Affissione dell'ordine del giorno nell'androne condominiale e possibile violazione dei dati personali
13 Ottobre 2022
Un condomino chiedeva il risarcimento dei danni nei confronti del Condominio e dell'amministratore per aver questo illegittimamente trattato i suoi dati personali, trattamento determinato
Il Tribunale respingeva la domanda ritenendo che l'attore non avesse adempiuto all'onere della prova in ordine ai danni patiti e al nesso causale col trattamento dei dati. Tale trattamento era stato ritenuto improntato al rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, dato che il dato inserito nell'ordine del giorno era, comunque, utile per far conoscere all'assemblea il motivo della convocazione. Inoltre, il Tribunale soggiungeva che non era stato provato il fatto che i terzi soggetti, al di fuori dei condomini, avessero preso visione del documento né che l'addetta alle pulizie avesse potuto leggerlo sui fogli aperti. Escludeva, infine, che la lesione arrecata fosse grave e che il danno lamentato fosse serio. Il condomino, però, proponeva ricorso per cassazione. Innanzitutto, l'uomo denunciava la violazione di legge della sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva consentito al Condominio di sanare il vizio di costituzione nonostante l'eccezione tempestiva del condomino. Al riguardo la Suprema Corte ha dichiarato che il motivo è fondato dato che dalla stessa sentenza emerge che l'attore aveva eccepito la nullità della procura del Condominio sin dall'inizio della causa e che il Tribunale ne aveva disposto la sanatoria ex art. 182 c.p.c. dopo diverse udienze. Gli Ermellini ricordano che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, in tema di rappresentanza nel processo, qualora una parte sollevi tempestivamente l'eccezione di difetto di rappresentanza, sostanziale o processuale, oppure un vizio della procura ad litem, è onere della controparte interessata produrre immediatamente, nella prima difesa utile, la documentazione necessaria a sanare il difetto o il vizio, senza che operi il meccanismo di assegnazione del termine ex art. 182 c.p.c., prescritto solo per il caso di rilievo officioso. Ciò che più interessa nel caso di specie, però, è anche l'accoglimento di tutti gli altri motivi di ricorso. La Suprema Corte già in altre occasioni ha avuto modo di stabilire che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al d.lgs. n. 196/2003, prescrivendo che il trattamento dei dati avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al Condominio, possono essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino. Ne consegue che, fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali, l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale da parte dell'amministratore dell'informazione concernente le posizioni di debito del condomino costituisce una indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile. Il principio si coniuga con la precisazione che ai sensi di legge “dato personale”, oggetto di tutela, è da intendersi qualunque informazione relativa a una persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente. Secondo gli Ermellini è perfino ovvio che in tale nozione debbano essere ricondotti i dati dei singoli partecipanti ad un Condominio, seppur raccolte utilizzati per le finalità ex art. 1117 c.c. e ss. Secondo la Corte non può sostenersi che sia giustificato e non eccedente l'affissione in una bacheca esposta al pubblico e soggetta a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti, di un avviso di convocazione del tenore di quello indicato dallo stesso Tribunale, in particolar modo, quando l'avviso risulti essere strato già comunicato a tutti i condomini, come avvenuto nel caso di specie. Anzi, proprio l'avvenuta previa comunicazione indurrebbe ad affermare semmai l'ultroneità dell'affissione in bacheca e, dunque, l'eccedenza del trattamento rispetto al fine. Inoltre, la Suprema Corte ricorda che in tema di danno non patrimoniale il danneggiato può ricorrere alla prova presuntiva, tenuto conto della natura immateriale del bene della vita concretamente leso. Donde, una volta stabilita la lesione degli interessi protetti, salvo che non sia appurata in modo plausibile e congruente la natura bagatellare del pregiudizio allegato, il danno va liquidato su base equitativa, mediante un modello di stima prudenziale che è connaturato alla natura del diritto leso. Nel caso di specie, l'attore aveva allegato un danno non patrimoniale correlato all'incidenza del trattamento illecito sul piano reputazionale, essendo egli un avvocato con studio nel medesimo Condominio ed essendo stata l'affissione esposta per oltre un mese in una bacheca ben visibile anche da parte dei suoi potenziali clienti. L'allegazione è più che sufficiente a soddisfare il relativo onere, cosicché al Tribunale competeva di accertare se l'illecito fosse stato effettivamente commesso nei termini detti, onde provvedere alla determinazione equitativa del danno in proporzione alla lesione dell'interesse protetto. Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa al Tribunale competente, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Fonte: dirittoegiustizia.it
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