Forma scritta e comunicazione del licenziamento: basta una determina dirigenziale?

Teresa Zappia
12 Ottobre 2022

La volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara, quindi anche per mezzo di una Determina Dirigenziale, la quale riveste forma scritta.
Massima

L'art. 2 L. n. 604/1966 esige, a pena di inefficacia, che il recesso sia comunicato al lavoratore per iscritto, ma non prescrive modalità specifiche di comunicazione. Ne consegue che, non sussistendo per il datore l'onere di adoperare formule sacramentali, la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara, quindi anche per mezzo di una Determina Dirigenziale, la quale riveste forma scritta.

Fatto

La Corte d'Appello di Napoli, in parziale accoglimento del reclamo della Provincia di Benevento, dichiarava risolto il rapporto di lavoro tra detto Ente ed il lavoratore il quale, a seguito di infarto al miocardio, veniva dichiarato, dalla Commissione medica competente, non idoneo permanentemente al servizio ex art. 55 D.lgs. n. 165/2001.

Con successiva Determinazione Dirigenziale il rapporto di lavoro veniva risolto per l'assoluta e permanente inidoneità al servizio come dipendente della P.A.

Il giudice di secondo grado, diversamente dal Tribunale, riteneva che il recesso fosse avvenuto in forma scritta, e non oralmente, con la D.D., risultando anche dimostrata la conoscenza da parte del lavoratore della stessa Determina, avendo egli dichiarato di averne acquisito copia informalmente presso gli uffici dell'Amministrazione. Dovevano, pertanto, ritenersi sussistenti i requisiti della forma scritta del recesso e della conoscenza da parte del destinatario.

Avverso tale sentenza il lavoratore proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione, lamentando sia il difetto di forma scritta ad substantiam che la mancata consegna in copia conforme dell'atto da parte dell'Amministrazione. Ad avviso del ricorrente, il rinvenimento di una copia senza conformità e firma in originale non avrebbe potuto sanare il vizio di omessa comunicazione.

La questione

Rispetta il requisito formale di validità il licenziamento che sia stato disposto mediante una Determina Dirigenziale, qualora il lavoratore ne abbia comunque avuto conoscenza aliunde?

La soluzione della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto non fondati i motivi di ricorso.

Si è evidenziato, innanzitutto, che la fattispecie concreta non risultava coincidere con quella oggetto della sentenza n. 11670/2006, con la quale era stato ribadito che la forma scritta del licenziamento è richiesta ad substantiam, con la conseguente irrilevanza di un'intimazione e di una contestazione espresse in forma diversa, nonché della conoscenza acquisita aliunde dal lavoratore. Infatti, nel caso in esame, la volontà di recesso e le relative ragioni erano state espresse nella D.D., avente forma scritta.

Con riferimento all'interpretazione dell'art. 2 L. n. 604/1966, il quale stabilisce che l'imprenditore deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, a pena di inefficacia, la Corte non ha condiviso la tesi secondo cui la determina dirigenziale di collocamento a riposo avrebbe dovuto essere in ogni caso comunicata in copia conforme ed in originale all'interessato, con conseguente irrilevanza della sua conoscenza aliunde.

Sebbene la norma si riferisca a comunicazione in forma scritta, così comprendendo in un'unica nozione la forma scritta del documento e la ricezione del documento stesso da parte del destinatario, i giudici hanno osservato che in tema di forma del licenziamento, l'art. 2 prefato esige che il recesso sia comunicato al lavoratore per iscritto, ma non prescrive modalità specifiche di comunicazione.

Non sussistendo per il datore l'onere di adoperare formule sacramentali, la volontà di licenziare poteva, pertanto, essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara e non equivoca.

Osservazioni

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema di particolare rilevanza, tenuto conto degli sviluppi tecnologici che hanno interessato la società e, conseguentemente, anche l'ambiente di lavoro. Si è già in precedenza discusso, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa la possibilità di impiegare, ai fini della comunicazione del licenziamento, delle forme alternative a quella scritta stricto sensu.

Si rammentino, ad esempio, i casi di recesso datoriale mediante sms, WhatsApp o posta elettronica non certificata.

Già a partire dagli anni '90 (sentenza n. 6900/1995) i giudici di legittimità si sono indirizzati verso una lettura finalistica dell'art. 2 L. n. 604/1966, sostenendo che il licenziamento possa essere comunicato anche in una forma indiretta, purché chiara (nel caso di specie ciò era avvenuto mediante la liquidazione per iscritto delle spettanze di fine rapporto, quando quest'ultimo risultava già cessato in fatto).

La decisione in commento offre la possibilità di affrontare la questione sotto due aspetti: l'estrinsecazione in modo non equivoco della volontà datoriale di recedere dal contratto; le modalità attraverso le quali il lavoratore viene a conoscenza di tale decisione.

Relativamente al primo, la scelta di procedere al licenziamento ben potrebbe essere espressa anche indirettamente, purché in modo inequivocabile, ma – seguendo il ragionamento della Corte di Cassazione – mediante un atto scritto. In ordine a tale requisito formale e sulla sicurezza del mezzo impiegato per la comunicazione, diverso dalla consegna brevi mano o dalla raccomandata a/r (ad esempio WhatsApp, posta elettronica certificata e non), si può rilevare una certa apertura della giurisprudenza verso l'impiego di strumenti che, in concreto, consentano al lavoratore di ricondurre con certezza la comunicazione ricevuta alla parte datoriale.

Proprio tale ultimo aspetto e, in generale, la modalità mediante la quale la volontà datoriale - esternata in un atto scritto - è pervenuta al dipendente, sembra meritare attenzione. Nel caso trattato nella sentenza in commento la D.D. non risultava essere stata direttamente comunicata al lavoratore il quale ne aveva acquisito informalmente conoscenza.

La determina, dunque, non era stata (anche) personalmente indirizzata al destinatario del suo contenuto. Tale deficit conoscitivo assume notevole rilievo se si considerano i termini decadenziali che il licenziato è tenuto a rispettare al fine di contestare la legittimità del recesso del datore. In tali ipotesi in cui la volontà, pur espressa per iscritto, non sia pervenuta nella sfera di conoscenza del lavoratore se non aliunde, la ratio fondante la previsione dell'art. 2 L. n. 604/66 condurrebbe a negare che l'individuazione del dies a quo per l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento possa prescindere da un'indagine circa la modalità di comunicazione della determina datoriale.

L'art. 2 prefato richiede espressamente la forma scritta ai fini dell'efficacia del licenziamento, senza nulla precisare sia sulla stesura del contenuto dell'atto (formule sacramentali et similia), che sulla successiva comunicazione all'interessato. Occorre, dunque, operare una distinzione tra forma dell'atto, contenente la manifestazione di volontà del recesso, ed il mezzo di trasmissione dell'atto stesso.

In passato, a fronte dell'indeterminatezza legislativa, la giurisprudenza ha ritenuto si dovessero considerare valide tutte quelle modalità che comportassero la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità. Coerentemente con tale principio si è ammesso il recapito a mano, anche a mezzo d'incaricati, e la trasmissione tramite raccomandata a/r.

È stata invece esclusa l'ammissibilità dell'affissione nei locali dell'impresa in quanto tale modalità, pur valendo ad esteriorizzare per iscritto l'atto, non basterebbe ad affermare - anche solo in via presuntiva- che il lavoratore ne abbia avuto conoscenza, né a fissare il momento in cui ciò è avvenuto.

In ordine ai nuovi mezzi di comunicazione (messaggi WhatsApp o di analoghe applicazioni) i giudici hanno tentato di risolvere i dubbi circa la loro compatibilità con l'art. 2 succitato, operando prevalentemente un confronto analogico con gli strumenti già in precedenza utilizzati. Le preoccupazioni maggiori si sono puntualizzate: sui rischi di incertezza dei rapporti giuridici e dei sistemi aziendali; sull'indeterminatezza del momento da cui far decorrere il termine decadenziale per l'impugnativa del licenziamento; sui pericoli di manomissioni o cancellazioni delle comunicazioni; sulla incompatibilità del mezzo con il requisito della sottoscrizione.

Ad avviso di chi scrive, l'efficienza conoscitiva delle modalità di comunicazione del licenziamento dovrebbe essere valutata in concreto, avendo riguardo non soltanto alla forma scritta, ma anche al fatto che quella volontà – chiara ed inequivoca - provenga effettivamente dal datore e consenta, dunque, al lavoratore di procedere consapevolmente alle conseguenti scelte entro i termini di decadenza. ( si veda: Corte App. Firenze, 5 luglio 2016, n. 629).

In estrema sintesi, si rischia di estendere l'interpretazione “finalistica” dell'art. 2 L. n. 604/1966 anche a casi in cui, rinvenuta l'esternazione della volontà datoriale in un atto scritto, anche non necessariamente in formato cartaceo, il licenziamento non risulti essere stato comunicato personalmente al lavoratore.

Per approfondire

A. Avondola, Licenziamento e digital society: la forma scritta dalla posta ai “post”, in Riv. it. dir. lav., 2018, 2, pp. 299 ss.

C. Favretto, La forma del licenziamento individuale: dal telex a WhatsApp, Argomenti Dir. Lav., 2018, 6, pp. 1677 ss.

A. Failla, Licenziamento e innovazione tecnologica, sì alla comunicazione via whatsapp, In Guida al Lavoro/Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2017.

G. Pistore, Legittimo il licenziamento intimato mediante Whatsapp, in Labor 2017, 2.

A. Rota, L'intimazione del licenziamento nell'era digitale: dalla notificazione a mezzo raccomandataall'invio tramite WhatsApp, in Lab. & Law Issues, 2017, 3, II, pp. 29 ss.

F. Daverio, F. Marasco, Gestione del rapporto di lavoro e nuove tecnologie: un binomio possibile? in questa Rivista, 20 ottobre 2017.

M. D'Onghia, La forma del licenziamento: brevi riflessioni sulla rilevanza di forme sostitutive della usuale dichiarazione scritta, Riv. it. dir. lav., 2008, 1, pp. 172 ss.

V. Nuzzo, La forma scritta è richiesta o no ad substantiam per la comunicazione del licenziamento? In Riv. it. dir. lav., 2007, 2, II, pp. 438 ss.

M. D'ONGHIA, La forma vincolata nel diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 2005.

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