Il danno da tardiva diagnosi della patologia infausta dipende dall’età del paziente e dall’entità del ritardo
07 Ottobre 2022
La moglie e la figlia di un uomo deceduto per adenocarcinoma polmonare citavano in giudizio i medici per ottenere il risarcimento del danno per la tardiva diagnosi della malattia e per la violazione del diritto del congiunto di «determinarsi liberamente nella scelta dei percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologia ad esito certamente infausto». La Corte d'Appello di Roma, quale giudice del rinvio disposto dalla Cassazione, rideterminava in diminuzione la somma liquidata dal giudice di prime cure. Le due donne hanno dunque nuovamente adito la Corte di legittimità.
Con la precedente pronuncia rescissoria (Cass. civ. 7260/2018), la S.C. aveva affermato il principio secondo cui è autonomamente risarcibile la violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali, il quale non coincide infatti con la perdita di chances connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita non compiute. Tale profilo di danno è autonomamente apprezzabile sul piano sostanziale e liquidabile in via equitativa ex art. 1226 c.c., in difetto di riferimento alle Tabelle di Milano. La pronuncia impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi, fermo restando che la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. è rimessa al prudente criterio valutativo del giudice di merito non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile ma anche quando risulti particolarmente difficoltosa in relazione alle peculiarità del caso concreto.
Inoltre, posto che la liquidazione equitativa consiste nel prudente apprezzamento dei vari fattori di probabile incidenza sul caso concreto, il giudice di merito è tenuto a dare motivazione della valutazione operata su ciascuno di tali elementi rendendo così evidente il percorso logico seguito nella determinazione stessa e consentendo, al contempo, il sindacato sul rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento.
La Corte territoriale ha, in conclusione, correttamente argomentato la propria decisione sul rilievo per cui il danno da omessa tempestiva diagnosi non risulta previsto dalle note tabelle milanesi e deve dunque essere liquidato avendo riguardo a tutte le circostanze del caso concreto e cioè l'età del paziente al momento della morte (58 anni); il periodo di ritardo tra il primo accertamento diagnostico, la diagnosi del tumore e il decesso; le condizioni generali di salute del paziente durante tale arco di tempo. Per questi motivi, il ricorso non può trovare accoglimento. (Fonte: dirittoegiustizia.it) |