integrazione dell'ordinanza stessa, ai sensi dell'art. 289 c.p.c., prima della scadenza del termine di cui all'art. 616 c.p.c., anche allo scopo di garantire alle altre parti (previa eventuale loro rimessione in termini, ove occorra) la possibilità di contestare la liquidazione nell'ambito della fase di merito dell'opposizione; ne deriva che, in caso di inerzia della parte vittoriosa, dette spese non sono più ripetibili, né altrimenti liquidabili. Ciò che invece non è possibile è che il Giudice dell'esecuzione “recuperi” l'omessa pronunciasulle spese nell'ordinanza di estinzione della procedura ex art. 624, comma 3, c.p.c. La citata disposizione prevede che «Nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma, se l'ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell'art. 616, il giudice dell'esecuzione dichiara, anche d'ufficio, con ordinanza, l'estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese. L'ordinanza è reclamabile ai sensi dell'articolo 630, terzo comma». Le spese, tuttavia, cui si riferisce la norma non sono certamente quelle relative alla fase cautelare delle opposizioni esecutive innanzi al Giudice dell'esecuzione; la Suprema Corte chiarisce, infatti, che la disposizione sopra riportata, «altro non è che la iterazione, nell'ambito specifico, della regola generale di cui all'art. 632, comma 1, c.p.c., secondo cui il giudice dell'esecuzione, allorché dichiara l'estinzione, liquida le spese sostenute dalle parti». Le spese in questione sono, dunque, quelle spettanti agli ausiliari del Giudice, le spese sostenute dai singoli creditori, gli esborsi sostenuti per il compimento di singoli atti esecutivi, i compensi spettanti ai rispettivi difensori, per l'attività professionale svolta nel processo (anche a favore del debitore, ove costituito). Non vi è quindi alcuna equiparabilità fra le spese relative alla fase cautelare e quelle relative al processo esecutivo in senso stretto, cui l'art. 624 terzo comma c.p.c. si riferisce.

L'ultima questione esaminata dai giudici di legittimità è quella relativa alla reclamabilità ex art. 630 c.p.c. dell'ordinanza di estinzione che contenga, come nella specie, l'erronea statuizione delle spese concernenti la fase cautelare dell'opposizione. Secondo la Suprema Corte, per quanto frutto degli errori processuali cui si accennato, l'ordinanza di estinzione pronunciata nella specie è certamente inquadrabile nell'ipotesi contemplata nel terzo comma dell'art. 624 c.p.c. e ne segue, dunque, il regime anche sotto il profilo della reclamabilità.

Osservazioni

La sentenza in questione, sebbene non introduca nuovi principi, ha in maniera chiara e univoca riaffermato alcuni orientamenti in tema di spese opportunamente distinguendo quelle relative alla fase cautelare da quelle relative al processo esecutivo. Nell'ampia motivazione è stato altresì nuovamente ribadito che, in caso di sospensione ex art. 623 c.p.c., nessun termine per l'introduzione del giudizio di merito deve essere assegnato e che, al fine di far valere l'intervenuta sospensione del titolo, il debitore non necessita della proposizione di alcuna opposizione, potendosi imitare allegare l'intervenuta sospensione "esterna", affinché il giudice dell'esecuzione ne prenda atto.