Concausa di lesione in ambito di contratto di polizza infortuni

04 Ottobre 2022

Il criterio assicurativo di Infortunio indennizzabile si basa esclusivamente sulla condizione causale dell'evento lesivo (causa esterna, fortuita e violenta) ed in tal senso assume intrinseca rilevanza sia in ambito Contrattuale Privato, sia in ambito Previdenziale Inail.Ciò che differenzia le differenti posizioni Assicurative sta solo nel criterio con cui si definiscono i distinti criteri di indennizzabilità della lesione corporale obiettivata e, in subordine, di indennizzabilità delle conseguenze di danno.
Il principio assicurativo

Qualsiasi Contratto di Polizza Infortuni si basa sui principi contrattuali condivisi tra Assicuratore e Contrente, integranti le Condizioni Generali di Polizza, nelle quali è indicato il “presupposto assicurativo che configura l'infortunio indennizzabile e la indennizzabilità delle sue conseguenze.

Il principio assicurato è rappresentato dal presupposto causale di lesione, il quale deve avere i caratteri della “fortuita'” (cioè che si manifesti in maniera imprevedibile e indeterminabile) della “esteriorità'” (cioè che il fattore traumatico, qualunque sia il suo meccanismo lesivo, agisca dall'esterno della persona) e della “violenza” (cioè che il fattore lesivo sia concentrato nel tempo e non “diluito” cronologicamente nel tempo).

In nessun contratto di Polizza sono previsti specifiche modalità e tempi di manifestazione clinica della lesione conseguente all'evento causale assicurato, proprio in relazione al fatto che lo stesso principio assicurativo non prevede quali debbano i tempi ed il meccanismo d' azione lesiva, ove questa si manifesti per causa esterna, fortuita e violenta

In altri termini la copertura assicurativa non fa alcuna distinzione sui mezzi di produzione della lesione (traumatica meccanica, fisica, tossica, infettiva… ecc.) purché sia rispettato il principio assicurato individuato nelle Condizioni Generali del Contratto di Polizza e accettato tra le Parti

Le conseguenze indennizzabili dell'evento, realizzatosi a seguito di causa violenta esterna e fortuita, devono poi trovare riscontro in “lesioni corporali obiettivabili“, che, come anticipato, possono anche non essere immediate ed avere (in rapporto ai differenti meccanismi eziopatogentici ) differente manifestazione clinica: Un frattura di un arto determina l'immediato riscontro di una “ lesione corporale obiettivabile”, mentre l'ingestione accidentale di sostanze tossiche, una asfissia o infezione acuta, possono avere manifestazioni cliniche differenti ed ingravescenti, senza che ciò possa escludere l'indennizzabilità dell'infortunio e delle sue conseguenze di danno

Confondere concettualmente la “causa di lesione” con le conseguenze della stessa rappresenta purtroppo un frequente “difetto interpretativo”, cui incorre spesso il giurista.

Chiaro esempio di questi equivoci emerge dalla lettura di alcune recenti Sentenze di Tribunale in tema di esclusione dell'indennizzabilità delle infezioni acute virali (quali il Covid) nelle quali il Giudice, disattendendo il “principio contrattuale“, ha confuso la causa lesiva con il suo effetto, cioè la malattia infettiva, che rappresenta solo una conseguenza e non la causa, che è il presupposto contrattuale.

Disattenzione concettuale, foriera di inadeguata applicazione ai fini contrattuali, posto che con il termine “malattia” -secondo consolidata definizione – Treccani e principi dell'OMS- si intende solo una generica condizione di stato di sofferenza di un organismo in toto o di sue parti, prodotto da una causa che lo danneggia ed il complesso di fenomeni reattivi che ne derivano in contesto di transitorietà ed evoluzione verso un esito (guarigione, morte o menomazione).

La “malattia” rappresenta quindi solo l'effetto, cioè la conseguenza, di una qualsiasi condizione lesiva e non può essere confusa concettualmente, sia sotto il profilo medico legale sia giuridico, col principio assicurativo fondante i presupposti contrattuali di infortunio, cioè la causa violenta, esterna e fortuita.

Il criterio di indennizzabilità della lesione corporale obiettivabile conseguente a causa violenta, esterna e fortuita

Il criterio assicurativo di Infortunio indennizzabile si basa esclusivamente sulla condizione causale dell'evento lesivo (causa esterna, fortuita e violenta) ed in tal senso assume intrinseca rilevanza sia in ambito Contrattuale Privato, sia in ambito Previdenziale Inail.

Ciò che differenzia le differenti posizioni Assicurative sta solo nel criterio con cui si definiscono i distinti criteri di indennizzabilità della lesione corporale obiettivata e, in subordine, di indennizzabilità delle conseguenze di danno.

In ambito Previdenziale, a prescindere dalle esclusive circostanze in cui si deve verificare l'infortunio (occasione di lavoro), non sussiste alcuna preclusione di ordine “ concausale “ sulla indennizzabilità della lesione e delle sue conseguenze e la stima dell'indennizzo segue regole liquidative sostanzialmente sovrapponibili a quelle di natura “ extracontrattuale “, ove le concause di menomazione concorrenti assumono valore incrementativo sul danno indennizzabile ( vedasi ad esempio la c.d. formula di Gabrielli)

In ambito di Polizza Privata, al contrario, vige il criterio di indennizzabilità delle conseguenze dirette dell'infortunio che in genere- nei Contratti- viene richiamato dalla seguente generica clausola.

La Società liquida l'indennità soltanto per le conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio indennizzabile a termini della presente Polizza, indipendentemente quindi da malattia o da difetti fisici, preesistenti o sopravvenuti, o da mutilazioni preesistenti, in quanto l'influenza che l'infortunio può aver esercitato su tali condizioni, come pure il pregiudizio che esse possono portare all'esito delle lesioni prodotte dall'infortunio, sono considerate conseguenze indirette e quindi non indennizzabili.
Nei casi di preesistenti mutilazioni o difetti fisici, l'indennità per invalidità permanente è liquidata per le sole conseguenze dirette cagionate dall'infortunio come se esso avesse colpito una persona fisicamente integra, senza riguardo al maggior pregiudizio derivato dalle condizioni preesistenti.

Tale clausola, finalizzata al contenimento del rischio e del danno assicurato, si basa sostanzialmente su due criteri sostanziali:

1) Il pregiudizio che preesistenti e/o sopravvenuti difetti fisici o mutilazioni o condizioni di malattia possano portare all'esito delle lesioni prodotte dall'infortunio;

2) L'indennizzo delle sole conseguenze dirette cagionate dall'infortunio come se esso avesse colpito una persona fisicamente integra, senza riguardo al maggior pregiudizio derivato dalle condizioni preesistenti.”

La semplice lettura del testo della clausola, preposta a definire le condizioni di esclusione o limitazione indennizativa delle conseguenze dell'infortunio, appare del tutto generica e priva di valenza scientifica: il concetto di “difetto fisico” non implica in sé la sussistenza automatica di una patologia e che quindi che l'assicurato non sia soggetto sano ed integro.

Appare altresì priva di oggettiva valenza contrattuale, in quanto si basa sull'aleatorio termine di pregiudizio che - in sé, secondo il dizionario della lingua italiana - ha il significato di opinione precostituita, soggetta ad alterna interpretazione, non suffragata da oggettivo ed inconfutabile riscontro o da conoscenza diretta

Trattandosi dunque di contesto contrattuale che richiede – ai fini della indennizzabilità delle conseguenze di infortunio- specifiche competenze tecniche medico legali, il termine “ pregiudizio “, citato nella clausola di esclusione o limitazione delle conseguenze di infortunio non può che riferirsi preliminarmente ai concetto medico legale di concausa di lesione e concausa di menomazione, i quali, in tale contesto, vanno integrati nei criteri previsti dall'art. 1370 del codice civile e quindi di oggettiva determinabilità e applicabilità rispetto alle specifiche condizioni di assicurabilità del Contraente (età) e rispetto alle caratteristiche (causa violenta, esterna e fortuita) dell'evento traumatico responsabile della lesione corporale obiettivata.

Onere probatorio di esclusione dell'infortunio e delle sue conseguenze

In contesto di Contratto di Polizza Infortuni il concetto di concausa di lesione può trovare applicazione- ai fini probatori di “esclusione“ - solo nei casi in cui sussista oggettivo e determinabile riscontro di autonome condizioni patologiche preesistenti dal tali da aver avere avuto concreta efficienza causale, in quel determinato soggetto assicurato (con esclusione delle variabili di disfunzionalità dovute alterazioni anatomiche parafisiologiche connesse all'età) nel determinismo della lesione corporale obiettivabile, salvo verificare quali sarebbero state le “conseguenze dirette indennizzabili“ cagionate dall'infortunio come se esso avesse colpito una persona fisicamente integra”.

Decisamente “ aleatoria” e quindi soggetta ad interpretazioni individuale, è la clausola contrattuale di esclusione di indennizzo per “ pregiudizio” connesso ad esclusivo “ difetto fisico “ dell'Assicurato trattandosi di semplice ed ipotetico “fattore costituzionale predisponente “, privo di autonoma patogenicità, che non può equivalere - sotto il profilo medico legale e quindi contrattuale - a quello di concausa di lesione, mancando il presupposto probatorio dell'inconfutabile sussistenza di una “oggettiva e determinabile condizione patologica preesistente“: soprattutto se la lesione ha avuto, in sè, i requisiti previsti dal principio assicurato (cioè dovuto a causa violenta, esterna e fortuita)

Si tratta di questioni valutative ai fini dell'esclusione di indennizzo dell'infortunio che spesso vengono addotte dall'Assicuratore con riferimento alla citate generiche condizioni di indennizzabilità dell'Infortunio, basate prevalentemente su, pur autorevoli, ipotesi eziopatogenetiche scientifiche, che non possono avere, tuttavia, tassativo criterio di esclusione di indennizzo, ove non si tenga conto della età dell'Assicurato, delle singole caratteristiche e modalità dell' infortunio denunciato e della sussistenza, o meno, di oggettivi e determinabili riscontri patologici clinici e strumentali.

In altri termini non possono essere di certo solo - pur ammissibili - ipotesi eziopatogenetiche, senza oggettivo e specifico riscontro “concausale” patologico, a rappresentare elemento di prova di esclusione di lesioni corporali obiettivate e realizzatesi a seguito di infortunio dovuto a “causa violenta, esterna e fortuita“.

Esemplificativo in tal senso quanto emerge dalla sentenze del Tribunale Civile di Treviso (confermato dalla Corte d'Appello di Venezia e mai appellato in Cassazione) relativamente alla ammissione all' indennizzo di una ernia discale lombare post traumatica

La vicenda riguardava un assicurato ventenne che a seguito di sinistro stradale aveva subito un trauma distorsivo vertebrale, complicatosi con la comparsa di un'ernia del disco a sede lombare. L'iniziale contraddittorio in sede Arbitrale aveva portato ad evidenziare due proposte di danno indennizzabile a seconda o meno della rilevanza contrattuale della ipotesi di esclusione di indennizzo proposta dal Fiduciario della Compagnia motivata dal fatto che l'Assicurato era portatore di una emisacralizzazione della 5° vertebra lombare (difetto di sviluppo genetico) e quindi non era “perfettamente sano ed integro”.

In tali termini è stata necessariamente promossa dall'Assicurato la causa di merito nella quale il Giudice di Primo grado non ha condiviso la clausola di esclusione prevista fornita dalla Compagnia affermando che: ”La clausola in esame non può essere certo interpretata ed intesa, come pretenderebbe la Compagnia Assicurativa, nel senso di mera predisposizione naturale all'ernia discale – in difetto di alterazioni strutturali clinicamente obiettivabili della colonna vertebrale, di mancanza di disturbi e di contezza di questa predisposizione – possa assurgere a concausa di lesione contrattualmente rilevante ai fini di escludere l'indennizzo, concausa di lesione che non risulta dimostrata dalla Compagnia di Assicurazione. Secondo l'interpretazione in buona fede della clausola di cui all'art. 30 (del contratto- n.d.s.) non può negarsi l'indennizzabilità dell'ernia discale che è conseguenza diretta ed esclusiva, secondo previsione contrattuale, di causa violenta esterna e fortuita qualificabile come infortunio, che è stata di per sè determinante- come emerge dalla CTU- nella manifestazione, rilevanza clinica di una malattia di origine traumatica della colonna vertebrale, senza che risulti la sussistenza di alterazioni patologiche preesistenti riguardanti lo stesso organo apparato leso, tali da escludere l'indennizzabilità dell'infortunato, il quale – secondo interpretazione di buona fede della clausola in oggetto – doveva ritenersi per quanto riferito perfettamente integro e sano al momento dell'infortunio”.

La Corte d'Appello di Venezia, confermando la sentenza del Tribunale di Treviso, ha disatteso l'Istanza di Impugnazione proposta dalla Compagnia di Assicurazione affermando in sintesi due principi:

  1. La sussistenza di nesso di causa tra evento traumatico e conseguenze dello stesso (ernia discale);
  2. In tema di clausola di esclusione la Corte ha ribadito la onerosità della clausola che esclude l'indennizzabilità delle conseguenze dell'infortunio allorché l'assicurato non sia fisicamente integro e sano, affermando che: "pur ammettendo che il danneggiato fosse predisposto alla formazione di ernia discale, tuttavia egli non ne aveva alcuna consapevolezza, non essendovi alcun segnale in tal senso sicché il predetto poteva pacificamente ritenersi persona integra e sana. È stato l'evento traumatico patito che ha causato la formazione dell'ernia discale, la quale pertanto deve porsi in rapporto di causalità con l'infortunio.

Se l'Attore non avesse subito l'evento traumatico per cui è causa l'ernia discale non sarebbe insorta: del resto è appena il caso di rilevare che, in assenza di fenomeni scatenanti, avrebbe potuto trascorrere tutta la sua esistenza senza che tale ernia discale si manifestasse e senza neppure sapere di essere predisposto a tale patologia dato che “avere una mera predisposizione ad una patologia è pacificamente cosa ben diversa dall'essere portatore di tale patologia”.

Conclusioni

La differenza tra “concausa di lesione” e “predisposizione individuale” per difetto fisico (o genetico) assume quindi estrema differenza e valenza probatoria ai fini dell'esclusione della indennizzabilità dell'infortunio, ove questo - qualunque sia la sua eziopatogenesi - risulti oggettivamente riconducibile a causa esterna, fortuita e violenta.

Tribunale Treviso sez. I 22 dicembre 2005, n. 2505

Svolgimento del processo

In data (omissis) stipulava con la (omissis) Assicurazioni una polizza infortuni cumulativa avente ad oggetto il rischio infortuni professionali ed extraprofessionali relativa alla sua persona e a quelle dei suoi familiari, tra i quali il (omissis), convenendo quale massimale la corresponsione, in caso di invalidità permanente, della somma di lire (omissis) senza franchigie.

In data (omissis), a seguito di un tamponamento in occasione di un incidente stradale, riportava la distorsione del rachide cervicale e lombare da colpo di frusta con la successiva comparsa di una protrusione discale postraumatica a livello L5-S1 con postumi permanenti quantificati da medico fiduciario nella misura del 20% di danno, con riferimento alla tabella Inail contrattualmente recepita. Azionata la polizza infortuni con richiesta alla (omissis) di corresponsione di un indennizzo nella misura di lire (omissis) permanente calcolata moltiplicando lire (omissis) per i punti di invalidità cui andava sommata la somma di lire (omissis) per i (omissis) giorni di immobilizzazione con tutore a lire (omissis) al dì), la (omissis) versava però solo la somma di lire (omissis) (che veniva trattenuta dal (omissis) in acconto sul maggiore credito) derivante dalla sola distorsione al rachide cervicale e non anche a quella lombare in quanto non causalmente connessa all'infortunio subito.

Attivata la procedura arbitrale con la formazione del Collegio composto (omissis) e dal prof. (omissis) , veniva inutilmente esperito il tentativo di composizione in quanto a fronte della richiesta del (omissis) di procedere alla valutazione del danno invalidante nella sua globalità, indipendentemente da qualsiasi ipotetica condizione concausale di lesione, la (omissis) si opponeva invece alla pretesa di liquidazione del danno prescindendo da una valutazione di riconducibilità o meno delle lesioni a una condizione concausante, quale nella specie l'esistenza di un fattore predisponente l'ernia discale, posto che la clausola n.30 delle condizioni di polizza circoscriveva l'oggetto del rischio assicurato alle sole conseguenze dirette e esclusive dell'infortunio che erano da ravvisare nella distorsione del rachide cervicale e non già nell'ernia discale che era stata concausata dal fattore organico predisponente.

Con atto di citazione del (omissis) convenivano quindi in giudizio la (omissis) Assicurazioni S.p.a. e chiedevano, previa dichiarazione di abusività ex art. 1469 bis C.C. delle clausole di cui agli articoli 30 e 33 delle condizioni generali di contratto o comunque tramite una loro corretta interpretazione, fosse accertato il diritto di (omissis) alla ricezione della somma residua di lire 57.750.000 e per effetto la condanna della compagnia assicuratrice al suo pagamento.

Costituitasi, la (omissis) resisteva alla domanda siccome infondata in fatto e in diritto e chiedeva, previo accertamento della validità ed efficacia delle clausole contestate dall'attore, preliminarmente fosse dichiarata l'improponibilità della domanda giudiziaria per rinuncia all'azione e nel merito la reiezione della domanda e in subordine la declaratoria della congruità della somma di lire (omissis) corrisposta.

Espletata consulenza medica d'ufficio, la causa - acquisita la documentazione dimessa – veniva trattenuta in decisione previa assegnazione dei termini per conclusionali e repliche.

Motivi della decisione

La domanda è fondata e va quindi accolta per quanto di ragione.

Deve essere anzitutto rigettata l'eccezione preliminare della (omissis) Assicurazioni di improponibilità della domanda fondata sulla asserita validità della clausola n.33 della polizza di assicurazione.

L'art. 33 denominato modalità di valutazione del danno così stabilisce: "le divergenze sul grado di invalidità permanente o di inabilità temporanea, sulla durata dell'inabilità temporanea e sulla necessità del ricovero in istituto di cura, come pure le divergenze sull'applicazione dei criteri di indennizzabilità di cui all'art. 30, sono demandate per iscritto ad un Collegio di tre medici, nominati uno per parte e il terzo di comune accordo o in caso contrario dal Consiglio dell'ordine dei medici avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il collegio dei medici. Il Collegio medico risiede nel comune che sia sede di istituto universitario di medicina legale e delle assicurazioni, più vicino alla residenza dell'assicurato. Ciascuna delle parti sostiene le proprie spese e remunera il medico da essa designato, contribuendo per la metà delle spese e competenze per il terzo medico.

Le decisioni del Collegio medico sono prese a maggioranza di voti, con dispensa da ogni formalità di legge, e sono vincolanti per le parti, anche se uno dei medici rifiuti di firmare il relativo verbale".

La (omissis) Assicurazioni sostiene (cfr. comparsa di costituzione e risposta) che la clausola di cui all'art. 33, quale che possa essere la sua qualificazione (perizia contrattuale, arbitraggio, arbitrato irrituale), ha quale effetto la rinuncia all'azione e quindi l'improponibilità della domanda di tal che non può presumersi alcuna vessatorietà della medesima ai sensi dell'art. 1469 bis comma 3 n. 18 C.C. atteso che la disposizione citata presume l'abusività solo delle condizioni determinanti una deroga alla competenza dell'Autorità giudiziaria, il che non si realizza invece per la clausola compromissoria di arbitrato irrituale che concreta un mandato a transigere con rinuncia, come detto, all'azione giudiziale.

L'assunto non è condivisibile dovendosi invece, a contrario, ritenere l'abusività di clausola siffatta in quanto la medesima contrasta con la direttiva n. 93/13, alla voce q dell'allegato, che prevede quali clausole abusive quelle che rendono più oneroso e difficile l'esercizio della giurisdizione, e cioè quelle che hanno per oggetto o per effetto di "...sopprimere o limitare l'esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando lo stesso a rivolgersi esclusivamente ad una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche".

La clausola contenuta nell'art. 33, implicando la rinuncia alla tutela giurisdizionale da parte del consumatore ovvero rendendo più oneroso e difficoltoso l'esercizio di azioni legali, è contraria allo spirito della direttiva 93/13, che è invece quello di rimuovere situazioni di inferiorità del consumatore al quale vengono imposte clausole onerose e vessatorie.

La previsione di cui all'art. 1469 bis n. 18 C.C. va quindi interpretata e intesa, ad avviso del Giudicante, contrariamente a quanto ritiene la (omissis) Assicurazioni, nel senso di ricomprendervi l'arbitrato sia rituale che irrituale.

Infatti le direttive comunitarie hanno efficacia vincolante anche in senso interpretativo, secondo l'orientamento costante per cui "nell'applicare il diritto nazionale... il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale quanto più è possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva" (cfr. Corte di Giustizia 14.7.1994)

Come evidenziato poi da altri Giudici di merito, non è revocabile in dubbio la abusività delle clausole che prevedono il ricorso obbligatorio ad un collegio di medici in quanto le stesse (imponendo la compensazione delle spese collegiali e la rinuncia all'azione hanno quale conseguenza di carattere pratico di ridurre il credito dell'assicurato, il quale, nel caso di ricorso all'autorità giudiziaria, qualora vittorioso, otterrebbe il pagamento delle spese e l'aggiornamento del proprio credito a mezzo della corresponsione degli interessi (non previsto invece dalla clausola di cui all'art.33) rimanendo indenne da ogni esborso economico.

Nè la Compagnia assicuratrice ha superato la presunzione di sussistenza di significativo squilibrio tale da giustificare la declaratoria di inefficacia della clausola; nè poi può sostenersi, come pretenderebbe la (omissis), la asserita sanatoria della abusività della clausola a seguito dell'attivazione dell'arbitrato posto che gli stessi arbitri (cfr. doc. 12 del fascicolo di parte attrice) hanno declinato l'incarico evidenziando la necessità di risolvere preliminarmente questioni di carattere giuridico.

Sostiene ancora la (omissis) Assicurazioni che sarebbe però inapplicabile la disciplina di protezione del consumatore al contratto oggetto di causa in quanto il medesimo risulta concluso il 18.7.1995 e perciò prima della entrata in vigore della novella del Codice, avvenuta il 25.2.1996, ancorché dopo l'emanazione della direttiva comunitaria (la n. 93/13).

La (omissis) Assicurazioni argomenta che l'applicabilità deve essere esclusa sulla base del principio della irretroattività della legge di tal chef essendosi la fattispecie contrattuale perfezionata prima dell'entrata in vigore della novella codicistica, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria, il contratto sarebbe regolato dalla legge vigente al momento in cui le parti hanno manifestato vincolativamente la loro volontà.

La tesi non è condivisibile in quanto il principio di irretroattività non porta ad escludere (per contratti che non hanno un termine di durata l'applicabilità di una legge sopravvenuta, non ovviamente alla fattispecie o agli effetti già esauritisi, ma agli effetti del contratto nel momento in cui questi sono destinati a prodursi cosicché nel caso di specie, verificatosi l'11.1.1999 l'infortunio oggetto del rischio assicurato, non può essere messa in dubbio l'applicazione della nuova disciplina, che era allora in vigore, pena - a volere diversamente ritenere - l'affermazione di un principio di ultrattività della legge previgente, principio che dovrebbe essere di natura eccezionale e applicabile solo in caso di espressa previsione.

Nell'affrontare analoghi problemi di diritto intertemporale a proposito della legge 108/1996 sull'usura e della legge 154/1992 sulla trasparenza bancaria, sia la Corte di Cassazione che la Corte costituzionale hanno pienamente legittimato una ricostruzione dei rapporti tra contratti di durata e ius superveniens tendente a costruire una generale figura di inefficacia sopravvenuta.

Così la Corte Costituzionale (nel giudicare la legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 154/1992, che ha riformulato l'art. 1938 C.C., imponendo la previsione di un importo massimo garantito per le fideiussioni c.d. omnibus) ha potuto rigettare la questione, precisando che "l'innovazione legislativa che stabilisce la nullità per obbligazioni future senza limitazioni d'importo, non tocca la garanzia per le obbligazioni già sorte, ma esclude che si producano ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbligazioni principali successive al divieto di garanzia senza limiti" e la Corte di cassazione in tema di usura ha potuto più volte affermare che "la sopravvenuta legge 108/96, di per sé evidentemente non retroattiva e dunque insuscettibile di operare rispetto agli anteriori contratti di mutuo, sia di immediata applicazione nei correlativi rapporti, limitatamente alla regolamentazione di effetti ancora in corso".

Ad avviso di questo Giudice, anche in materia di clausole vessatorie e contratti del consumatore può dunque affermarsi che le nuove norme si applicano, per tutte le ragioni suesposte, ai contratti in corso, ancorché come detto sia necessario distinguere tra il piano della fattispecie e il piano degli effetti che, come nel caso di specie, sono destinati a prodursi dopo la novella con conseguente sua immediata applicabilità sulle clausole vessatorie.

Ciò detto, risulta dalla disposta consulenza redatta dal prof. (omissis) che (omissis) riportò nell'incidente stradale del giorno a seguito del tamponamento "... la distorsione del rachide cervicale - contusione del rachide lombare con conseguente ernia discale contenuta, tra la 5^ vertebra lombare e la 1^ vertebra sacrale". Il C.T.U. ha concluso nel senso che la riduzione della validità di (omissis) - riferita alle tabelle Inail come da Polizza - è pari "... all'8% se la ernia discale non rientra nella valutazione secondo una interpretazione della clausola nell'art. 30 del contratto di polizza ovvero che la riduzione della validità secondo le tabelle Inail è pari al 17% se l'ernia discale rientra nella valutazione del danno coperto dalla polizza di assicurazione, in base ad altra interpretazione dell'art. 30 del contratto di Polizza".

La clausola n. 30 di polizza denominata criteri di indennizzabilità {cfr. doc. 2 prodotto da parte attrice sulle condizioni generali di contratto), per la parte che interessa, così testualmente recita "la società corrisponde l'indennizzo per le conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio.

Se al momento dell'infortunio l'assicurato non è fisicamente integro e sano, sono indennizzabili soltanto le conseguenze che si sarebbero comunque verificate qualora l'infortunio avesse colpito una persona integra e sana".

Sostiene la (omissis) Assicurazioni che è da escludere che l'ernia discale sia stata causata dal trauma diretto e che essendo l'oggetto del rischio assicurato e perciò dell'indennizzo circoscritto, sulla base della clausola contenuta nell'art. 30 di polizza alle sole conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio e non anche a quelle concausate da un fattore predisponente, come nel caso di specie era accaduto per l'ernia discale la cui insorgenza era stata favorita (agendo da fattore predisponente) da una condizione anatomica (omissis) a livello lombosacrale (cfr. C.T.U. prof. (omissis)), deve essere indennizzato solo il danno riferito alla distorsione cervicale e alla contusione vertebrale nella misura dell'8%.

L'interpretazione della clausola contenuta nell'art. 30 della polizza fornita dalla Compagnia non è condivisibile.

È insegnamento giurisprudenziale consolidato che le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da una delle parti, in caso di dubbio, si interpretano a favore dell'altro ex art. 1370 C.C., norma quest'ultima che pone a carico del predisponente un onere di clare loqui, di utilizzare cioè un linguaggio il più possibile chiaro e comprensibile e rispettoso dei canoni di buona fede.

Orbene, la clausola in esame non può certo essere interpretata e intesa, come pretenderebbe la (omissis) Compagnia Assicuratrice, nel senso che la mera predisposizione naturale all'ernia discale - in difetto di alterazioni strutturali clinicamente obiettivabili della colonna vertebrale (omissis) era stato tra l'altro dichiarato abile alla visita di leva), di mancanza di disturbi e di contezza di questa predisposizione - possa assurgere a concausa di lesione contrattualmente rilevante ai fini di escludere l'indennizzo, concausa di lesione che non risulta dimostrata dalla Compagnia Assicuratrice.

Secondo l'interpretazione in buona fede della clausola di cui all'art. 30 non può negarsi 1'indennizzabilità dell'ernia discale che è conseguenza diretta ed esclusiva, secondo la previsione contrattuale, di una causa violenta esterna, qualificabile come infortunio -, che è stata di per sè determinante - come emerge dalla C.T.U. - nella manifestazione, rivelazione clinica di una malattia di origine traumatica della colonna vertebrale, senza che risulti la sussistenza di alterazioni patologiche preesistenti e/o coesistenti riguardanti lo stesso organo o apparato leso tali da escludere l'indennizzabilità dell'infortunato, il quale - secondo interpretazione di buona fede della clausola in oggetto - doveva ritenersi per quanto su riferito perfettamente integro e sano al momento dell'infortunio.

Circa l'entità dell'indennizzo, tenuto conto che un punto percentuale, secondo le previsioni di polizza, ammonta a (omissis), ne deriva che esso ammonta a euro (omissis) (euro (omissis) 17), cui dovrà sommarsi l'indennizzo di euro (omissis) (cfr. lettera L della polizza prodotta da parte attrice quale doc. 1) per giorni 45 di collare immobilizzante ed euro (omissis) per spese mediche, alla stregua della disposta C.T.U. medico-legale ("il signor (omissis) è stato immobilizzato per 45 giorni con collare per la distorsione del rachide cervicale e ha osservato riposo a letto. Il Signor (omissis) ha affrontato degli esborsi per ticket relativi a prestazioni sanitarie giustificate dalle lesioni subite per una somma complessiva di lire (omissis)").

In definitiva, detratto l'acconto di euro (omissis) percepito il (omissis) la (omissis) assicurazioni va condannata al pagamento in favore di parte attrice della somma di euro (omissis), oltre interessi dalla domanda al saldo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Pone le spese di C.T.U. a carico della convenuta.

P.Q.M.

Il Giudice Unico, definitivamente decidendo nella causa di cui sopra, condanna la (omissis) Assicurazioni s.p.a. al pagamento in favore di parte attrice, già detratto l'acconto percepito, della somma di euro (omissis), oltre interessi dalla domanda al saldo.

Condanna la convenuta al pagamento in favore di parte attrice delle spese di lite liquidate nel complessivo importo di euro (omissis) di cui euro (omissis) per spese ed euro (omissis) per diritti, oltre IVA e CPA come per legge.

Pone le spese di C.T.U. a carico della convenuta.

Treviso, lì 2.11.2005

Corte d'Appello Venezia sez. IV 21 dicembre 2010, n. 2511

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2505 emessa in data 2 novembre 2005, pubblicata il 22 dicembre 2005, il Tribunale di Treviso, accogliendo la domanda formulata da (omissis), condannava la convenuta (omissis) Assicurazioni S.p.A. a corrispondere alla parte attrice l'importo di € 25.223,05 (al netto dell'acconto già versato), oltre interessi dalla domanda al saldo, a titolo di risarcimento del danno patito da (omissis) in seguito ad un incidente stradale occorsogli il 18 luglio 1995. (La polizza infortuni era stata stipulata da (omissis) e comprendeva anche i danni patiti dai famigliari, tra i quali, quindi, il figlio (omissis)).

Il Tribunale, in particolare, respingeva l'eccezione di improponibilità della domanda che (omissis) Assicurazioni S.p.A. aveva sollevato sul presupposto della validità della clausola n. 33 della polizza che prevedeva la devoluzione ad un collegio arbitrale delle controversie aventi ad oggetto le divergenze sul grado di invalidità permanente o temporanea, nonché le divergenze sulla applicazione dei criteri di indennizzabilità di cui all'art. 30.

Argomentava il Tribunale che tale clausola doveva ritenersi vessatoria ai sensi dell'art 1469 bis comma 3 n. 18 c.c.

Il Tribunale, inoltre, non riteneva fondata la tesi proposta da (omissis) S.p.A. secondo cui, ai sensi della clausola n. 30 della polizza (in forza della quale "la società corrisponde l'indennizzo per le conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio"), doveva ritenersi oggetto di copertura assicurativa solo il danno al rachide cervicale e non anche la "conseguente ernia discale", la cui insorgenza non poteva ritenersi una conseguenza diretta dell'incidente, in quanto era stata favorita da una condizione anatomica di (omissis).

Avverso tale sentenza proponeva impugnazione (omissis) Assicurazioni S.p.A. dolendosi della errata interpretazione ed applicazione della clausola n. 30 della polizza, nonché della errata interpretazione ed applicazione della clausola L 1 (in forza della quale il Tribunale aveva riconosciuto ad (omissis) l'importo di € 3.486,08 "per giorni quarantacinque di collare immobilizzante").

Chiedeva, pertanto, la riforma dell'impugnata sentenza con condanna di (omissis) Assicurazioni S.p.A. al risarcimento del solo danno conseguente alla lesione al rachide cervicale (€ 7.746,85, già detratto racconto versato).

Si costituivano (omissis) contestando il fondamento dell'appello di cui chiedevano, quindi, il rigetto, con conseguente conferma dell'impugnata sentenza.

Successivamente, all'udienza collegiale del 19 maggio 2010, la Corte ha trattenuto la causa in decisione sulle conclusioni delie parti riportate in epigrafe e ha assegnato i termini di cui all'art 190 c.p.c. per il deposito di comparsa conclusionale e di memoria di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come riportato in narrativa, con il primo motivo di gravame, (omissis) Assicurazioni S.p.A. si duole della errata interpretazione della condizione n. 30 della polizza, rubricata "criteri di indennizzabilità".

Tale clausola prevede che siano oggetto di indennità le "conseguenze dirette ed esclusive dell'infortunio", con la conseguenza che, se al momento dell'infortunio, rassicurato "non è fisicamente integro e sano, sono indennizzabili soltanto le conseguenze che si sarebbero verificate qualora l'infortunio avesse colpito una persona integra e sana".

Assume l'appellante che in forza di tale clausola non può essere riconosciuto ad (omissis) alcun indennizzo per il danno conseguente all'ernia discale in quanto patologia la cui insorgenza è stata favorita da una predisposizione soggettiva dell'infortunato.

L'assunto, ad avviso della Corte, non ha pregio.

La clausola sopra ricordata, infatti, afferma il criterio della indennizzabilità delle conseguenze per le quali sussista un nesso di causalità con l'infortunio.

Nel caso di specie, la sussistenza di tale nesso non può pacificamente essere contestato.

Dalla consulenza tecnica in atti (le cui conclusioni non sono state oggetto di osservazioni critiche che abbiano posto in evidenza errori o vizi logici apprezzabili, ma solo, semmai, diverse valutazioni) si apprende che (omissis) era predisposto alla formazione di ernia discale. Si legge altresì che, tuttavia, egli non ne aveva alcuna consapevolezza, non essendovi alcun segnalale in tal senso, sicché il predetto poteva pacificamente ritenersi persona integra e sana.

E' stato l'evento traumatico patito che ha causato la formazione di ernia discale, la quale, pertanto, deve porsi in rapporto di causalità con l'infortunio subito.

Se l'attore non avesse subito l'evento traumatico per cui è causa, l'ernia discale non sarebbe insorta e ciò è più che sufficiente sotto il profilo della sussistenza di un nesso di causalità.

Del resto, è appena il caso di rilevare che, in assenza di fenomeni scatenanti, (omissis) avrebbe anche potuto trascorrere tutta la sua esistenza senza che tale ernia discale si manifestasse e senza neppure sapere di essere predisposto a tale patologia, dato che avere una mera predisposizione ad una patologia è, pacificamente, cosa ben diversa dall'essere portatore di tale patologia.

Merita, invece, di essere accolto, ad avviso di questa Corte, il secondo motivo di gravame.

Lamenta l'appellante l'erronea liquidazione, in favore dell'appellato (omissis) della indennità di € 3.436,08 per i quarantacinque giorni di collare immobilizzante in applicazione della clausola L1 della polizza in esame.

Si legge nell'elaborato tecnico che l'infortunato "è stato immobilizzato per 45 giorni con collare per la distorsione del rachide cervicale ed ha osservato riposo a letto".

La clausola L 1, applicata nel caso di specie, prevede l'impegno da parte della società assicuratrice a corrispondere un'indennità giornaliera "...nel caso l'assicurato sia portatore a domicilio di apparecchio gessato od altro mezzo di contenimento immobilizzante comunque esterno all'arto e sempre che applicato da personale medico a seguito di trattamento o riduzione di frattura".

La fattispecie in esame è del tutto estranea rispetto a quella di cui alla previsione contrattuale sopra ricordata: a prescindere dalla natura immobilizzante o meno dell'apparecchio applicato (un collare), nel caso di specie, non solo non si è in presenza di un arto immobilizzato, ma neppure di una frattura.

Su questo specifico punto, pertanto, l'appello deve essere accolto con conseguente esclusione dell'indennizzo riconosciuto per il titolo ora ricordato.

Quindi, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, la Corte riduce l'indennizzo di cui al dispositivo della impugnata sentenza di € 3.486,08, con conseguente condanna di (omissis) Assicurazioni S.p.A. a corrispondere alla parte attrice l'importo (al netto dell'acconto versato) di € 21.736,97, oltre agli interessi dalla domanda al saldo e condanna della parte attrice alla restituzione di quanto ricevuto in eccesso rispetto a tale somma, oltre agli interessi legali dalla corresponsione effettiva al saldo.

Avuto riguardo all'esito complessivo della lite, si compensano per un quarto, tra le parti, le spese processuali e si condanna (omissis) Assicurazioni S.p.A. alla rifusione, in favore della parte appellata, dei residui tre quarti delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, liquidati, per l'intero, come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte d'Appello di Venezia, definitivamente decidendo nella causa in grado di appello avverso la sentenza n. 2505 emessa dal Tribunale di Treviso in data 2 novembre 2005, pubblicata in data 22 dicembre 2005; così pronuncia:

in parziale riforma dell'impugnata sentenza, condanna (omissis) Assicurazioni S.p.A. a corrispondere alla parte attrice l'importo (al netto dell'acconto versato) di € 21.736,97, oltre agli interessi della domanda al saldo;

condanna parte attrice alla restituzione, in favore di (omissis) Assicurazioni S.p.A. di quanto ricevuto in eccesso rispetto a tale somma, oltre agli interessi legali dalla corresponsione effettiva al saldo;

compensa per un quarto, tra le parti, le spese processuali e condanna (omissis) Assicurazioni S.p.A. alla rifusione, in favore della parte appellata, dei residui tre quarti liquidati, per l'intero, come segue:

quanto al primo grado di giudizio, nella stessa misura già tassata nella sentenza impugnata;

quanto al presente grado di giudizio, in complessivi € 7.627,61, di cui € 1.047,00 per diritti, € 6.396,00 per onorario di avvocato ed € 184,61 per esborsi, oltre ad IVA, CPA e rimborso spese generali come per legge.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 29 settembre 2010.

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