Come calcolare il danno per l’epatite B contratta a seguito di trasfusione, se la malattia viene scoperta 20 anni dopo?

Redazione Scientifica
05 Ottobre 2022

La Cassazione chiarisce che danno il danno lungolatente è risarcibile solo da quando nascono i sintomi. Dunque, nel caso di epatite B contratta per una emotrasfusione ma rimasta asintomatica per più di venti anni, il danno va calcolato dal momento in cui la malattia manifesta i propri sintomi.

In seguito ad una emotrasfusione con sangue infetto praticata nel 1979 durante un intervento chirurgico, solo ben 20 anni dopo (non essendosi presentato alcun sintomo fino al 1999), R.D.D. scopriva di aver contratto il virus dell'epatite HBV e HVC (senza alcuna prospettiva di guarigione) grazie ad alcune visite mediche. Ciò gli aveva causato uno stato di forte stress e depressione.

Convenendo in giudizio il Ministero della Salute, l'ASL di Firenze e l'Ospedale in cui era stato operato, otteneva il risarcimento dei danni patiti.

Il Ministero della Salute ricorre in Cassazione sostenendo che la pronuncia impugnata avrebbe assunto per errore, come parametro per il calcolo del danno subito dalla vittima, l'età del danneggiato al momento dell'accaduto (25 anni), invece di considerare l'età dello stesso al momento della richiesta amministrativa dell'indennizzo (47 anni).

La doglianza è fondata. La Corte d'Appello toscana ha erroneamente riconosciuto che il danno subito dalla vittima dovesse essere calcolato dall'epoca di contrazione del contagio e non dal momento della sua manifestazione. E ciò non sarebbe conforme a diritto e contrasterebbe con le risultanze probatorie.

Infatti, secondo i Giudici di legittimità «per danno biologico deve intendersi non la semplice lesione all'integrità psicofisica in sé e per sé, ma piuttosto la conseguenza del pregiudizio stesso sul modo di essere della persona (…). Il danno biologico misurato percentualmente è pertanto la menomazione all'integrità psicofisica della persona la quale esplica una incidenza negativa sulle attività ordinarie intese come aspetti dinamico relazionali comuni a tutti» (Cass. n. 19153/2018).

Ne consegue che «il danno da lesione della salute, per essere risarcibile, deve avere per effetto compromissione d'una o più abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane, nessuna esclusa: dal fare, all'essere, all'apparire. Se non avesse alcuna di queste conseguenze, la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile» (Cass. n. 7513/2018).

Infine, il Collegio ha già avuto modo di specificare in passato che «il “danno risarcibile" non è costituito dalla lesione d'un diritto: questa è solo il necessario presupposto per l'esistenza del danno, il quale dovrà comunque manifestarsi con una perdita: patrimoniale o di altro tipo, ma pur sempre una "perdita" concreta, inteso tale lemma nella sua più ampia accezione» (Cass. n. 4991/1996).

Per tutti questi motivi, la S.C. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione.