Protezione internazionale: la Cassazione torna sulla violazione del dovere di «cooperazione istruttoria»

Redazione scientifica
06 Ottobre 2022

La Corte di legittimità è tornata sul tema degli oneri che gravano sul ricorrente per cassazione per proporre una censura ammissibile nel caso in cui il giudice del merito non abbia adempiuto al dovere di «cooperazione istruttoria».

La Corte di legittimità è tornata sul tema degli oneri che gravano sul ricorrente per cassazione per proporre una censura ammissibile (di violazione di legge o di nullità della sentenza per motivazione apparente o di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) nel caso in cui il giudice del merito non abbia adempiuto al dovere di «cooperazione istruttoria», ai fini dell'accertamento della fondatezza di una domanda di protezione internazionale.

In proposito i giudici hanno espresso i seguenti principi di diritto:

«In materia di protezione internazionale, ai sensi dell'art. 4 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 e degli artt. 8, 35-bis, comma 9, e 27, comma 1-bis del d.lgs. 25/2008, fermo restando l'onere di allegazione pertinente e specifica incombentesul richiedente in ordine alla sussistenza della situazione di cui all'art. 14, lett. c), d.lgs. 251/2007, il giudice deve svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, e a tal fine deve assumere informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati, nei limiti in cui sia rilevante in causa, elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall'UNHCR, dall'EASO, dal Ministero degli affari esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisite dalla Commissione stessa».

«La violazione del predetto dovere di “cooperazione istruttoria”, che solleva in proposito il richiedente dall'onere della prova, può essere fatta valere in sede di legittimità con motivo di ricorso ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione di legge, ovvero come vizio exart. 360, comma 1, n. 4) e 132, comma 2, n. 4 c.p.c. per motivazione apparente, in caso di difetto totale di accertamento istruttorio officioso sulla situazione di cui all'art. 14, lett. c), d.lgs. 251/2007, ravvisabile laddove nessuna fonte informativa sia stata indicata dal giudice, oppure sia stata indicata in modo del tutto inidoneo a individuarla, purchè le circostanze fattuali in ordine alle quali è lamentata l'omessa cooperazione siano state ritualmente dedotte dal ricorrente nel giudizio di merito, senza che sia necessaria da parte sua l'indicazione di informazioni alternative relativamente alla situazione del Paese di origine, quale requisito di ammissibilità della censura».

«Nel processo di protezione internazionale, nell'ipotesi in cui ricorra il difetto totaledell'accertamento istruttorio officioso sulla situazione del Paese ai sensi dell'art. 14, lett. c), d.lgs. 251/2007, l'errorin procedendo ossia il vizio di attività del giudice, si traduce automaticamente in vulnus e il pregiudizio è in re ipsa, in quanto il vizio è immediatamente lesivo della piena effettività della difesa del richiedente, non onerato di alcuna prova dell'anzidetta situazione proprio perché compete al giudice accertarla, nonché è lesivo dell'effettività del ricorso ex art. 46 della direttiva 2013/32/UE, effettività, per l'appunto, garantita mediante il loro esplicito inserimento nel percorso logico della motivazione».

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