Obblighi informativi previsti dal contratto collettivo, procedura “anti-delocalizzazioni” e condotta antisindacale

Riccardo Maraga
04 Ottobre 2022

Le conclusioni cui giunge il Tribunale di Trieste con riferimento al rapporto tra violazione dei diritti di informazione e consultazione sindacale e validità della procedura “anti-delocalizzazioni” ex L. 234/2021 hanno l'indubbio pregio di valorizzare pienamente l'effettività dello strumento di repressione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 della L. 300/1970 nonché dei diritti di informazione e consultazione sindacale, anche nell'ottica di una piena implementazione del principio di democrazia industriale espresso dall'art. 46 della Cost.
Il caso

Il decreto in commento trae origine dall'azione per la repressione della condotta antisindacale ex art. 28 Stat. Lav. intrapresa dalle sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil della Provincia di Trieste nei confronti di Wartsila Italia S.p.A., filiale italiana del gruppo multinazionale finlandese Wartsila Corporation.

Con comunicazione del 14 luglio 2022, Wartsila Italia S.p.A. aveva avviato la procedura c.d. “anti-delocalizzazioni” ex art. 1, comma 224, L. 234/2021 con la quale aveva preannunciato la cessazione dell'attività di produzione di motori, nota anche come Delivery Centre Trieste “DCT” e dell'attività di assemblaggio di propulsori, nota anche come DCT-P, presso il sito di Bagnoli della Rosandra, 334, San Dorlingo della Valle, Trieste, con il conseguente esubero di n. 451 dipendenti.

Secondo le Organizzazioni Sindacali ricorrenti l'invio della comunicazione ex art. 1, comma 224, L. 234/2021 configurava una condotta antisindacale per due ordini di ragioni: innanzitutto in quanto Wartsila Italia S.p.A. aveva omesso di rispettare gli obblighi informativi preventivi in materia di livelli occupazionali previsti sia dall'art. 9, sez. I, del CCNL Industria Metalmeccanica, in attuazione del D.lgs. n. 25/2007, attuativo della direttiva europea 2002/14/CE, sia dalla contrattazione collettiva aziendale. In secondo luogo l'antisindacalità della condotta era determinata altresì dalle lacune informative che caratterizzavano la comunicazione di avvio della procedura che, secondo le ricorrenti, non conteneva tutte le informazioni richieste dall'art. 1, comma 224, L. 234/2021.

Alla luce della dedotta antisindacalità della condotta, le Organizzazioni Sindacali ricorrenti chiedevano al Giudice di condannare la società a revocare la comunicazione di avvio della procedura ex art. 1, comma 224, L. 234/2021 nonché al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno.

Il cuore della difesa della società verteva, invece, su due punti fondamentali. Innanzitutto non sarebbero sussistenti, nel caso di specie, obblighi informativi ulteriori rispetto a quelli normativamente imposti dalla procedura ex art. 1, comma 224, L. 234/2021. Ciò in quanto l'art. 9 del CCNL prevede espressamente che “le procedure previste dalla Legge 23 luglio 1991, n. 223, dalla Legge 29 dicembre 1990, n. 428 nonché dal D.P.R. n. 218 del 2000, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia”. In secondo luogo, la società italiana non avrebbe potuto informare preventivamente le Organizzazioni Sindacali della volontà aziendale di chiudere lo stabilimento di Bagnoli della Rosandra sia perché ne era rimasta ignara fino al 13 luglio 2022, data in cui tale decisione sarebbe stata comunicata dalla capogruppo, sia perché ostava a una simile informazione l'obbligo di segretezza imposto dal Market Abuse Regulation (Regolamento Europeo 596/2014/EU).

La questione giuridica

Innanzitutto occorre premettere che il Tribunale di Trieste, con il decreto in commento, non entra nel merito della portata dei nuovi obblighi informativi relativi alla procedura di informazione e consultazione sindacale introdotta dall'art. 1, comma 224, L. 234/2021 per le ipotesi di chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo con conseguente licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50.

Il tema oggetto del procedimento riguarda, semmai, la presenza (o meno), nel perimetro applicativo del CCNL Industria Metalmeccanica, di un obbligo, per il datore di lavoro che intenda avviare la procedura di cui all'art. 1, comma 224, L. 234/2021, di informare preventivamente le Organizzazioni Sindacali nell'ambito dei diritti di informazione e consultazione sindacale in materia di livelli occupazionali previsti dall'art. 9, sez. I, del CCNL Industria Metalmeccanica, in attuazione del D.lgs. n. 25/2007, attuativo della direttiva europea 2002/14/CE.

La predetta disposizione del CCNL, infatti, obbliga i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti a informare annualmente il sindacato su materie come “l'andamento recente e quello prevedibile dell'attività dell'impresa e la situazione economica con riferimento (…) alle scelte e alle previsioni dell'attività produttiva” e alla “situazione, la struttura e l'andamento prevedibile dell'occupazione nonché in caso di previsioni di rischio per i livelli occupazionali le eventuali misure di contrasto previste al fine di evitare o attenuarne le conseguenze”.

Inoltre, la medesima norma contrattuale fa obbligo ai datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti di informare nel corso di un apposito incontro il sindacato sulle “decisioni che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell'organizzazione del lavoro e dei contratti di lavoro con riferimento a: sostanziali modifiche del sistema produttivo che (…) influiscano complessivamente sull'occupazione (…) le operazioni di scorporo e di decentramento permanente al di fuori dello stabilimento di importanti fasi dell'attività produttiva in atto qualora esse influiscano complessivamente sull'occupazione”.

È, dunque, fuor di discussione che la decisione di cessazione dell'attività di produzione di motori e di assemblaggio di propulsori presso lo stabilimento di Trieste, con conseguente licenziamento di 451 lavoratori rientri a pieno titolo nelle materie oggetto di obbligo di informativa (sia nell'ambito dell'incontro annuale, sia nell'apposito incontro).

Occorre, tuttavia, tenere presente che la medesima disposizione contrattuale prevede espressamente che “le procedure previste dalla Legge 23 luglio 1991, n. 223, dalla Legge 29 dicembre 1990, n. 428 nonché dal D.P.R. n. 218 del 2000, assorbono e sostituiscono le procedure di informazione e consultazione in materia”. Ne deriva che nei casi in cui la legge ha previsto uno specifico procedimento di informazione e consultazione sindacale che conferisce al sindacato un ruolo nel governo di rilevanti processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dal CCNL Industria Metalmeccanica non si applicano, restando assorbiti nella procedura di fonte legale.

Qui si pone il primo problema giuridico: l'elencazione delle procedure di legge contenute nella predetta disposizione contrattuale è tassativa o meramente esemplificativa?

Non vi è dubbio che se si pone l'accento sulla ratio della norma, si dovrebbe ritenere che l'elencazione è meramente esemplificativa in quanto mira a evitare una duplicazione delle procedure di informazione sindacale nelle ipotesi in cui le stesse sono già previste dalla legge. Alla luce di ciò si dovrebbe ritenere che anche la nuova procedura introdotta dalla L. 234/2021, benché non espressamente menzionata nella disposizione contrattuale, assorba e sostituisca i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dal CCNL Industria Metalmeccanica.

Il Tribunale di Trieste si è espresso, tuttavia, diversamente e, valorizzando il dato testuale della norma contrattuale richiamata, ha ribadito che non vi è alcun assorbimento tra le due procedure in quanto l'art. 9 del CCNL “non fa alcun cenno alla procedura prevista dalla L. 234/2021, come è naturale che sia, in ragione del fatto che l'ultima versione del CCNL in questione è antecedente all'approvazione della legge or ora richiamata”.

L'ulteriore questione giuridica che il giudice triestino ha dovuto risolvere consiste nell'individuazione della tutela applicabile a fronte della riscontrata violazione degli obblighi informativi in materia di livelli occupazionali gravanti sulla società. Il tema di fondo, in particolare, attiene all'interazione tra la violazione dei diritti di informazione e consultazione sindacale e la validità della procedura introdotta dalla L. 234/2021.

Si tratta di un tema non nuovo con il quale si sono confrontati, di recente, diversi tribunali italiani con riferimento, però, al rapporto tra la violazione dei diritti di informazione e consultazione sindacale e la validità della procedura di licenziamento collettivo di cui alla L. 223/1991.

Nel recente decreto del Tribunale di Ancona del 22 febbraio 2022, relativo al caso Caterpillar, il giudice ha condivisibilmente affermato che il rapporto che si instaura tra la procedura di licenziamento collettivo e gli obblighi informativi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge può articolarsi in tre modalità diverse:

(i) assorbimento degli obblighi informativi contrattuali nelle procedure di partecipazione previste dalla L. n. 223/1991;

(ii) subordinazione dell'avvio della procedura di licenziamento collettivo al previo adempimento dell'obbligo informativo di fonte contrattuale;

(iii) sussistenza di obblighi informativi preventivi ulteriori e distinti rispetto a quelli previsti dalla L. n. 223/1991, i quali, però, non condizionano né l'avvio né la legittimità della procedura di licenziamento collettivo disposta nel rispetto delle disposizioni di legge.

Ebbene, secondo il giudice anconetano, nelle ipotesi in cui le parti sociali nulla dicono circa l'incidenza del mancato rispetto di tale obbligo informativo sulla procedura di licenziamento collettivo non si può ritenere che la revoca derivi dalla necessità di rimuovere gli effetti della condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28, L. n. 300/1970, in quanto non vi è nessun nesso causale tra l'apertura della procedura di licenziamento collettivo e la mancata consultazione sindacale, di tal che la prima possa considerarsi effetto della seconda, poiché non vi è modo di affermare la probabilità che il corretto svolgimento delle procedure di informazione avrebbe permesso di evitare l'avvio dei licenziamenti collettivi.

Tale decisione si muove su un iter argomentativo del tutto analogo a quello seguito dal tribunale di Firenze nel decreto del 23 settembre 2021, seppure i due provvedimenti giungano a conclusioni opposte. Anche nel caso GKN, infatti, il giudice afferma che la revoca della procedura di licenziamento può essere disposta solo nelle ipotesi in cui le parti sociali prevedono espressamente che la violazione dell'obbligo informativo incida sulla validità della procedura di licenziamento collettivo. La differenza è che, nel caso GKN, il giudice ha ritenuto che la contrattazione aziendale – e non il CCNL – prevedesse un simile rapporto tra diritti di informazione e validità della procedura. In entrambi i decreti si afferma, dunque, che l'art. 9 del CCNL Industria Metalmeccanica non qualifica il rispetto dei diritti di informazione come condizione di validità della procedura di licenziamento collettivo.

Proprio in questo sta la portata innovativa del decreto in commento che si pone su posizioni ben più avanzate rispetto al provvedimento emesso nel caso GKN in quanto finisce per elevare la revoca dell'atto introduttivo della procedura a forma rimediale generale in caso di riscontrata violazione degli obblighi di informazione e consultazione e, dunque, di riscontrata condotta antisindacale.

Afferma, infatti, il giudice triestino che “il problema delle conseguenze da raccordare all'accertamento dell'antisindacalità della condotta in casi come quello in argomento è stato affrontato con soluzioni differenti. In particolare è stato affermato che qualora le previsioni contrattuali di carattere collettivo o integrativo aziendale non prevedano espressamente che l'avvio della procedura debba essere preceduto dalla preventiva informazione sindacale, allora non si può ritenere la procedura invalida, la si deve ritenere legittima e la stessa non può essere revocata” notando, tuttavia, che “Un'interpretazione siffatta, tuttavia, finisce con lo svuotare e rendere inoffensivo lo strumento dell'art. 28 L. 300/1970, il quale, invece, è stato concepito dal legislatore in termini di rilevante incisività ed efficacia, come si evince dal fatto stesso che i poteri del Giudice non sono tipizzati ma volti alla finalità precipua di reprimere la condotta illegittima”. Secondo il giudice l'argomento che valorizza l'assenza del nesso di causalità non coglie nel segno poiché “L'effetto della condotta antisindacale non è nel caso di specie l'invio di una comunicazione in una situazione nella quale il confronto con i sindacati avrebbe scongiurato la chiusura della sede Wartsila di Trieste, circostanza che nessuno può invero conoscere, ma semplicemente l'invio di una comunicazione relativa alla decisione di chiudere il sito produttivo che non sia stata preceduta da una consultazione sindacale.

Per tale ragione non è utile chiedersi se la consultazione sindacale sia stata procedimentalizzata o meno, e nemmeno procedendo nel ragionamento, ha senso chiedersi se la Wartsila avrebbe o meno deciso di inviare la comunicazione se vi fosse stato il confronto con i sindacati. Lo scopo del procedimento, qualora sia emersa l'antisindacalità della condotta datoriale è quello di reprimere la condottaantisindacale qualora la stessa sia ancora attuale. Qualora l'attualità ricorra come nel caso di specie, l'unica modalità per ottenere l'effetto repressivo richiesto dalla legge, è consentire al sindacato di svolgere il ruolo che gli è stato assegnato nell'ambito della contrattazione collettiva ed integrativa nel caso di specie.

Ed allora altra soluzione non v'è che riportare la situazione di fatto allo status quo ante, in una fase nella quale il confronto preventivo sia ancora possibile, e dunque ordinarsi al datore di lavoro la revoca della comunicazione ex art. 1 L. 234/2021, affinché si dia luogo alla concertazione fra datore di lavoro e sindacati prevista da contrattazione collettiva ed integrativa, concertazione che dovrà ovviamente essere effettiva e non risolversi nella mera esibizione della comunicazione già inviata”.

Alla luce di tale iter logico-argomentativo il giudice ha accolto la richiesta di revoca della comunicazione ex art. 1 della L. 234/2021 del 14 luglio 2022. ed ha altresì condannato la società al risarcimento del danno.

Osservazioni

Le conclusioni cui giunge il Tribunale di Trieste con riferimento al rapporto tra violazione dei diritti di informazione e consultazione sindacale e validità della procedura “anti-delocalizzazioni” ex L. 234/2021 hanno l'indubbio pregio di valorizzare pienamente l'effettività dello strumento di repressione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 della L. 300/1970 nonché dei diritti di informazione e consultazione sindacale, anche nell'ottica di una piena implementazione del principio di democrazia industriale espresso dall'art. 46 della Cost.

Non si può, tuttavia, omettere di notare che, per addivenire a tale obiettivo, il giudice segue un iter logico-argomentativo non condivisibile sul piano giuridico. Innanzitutto appare eccessivamente formalistica e contraria alla ratio perseguita dalle parti sociali stesse l'interpretazione letterale dell'art. 9 del CCNL Industria Metalmeccanica, lettura in base alla quale la procedura “anti-delocalizzazioni” ex L. 234/2021 non assorbirebbe i diritti di informazione di fonte collettiva solo perché non espressamente menzionata.

In secondo luogo appare altresì discutibile la decisione di rimuovere gli effetti della condotta antisindacale attraverso la revoca della comunicazione di avvio della procedura “anti-delocalizzazioni” ex L. 234/2021. Non vi è infatti alcuna evidenza del fatto che l'avvio della procedura costituisca un effetto del mancato avvio del confronto sindacale.

Detto ciò appare sempre più evidente che i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dalla contrattazione collettiva si stiano definitivamente emancipando dal ruolo di mera “dichiarazione di intenti”, priva di alcuna effettività e cogenza, e stiano assumendo invece un ruolo ben più centrale, in grado di introdurre un effettivo condizionamento del potere datoriale soprattutto nelle ipotesi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale che incidono significativamente sui livelli occupazionali.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: M. Biasi, Il nodo della partecipazione dei lavoratori in Italia. Evoluzioni e prospettive nel confronto con il modello tedesco ed europeo, Milano, 2013; M. Biasi, La partecipazione dei lavoratori nel CCNL Metalmeccanici 5 febbraio 2021: la retta via e il lungo cammino, in G. Zilio Grandi (a cura di), Commentario al CCNL metalmeccanici 5 febbraio 2021, Torino, 2021, pag. 93 e ss.; D. Marino, La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese nella contrattazione collettiva, in Dir. Rel. Ind., 2020, 4, pag. 1024 e ss.; M. Falsone, La repressione della condotta antisindacale fra spiazzamenti, potenzialità inespresse ed esigenze di manutenzione, in Lav. Dir., 2021, 2; M. Corti, Partecipazione dei lavoratori e licenziamenti collettivi, in Jus-online, 2019; G. Frosecchi, Diritti collettivi di informazione. Lezioni dal caso GKN, in Lab. & Law Iss., 2021, 2, pag. 39 e ss.; S. Bellomo, Il sindacato nell'impresa, in F. Carinci (a cura di), Il lavoro subordinato, I, Il diritto sindacale, in M. Bessone (diretto da), Trattato di diritto privato, Torino, 2007, pag. 203.

Sommario