La nascita della nuova magistratura tributaria: riflessioni sulle possibili implicazioni derivanti dalle novità introdotte

Aurelio Parente
06 Ottobre 2022

La riforma della Giustizia Tributaria è diventata legge, facendo nascere la quinta magistratura nazionale, mantenendo i due gradi di giudizio, strutturati in Corti di Giustizia Tributaria di primo grado e di secondo grado, ma con profonde modifiche alla loro organizzazione e funzionamento. Inoltre, i nuovi magistrati tributari, assunti per concorso pubblico, entreranno a regime in modo scaglionato fino al 2027. Per il processo telematico le novità riguardano unicamente le regole per la Udienza a distanza.
Premessa

La legge di riforma contiene le linee guida della nuova organizzazione del corpo giudicante e delle modalità di svolgimento dell'attività giurisdizionale, innovando in tal senso il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, ma introduce anche alcune novità di carattere meramente processuale, che intervengono sul d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. In questa sede, essendosi già spese molte parole e commenti da parte della dottrina sugli aspetti di carattere processuale, ci occuperemo solo delle prime, cercando di mettere in evidenza tutte quelle implicazioni derivanti dalle novità in questione, a prima lettura poco palesi, che si potrebbero avere sul contenzioso tributario.

Le corti di giustizia tributaria di primo grado e di secondo grado e la riduzione del corpo giudicante: possibili difficoltà operative nel periodo dall'avvio al completamento del nuovo organico

La giurisdizione tributaria è stata regolamentata sino alla legge in esame dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, nella versione che, a partire dal 1996, ha articolato le sedi giurisdizionali come Commissioni Tributarie distribuite, per il primo grado, in 103 capoluoghi di provincia e, per il secondo grado, in 21 regionali, per un totale di 124 sedi.

L'ultimo decreto ministeriale dell'11 aprile 2008 di rideterminazione dell'organico dei giudici tributari, adottato dopo una valutazione da parte di una specifica commissione ministeriale dei carichi di lavoro medi dell'ultimo decennio e della capacità di smaltimento di essi da parte dei collegi giudicanti, aveva assegnato a tali 124 sedi un totale di n. 4.660 componenti, distribuiti tra le cariche di Presidente di Commissione, Presidente e Vicepresidente di sezione e giudici.

A seguito della ripartizione definita dal citato decreto e con riferimento al flusso medio di ricorsi depositati, costituenti il carico di lavoro, oltre il 60% delle Commissioni era composto da 2 o 3 sezioni, formata ciascuna da 6 componenti, per un totale ognuna quindi di 12 o 18 componenti a Commissione ripartiti tra le varie cariche previste. Vi erano però anche il 33% delle Commissioni Regionali ed il 12% di quelle Provinciali, per un totale di 19 sedi, composte da oltre 10 sezioni, con punte di 39, 50 e 68 sezioni, e quindi, con almeno 60 componenti per le prime e rispettivamente 234, 300 e 408 per le più grandi.

Il descritto dimensionamento era stato stabilito in base ai criteri su richiamati, ma anche nella consapevolezza che i giudici onorari in servizio avevano la possibilità di dedicare alla attività giurisdizionale unicamente il tempo residuo a quello necessario per l'attività principale, di magistrati delle altre giurisdizioni, di avvocati, commercialisti o una delle altre professioni consentite per l'accesso all'incarico di giudice tributario.

La prima modifica introdotta dallalegge n. 130/2022 al decreto n. 545/1992 è stata della denominazione degli organi giurisdizionali, i quali, a partire dal 16 settembre 2022, si chiamano Corti di Giustizia Tributaria di primo grado e Corti di Giustizia Tributaria di secondo grado. La scelta ha voluto conferire anche al mero aspetto formale una caratteristica per tali organi più vicina a quello di strutture giurisdizionali e non amministrative, che invece la denominazione di Commissione evocava, e certamente il termine Corte di Giustizia ben si addice a tale scopo.

La nota dolente, anche se caratterizzante la riforma, riguarda l'altra novità introdotta circa il numero del nuovo organico dei magistrati tributari, in quanto esso viene delimitato a n. 448 unità per il primo grado e n. 128 unità per il secondo grado, per un totale di n. 576, a fronte degli oltre 4600 del previgente organigramma.

Una prima riflessione su possibili difficoltà nella gestione del nuovo organico nasce dalla comparazione del nuovo numero di componenti con quello delle sedi delle Corti di Giustizia, lasciato invariato dalla riforma nel totale di 124 in premessa ricordato.

Contando che le nuove sezioni saranno formate da 4 componenti, i 576 magistrati a regime potranno formare 144 sezioni, le quali, distribuite sulle 124 sedi consentiranno di assegnare ad ogni sede 1 sola sezione di 4 componenti e di ripartire, presumibilmente, le rimanenti 20 sezioni tra le 19 sedi che, nella disamina precedente, abbiamo visto avere assegnate fino ad oggi almeno 10 sezioni. Nella pratica, salvo che non intervengano ulteriori modifiche legislative nel tempo all'attuale numero di 124, avremo sedi giurisdizionali che oggi contano da un minimo di 60 fino a 408 componenti che potrebbero diventare formate da soli 8 o massimo 12 componenti, chiamati ad assicurare lo smaltimento del medesimo carico di lavoro dei primi.

Per quanto al numero di magistrati stabilito per garantire il funzionamento della giurisdizione tributaria, la relazione di accompagno alla legge di riforma precisa che a tale numero si è giunti attraverso una proiezione che tiene conto, in via prudenziale, di una definizione media a regime da parte dei nuovi magistrati di carriera di circa 215.000 controversie all'anno e di una produttività media di ciascun magistrato di ruolo pari a 374 sentenze annue, dichiarata essere circa 4,5 volte superiore alla produttività media riscontrata per il giudice onorario.

Sicuramente tale oneroso carico di lavoro, pari ad una media di circa 37 sentenze al mese per magistrato, è stato influenzato dalla valutazione che l'introduzione del giudice monocratico per le cause di valore fino a 3.000 euro, di cui molte di carattere seriale, potrebbe portare ad uno snellimento dell'attività giudicante ed una grande produttività di questa nuova figura di giudice.

E qui la seconda riflessione sul fatto che, dato il rapporto tra numero di magistrati occorrenti a smaltire un determinato carico di lavoro e numero di giudici onorari stabilito in 1 a 4,5, il calcolo avrebbe dovuto avere come conseguenza che il numero di magistrati necessari a regime avrebbe dovuto essere circa 1.000 (4.660/4,5) e non 576.

La spiegazione a tale apparente contraddizione la troviamo nel numero dell'organico di giudici onorari preso a riferimento, che la relazione indica in circa 2600 (difatti 2600/4,5= 576) e che sono quelli effettivamente in servizio alla data di rilevazione, a fronte dei 4.660 dell'organico previsto dal DM del 2008; la probabile giustificazione a tale calcolo si può rinvenire nella ipotesi che se tale numero di circa 2.600 ha consentito sino ad oggi un funzionamento delle commissioni tributarie da tutti definito egregio, in grado di assicurare la definizione del contenzioso tra i due gradi di giudizio mediamente in un massimo di 970 giorni, allora poteva essere preso a termine di paragone per i calcoli anzidetti.

Peccato, però, che nella realtà pratica i 2.600 giudici in servizio si moltiplicavano nelle varie sedi attraverso l'istituto della applicazione in via non esclusiva, la quale consentiva di svolgere le funzioni giurisdizionali in più sedi contemporaneamente; tale istituto era nato per consentire a Commissioni tributarie in deficit di componenti di poter smaltire i carichi di lavoro grazie ai colleghi disponibili di altre sedi, per cui l'effettivo numero di componenti da considerare in organico operativo non era di 2.600, ma molto più vicino ai 3.000.

A ciò si aggiunga che alla nascita delle Corti di Giustizia il carico di lavoro da smaltire di ogni sede non è quello standardizzato dalla relazione di circa 215.000 ricorsi l'anno da decidere, ma parte da un aggravio di oltre 250.000 ricorsi non decisi nelle annualità precedenti e rimasti pendenti al 31 dicembre 2021.

È pur vero che la norma ha previsto un meccanismo di salvaguardia della continuità operativa delle sedi giurisdizionali, stabilendo che gli attuali circa 2.600 giudici onorari rimangano in servizio fino alla cessazione per raggiungimento del limite di età, portato gradualmente a 70 anni a partire dal 2027, e consentendo il progressivo affiancamento ad essi dei nuovi magistrati assunti con i concorsi, da svolgersi nella misura di n. 68 unità per anno dal 2024 al 2030.

Da ciò nasce l'ultima riflessione circa il fatto che lo scenario dianzi prospettato, se da un lato pare rassicurare sulla tenuta del sistema giustizia tributaria, dovrà però probabilmente misurarsi con l'incognita della concreta applicazione delle altre novità introdotte dalla legge di riforma, quali il diverso dimensionamento delle sezioni giudicanti, portato da sei a quattro componenti e, quindi con possibile minor capacità operativa, l'eliminazione dell'incentivo alla riduzione dell'arretrato dato dalla maggiorazione dei compensi per tali sentenze con i proventi provenienti dal Contributo Unificato Tributario e, non da ultimo, la circostanza che i Presidenti di sezione delle Corti si trovino a stabilire calendari delle udienze con collegi formati da componenti onorari, senza vincolo di servizio e remunerati a sentenza depositata, assieme a magistrati pubblici dipendenti, come talitenuti ad assicurare lo svolgimento della propria prestazione, almeno teoricamente, per 21 giorni lavorativi mensili e remunerati non a produttività, ma con lo stipendio fisso previsto dalla legge.

Gli attori della giurisdizione tributaria: nuovo limite di età e tempi di messa a regime

L'articolo 8 della legge di riforma stabilisce che la disposizione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera n), numero 2.2), ossia il limite di età per la cessazione dal servizio dei magistrati portato a 70 anni rispetto ai 75 attuali, si applica a decorrere dal 1° gennaio 2027.

Fino al 31 dicembre 2026, i componenti delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, indipendentemente dalle funzioni svolte, cesseranno dall'incarico:

a) il 1° gennaio 2023 qualora abbiano compiuto settantaquattro anni di età entro il 31 dicembre 2022, unitamente a quelli che compiranno il settantaquattresimo anno di età nel corso dell'anno 2023;

b) il 1° gennaio 2024 qualora abbiano compiuto settantatré anni di età entro il 31 dicembre 2023, unitamente a quelli che compiranno il settantatreesimo anno di età nel corso dell'anno 2024;

c) il 1° gennaio 2025 qualora abbiano compiuto settantadue anni di età entro il 31 dicembre 2024, unitamente a quelli che compiranno il settantaduesimo anno di età nel corso dell'anno 2025;

d) il 1° gennaio 2026 qualora abbiano compiuto settantuno anni di età entro il 31 dicembre 2025, unitamente a quelli che compiranno il settantunesimo anno di età nel corso dell'anno 2026.

In ogni caso gli attuali giudici onorari rimarranno in servizio fino alla cessazione per limite di età, con una previsione di esaurimento del loro ruolo con ultimo componente a cessare nel 2053.

Contestualmente il comma 10 dell'art. 1 prevede che, al fine di dare attuazione alle disposizioni previste dal PNRR in materia di giustizia tributaria e alle disposizioni di cui alla stessa legge, il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad assumere 100 unità di magistrati tributari per l'anno 2023, con la procedura di opzione prevista, e 68 unità per ciascuno degli anni 2024, 2025, 2026, 2027, 2028, 2029 e 2030, per un totale di 476 unità, con le procedure concorsuali stabilite.

Tale estrema diluizione nel tempo della fuoriuscita dei giudici onorari e della parimenti diluita presa di servizio dei nuovi magistrati, dovrebbe, nella intenzione del legislatore, fare da paracadute alla capacità operativa delle nuove Corti di Giustizia, che non potevano contare in tempi brevi nella fruibilità del nuovo organico ed, inoltre, quest'ultimo sarebbe stato, come lo sarà, formato da giovani laureati che avranno necessità di lungo rodaggio prima di raggiungere la piena e valida possibilità operativa dell'attività giurisdizionale, oltre che di quella organizzativa delle corti di giustizia, tale da assicurarne il buono e corretto funzionamento.

La composizione mista prevista dalla norma dovrebbe quindi traghettare le nuovi Corti fino al 2030, data dalla quale, sempre la relazione di accompagno alla legge, indica che il vecchio organico degli onorari sarà ancora composto da circa 1.000 giudici e che solo a partire dal 2040 rimarranno in servizio unicamente magistrati del nuovo ruolo (ciò non dalla relazione anzidetta, che a tale data ne registra attivi ancora 266, ma ipotizzato tenuto conto del rilevane numero di giudici onorari che sembra si stiano dimettendo anticipatamente dal servizio).

Su tale progetto, al momento, oltre alle riflessioni descritte al paragrafo che precede, aleggia l'incognita del successo della immissione in servizio dei primi 100 magistrati, che la norma prevede entro il primo semestre del 2023, atteso che essi dovrebbero provenire dalla opzione per la nuova magistratura effettuata da una parte dei circa 1.400 giudici onorari del vecchio ruolo che prestano servizio in una della altre magistrature (ordinaria, amministrativa, contabile e militare); come detto, l'incognita è per quanti tra essi possano valutare positivamente tale opzione, abbandonando la carriera in esse avviata e, soprattutto, le diverse prospettive derivanti dalla provenienza rispetto alla giurisdizione tributaria, non da ultimo, per i magistrati ordinari, la impossibilità dopo l'opzione di aspirare all'accesso alla Corte di Cassazione ed al Consiglio Superiore della Magistratura.

A fomentare tale dubbio, si aggiungono i limiti previsti dalla norma per essere legittimati alla opzione, in quanto quest'ultima, oltre ad essere inibita a chi abbia nel quinquennio ricevuto giudizio di demerito o sanzione disciplinare, la consente solo a chi è presente nel vecchio ruolo da oltre cinque anni e non abbia più di sessanta anni di età.

Se i cento posti non verranno coperti, la nuova dotazione organica rischia di partire già monca, considerato che non è neanche previsto dalla norma come verranno rimessi in disponibilità i posti eventualmente rimasti vacanti dopo l'esercizio delle opzioni.

Nuova composizione delle sezioni giudicanti e introduzione del giudizio di demerito ed abolizione dell'incentivo per l'abbattimento dell'arretrato: i nuovi collegi, il giudice monocratico e l'influenza sui tempi di conclusione dell'iter processuale.

Come effetto della legge di riforma, a partire dal 16 settembre 2022, l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 sarà così modificato “A ciascuna sezione è assegnato un presidente, un vice-presidente e due magistrati o giudici tributari”, per cuile sezioni giudicanti delle nuove Corti di Giustizia Tributaria saranno composte da quattro componenti, in luogo degli attuali sei.

Inoltre, sempre la riforma, modifica l'articolo 6 del citato decreto ed aggiunge al comma 1 –bis di esso, dopo il primo periodo, che “I presidenti delle corti di giustizia tributaria di primo grado assegnano il ricorso al giudice monocratico nei casi previsti dall'articolo 4 -bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546” , quest'ultimo con il contenuto novellato dalla stessa legge 130/2022, secondo cui “Le corti di giustizia tributaria di primo grado decidono in composizione monocratica le controversie di valore fino a 3.000 euro. Sono escluse le controversie di valore indeterminabile.”

Orbene tali modifiche, a prima vista di modesto impatto organizzativo, nella realtà operativa delle ex Commissioni Tributarie potrebbero andare invece a scatenare una serie di effetti la cui portata èdi attuale difficile valutazione.

Esaminiamoli in dettaglio:

a) Modifica del numero delle sezioni giudicanti: fino alla messa a regime del nuovo organico (sopra ipotizzata al 2040) nelle sedi Corte di Giustizia il numero di sezioni attive dovrebbe rimanere le 124 di cui al richiamato decreto 11 aprile 2008, il quale numero è però dimensionato su sezioni composte da sei componenti, per cui i Presidenti potrebbero essere chiamati alla operazione annuale di dimensionare le sezioni in base al numero effettivo di componenti in servizio, tra giudici onorari e magistrati, al netto di quelli dei primi che via via andranno a cessare. Ove ciò fosse, ulteriore difficoltà potrebbe rinvenirsi nel dover comporre ogni sezione con un numero fisso di quattro componenti, mentre la vecchia dizione dell'articolo modificato prevedeva l'elasticità di potervi assegnare, oltre al Presidente ed al Vicepresidente, anche un numero di giudici superiore a quattro. Atteso ciò, ci si potrebbe trovare a dover valutare cosa farne di eventuali componenti in esubero una volta formate le sezioni massime previste dal DM del 2008.

b) Modifica del numero dei collegi nelle sezioni giudicanti: la previgente composizione della sezione con sei componenti, unita alla disposizione dell'art. 2, quinto comma, del già citato decreto n. 545/92 che “Ogni collegio giudicante è presieduto dal presidente della sezione o dal vicepresidente e giudica con numero invariabile di tre votanti”, comportava che ogni sezioni era formata da due collegi, ognuno dei quali aveva un proprio calendario ed era presieduto alternativamente dal Presidente della sezione e dal Vice Presidente, ma nei collegi potevano ruotare tutti i giudici, assicurando la più ampia variabilità di composizione. La nuova composizione di quattro componenti sembra impedire, di fatto, di mantenere le regole anzidette, salvo che formare i due collegi a struttura fissa, nella quale in ambedue sono sempre presenti i due magistrati giudici e cambiano solo il Presidente della sezione ed il Vicepresidente.

c) Il giudizio di demerito in luogo dell'incentivo al celere deposito derivante dalle modalità di erogazione del compenso: la legge in esame modifica l'art. 11 del decreto 545/92 ed introduce al comma 5 la previsione che “Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria esprime giudizio di demerito ove ricorra una delle seguenti condizioni: a) sanzione disciplinare irrogata al candidato nel quinquennio antecedente la data di scadenza della domanda per l'incarico per il quale concorre; b) rapporto annuo pari o superiore al 60 per cento tra il numero dei provvedimenti depositati oltre il termine di trenta giorni a decorrere dalla data di deliberazione e il totale dei provvedimenti depositati dal singolo candidato”. La disposizione, nella sua collocazione e contesto all'interno degli articoli della legge, sembra mirata ad impedire la progressione di carriera ai magistrati che, oltre agli aspetti connessi alla disciplina, non abbiano mantenuto una media di deposito delle sentenze all'interno dei trenta giorni dalla udienza per la percentuale stabilita e dovrebbe essere garanzia di una adeguata tempestività in tale adempimento.

Nella sostanza, però, essa appare essere stata posta per andare a sostituirsi di fatto agli effetti derivanti dalla modalità di erogazione dei compensi prevista per i giudici onorari, i quali venivano remunerati unicamente con un compenso per ogni sentenza depositata, da cui il generale rispetto di congrui tempi di deposito connesso alla volontà/necessità di assicurarsi un adeguato compenso mensile per l'attività svolta ed è stata la molla che fino ad oggi ha fatto sì che la giustizia tributaria assicurasse, come già ricordato, la definizione del contenzioso tra i due gradi di giudizio mediamente in un massimo di 970 giorni.

d) L'abolizione dell'incentivo alla produttività annua: l'articolo 4 della legge 130/2022 abroga, a decorrere dal 1° gennaio 2023, il comma 3 -terdell'articolo 12 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 marzo 2012, n. 44, e sopprime il comma 12, il terzo periodo, e comma 13, il primo periodo, dell'articolo 37 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Tali norme prevedevano l'attribuzione di un cospicuo compenso aggiuntivo ai componenti delle Commissioni che riuscivano ogni anno a recuperare almeno il 10% dei ricorsi pendenti al 31 dicembre dell'anno precedente, derivante dalle somme riscosse per il Contributo Unificato Tributario. La loro soppressione, unita a quanto visto al punto che precede, potrebbe presentarsi come un limite al mantenimento dei tempi di deposito delle sentenze e della produttività annua fin qui assicurati dai giudici tributari.

Le novità in tema di udienza a distanza nel PTT: da settembre 2023 cambia tutto

Sempre l'articolo 4 dianzi citato, al comma 4, va a modificare anche il comma 4 dell'art. 16 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, che disciplina l'Udienza a distanza nel Processo Tributario Telematico (UAD), sostituendolo con la seguente versione, di cui riportiamo le parti di rilievo innovativo “[...] L'udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo, trovando altrimenti applicazione la disciplina dell'udienza da tenere presso la sede delle corti di giustizia tributaria contenuta nell'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Le udienze di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 546 del 1992, tenute dalla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, e quelle di cui agli articoli 47, comma 2, e 52, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 546 del 1992 si svolgono esclusivamente a distanza, fatta salva la possibilità per ciascuna delle parti di richiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell'appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all'udienza del difensore, dell'ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. Il giudice decide sulla richiesta di cui al periodo precedente e ne dà comunicazione alle parti con l'avviso di trattazione dell'udienza. In ogni caso in cui l'udienza si tenga a distanza è comunque consentita a ciascun giudice la partecipazione presso la sede della corte di giustizia tributaria.”

Le modifiche sostanziali introdotte dalla nuova dizione dell'articolo consistono nella:

a) Mentre nella versione attuale la UAD può essere concessa dal Presidente ad istanza anche di una sola delle parti, rimanendo per l'altra parte la facoltà di recarsi in presenza nell'aula di udienza o di aderire allo svolgimento da remoto, con la nuova dizione del comma 4 dell'art. 16 affinché l'udienza possa essere tenuta a distanza deve essere chiesta da entrambe le parti costituite. Corollario evidente è che in caso di una sola parte costituita, non sarà necessaria e neanche possibile la richiesta formulata da quella assente.

b) La pubblica udienza tenuta dal giudice monocratico si svolge per definizione sempre a distanza, salvo diversa espressa richiesta di ognuna delle parti per lo svolgimento in presenza. Tale previsione appare rivolta a soddisfare l'esigenza di snellire al massimo le cause a giudizio monocratico, nell'intento di assicurarne un aumento di celerità di svolgimento e di aumentare l'efficienza dell'attività giurisdizionale.

c) Da ultimo, anche per le decisioni sulle istanze sospensione in primo e secondo grado, cui si riferiscono gli articoli citati dalla norma, lo svolgimento è stabilito esclusivamente da remoto mediante UAD.

Anche dalla versione novellata, rimane impregiudicato per i giudici dei singoli collegi giudicanti di decidere di utilizzare la UAD per le udienze da svolgere in camera di consiglio.

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