L'esatta valutazione del periculum nell'azione di danno temuto
06 Ottobre 2022
Massima
La condizione per l'esercizio dell'azione di danno temuto non deve individuarsi in un danno certo, o già verificatosi, bensì anche nel solo ragionevole pericolo che il danno si verifichi, ragione per cui l'azione può esperirsi pure quando un danno si sia già verificato, ma permanga il pericolo che esso si verifichi di nuovo. Il caso
La quaestio juris sottoposta al giudizio della Corte di legittimità muove dalla ratio dell'art. 1172 c.c., al fine di stabilire se la circostanza che un danno si sia già prodotto non escluda il pericolo che possa verificarsi un ulteriore futuro danno e che quindi sussista il ragionevole timore che continui a sovrastare il pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del diritto o del possesso del ricorrente. La questione
L'azione di danno temuto è ammissibile quando il danno in relazione al quale si agisce si è già verificato? Le soluzioni giuridiche
In ordine a tale quaestio, la Cassazione rigetta il ricorso muovendo preliminarmente dalla considerazione di fondo giù espressa nei precedenti giurisprudenziali che, la nozione di inadeguatezza non sostituisce ma specifica quella di pericolosità, per tale ragione, dovendo escludersi un contrasto con i fini propri perseguiti dall'azione nunciatoria, laddove si consideri che la condizione dell'azione di danno temuto può individuarsi anche nel solo ragionevole pericolo che il temuto danno si verifichi, apparendo quindi evidente che la suddetta espressione esprime una valutazione coerente con il sopra richiamato parametro normativo. Osservazioni
L'azione di denunzia di danno temuto ha come presupposti di diritto sostanziale un pericolo di danno futuro, minacciato da cosa a cosa; la gravità del pericolo, che minacci di distruggere o di danneggiare gravemente la cosa, alla quale sovrasta e la prossimità, in ordine spazio-temporale, del pericolo sovrastante la cosa (Trib. Catania, 23 maggio 2021, in www.condominioelocazione.it). In particolare, ai fini della sussistenza di tale presupposto non è necessario attendere il concreto verificarsi di un pregiudizio tale da minacciare la stabilità dell'immobile, un crollo imminente od un cedimento strutturale, essendo sufficiente un pericolo ragionevole manifestatosi in tale senso. L'azione di danno temuto va dunque accolta non soltanto quando vi sia il rischio di distruzione o di danno notevole alla cosa, ma anche ove il mancato intervento manutentivo determini l'inevitabile e prossimo aggravamento del danno già esistente. Conseguentemente, nella denunzia di danno temuto, il pericolo di danno può derivare dallo stato attuale della cosa, da lavori compiuti dall'uomo sulla stessa oppure dalla stessa condotta omissiva consistente nella violazione di un dovere di prevenzione del pericolo. Il danno deve essere grave, ovverosia determinare in misura preoccupante un deterioramento della res, alterando o distruggendo la cosa e per l'effetto, comportandone un'apprezzabile diminuzione patrimoniale. Il danno deve anche essere prossimo, nel senso che possa verificarsi da un momento all'altro, ovvero probabile e tale da determinare un timore ragionevole in una persona normale in base ad una valutazione oggettiva. In altre parole, il presupposto per l'accoglimento del ricorso per denunzia di danno temuto è la sussistenza di un pericolo di danno grave e prossimo alla cosa che formi oggetto del diritto del denunziante, da intendersi alla stregua di attuale ed incombente attitudine ad arrecare un pregiudizio di rimarchevole consistenza al bene in proprietà o possesso del denunciante (Trib. Lamezia Terme, 2 marzo 2020, in www.iusexplorer.it). Ciò premesso, secondo la giurisprudenza di legittimità, mentre l'azione di danno temuto postula un rapporto tra cosa e cosa da cui possa derivare danno, quella di denunzia di nuova opera presuppone un'attività posta in essere sulla cosa propria od altrui, ragione per cui ha più volte ritenuto che debba ravvisarsi la prima di esse quando si assuma che da un'opera eseguita sull'altrui proprietà possa derivare danno al proprio fondo, in quanto in tale ipotesi, non si ha riguardo all'attività in sè posta in essere, bensì al pericolo di danno cui soggiace il fondo in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento in sè obiettivamente considerata come causa di eventuale danno (Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1995, n.141; Cass. civ. sez. II, 9 marzo 1989 n. 1237). Sulla scorta di quanto precede, la denuncia di danno temuto si differenzia allora da quella di nuova opera in base alla causa del danno in itinere prospettata dal denunciante, di modo che, ove il pericolo derivi da una cosa, anche se per effetto di un'attività umana già esaurita ed in essa cristallizzatasi, dovrà esperirsi l'azione di nunciazione prevista e disciplinata dall'art. 1172 c.c.. Infatti, il tenore dell'art. 1172 c.c. è tale da includere, tra i suoi irrinunciabili presupposti di proponibilità, la non compiutezza dell'opera, al punto che la Cassazione - con la sopra citata Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1995, n.141 - ha stabilito che ricorre l'ipotesi di danno temuto quando da parte del ricorrente si assuma che da un'opera eseguita sull'altrui proprietà possa derivare danno al proprio fondo, non in considerazione dell'attività in sé posta in essere, bensì per il pericolo di danno cui soggiace il fondo in conseguenza della situazione determinatasi per effetto dell'opera portata a compimento (Trib. Palermo, 15 febbraio 2018, in www.iusexplorer.it). Pertanto, la denuncia di danno temuto presuppone il danneggiamento - grave, prossimo, attuale e futuro - minacciato ad una cosa immobile od anche mobile da una cosa immobile o mobile altrui, tale da comportare il deterioramento della res del denunciante e la menomazione dell'interesse tutelato, ovvero il rischio per le cose ivi collocate, o, ancora, seppure in via mediata ed indiretta per le persone che nell'ambito dell'immobile, oggetto di pregiudizio, agiscono ed operano, per la loro incolumità e salute (Trib. Bologna 8 marzo 2005; Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2007, n. 1778). È inoltre evidente che il pregiudizio nell'esercizio di tale azione non va inteso necessariamente come nocumento che incida sulla consistenza fisica della cosa, ma può anche interpretarsi come connesso all'esercizio di facoltà giuridiche inerenti il diritto vantato sulla res (cfr. Trib. Nocera Inferiore, 6 febbraio 1995, in Rass. locazioni condom., 1995, 289) e che la condizione dell'azione di danno temuto non deve individuarsi in un danno certo, o già verificatosi, bensì anche nel solo ragionevole pericolo che il danno si verifichi (cfr. Trib. Monza, 18 dicembre 2013, in www.iusexplorer.it; Cass. civ., sez. I, 28 maggio 2004, n. 10282; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1987, n. 2897). Come chiarito, inoltre, dalla stessa giurisprudenza di legittimità, il criterio discretivo tra la denuncia di nuova opera e quella di danno temuto risiede essenzialmente nel diverso modo in cui l'attività umana ha determinato l'insorgere del pericolo e nella conseguente diversità del rimedio da adottare, perché la prima postula un facere, cioè l'intrapresa di un quid, nel proprio o nell'altrui fondo, capace di arrecare pregiudizio al bene oggetto della proprietà o del possesso del denunciante, e prevede come rimedio l'inibizione di tale opera intrapresa o la subordinazione della sua prosecuzione all'adozione di determinate cautele. La seconda postula, invece, un non facere, ossia l'inosservanza dell'obbligo di rimuovere una situazione comportante un pericolo di danno grave e prossimo per il bene in proprietà o nel possesso del denunciante e prevede, come rimedio l'ordine, a chi abbia la piena disponibilità della cosa costituente pericolo, di eseguire quanto necessario per la rimozione della causa di quest'ultimo (Cass. civ., sez. II, 9 marzo 1989, n. 1237 cit.; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1987, n. 2897; in senso analogo, Cass. civ., sez. II, 14 aprile 1992, n. 4531; nella più recente giurisprudenza di merito cfr. Trib. Napoli 12 dicembre 2016, in www.ilprocessocivile.it). Non a caso come affer,atom in dottrina, i provvedimenti emessi dal giudice in questa ipotesi sono ordini a contenuto lato sensu inibitorio, ancorchè impongano un facere per ovviare ad un pericolo incombente sul bene, ragione per cui detto ordine non è assimilabile alla condanna perché altrimenti risulterebbe inidoneo all'espletamento della funzione cui è destinato. Sempre in tale ottica, si è affermato che l'azione di danno temuto non presuppone il carattere di esclusiva altruità della cosa produttiva di pericolo, non costituendo una condizione della denunzia di danno temuto, diversamente dalla denunzia di nuova opera, alla stregua del raffronto tra le due previsioni normative, di cui agli artt. 1171 e 1172 c.c., che regolano le due distinte azioni nunciatorie (Trib. Oristano, 3 ottobre 2017, in www.iusexplorer.it). Riferimenti
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